Diciamolo subito, prima di ogni riflessione o descrizione più o meno dettagliata. “Acqua di Colonia” è uno spettacolo formidabile, e formidabili sono in scena Daniele Timpano ed Elvira Frosini. Oppure Elvira Frosini e Daniele Timpano, per fare eco alla dinamica del gioco che resta immancabilmente addosso dopo la fine dello spettacolo. Un po’ come dibattersi tra Sàlgari e Salgàri alla ricerca della pronuncia più corretta, come avviene in scena ad un certo punto, anche se ogni citazione rapida di singoli frammenti estrapolabili da “Acqua di Colonia” non potrà che risultare restrittiva.
Colpisce infatti la mole di evocazioni e riferimenti, dall’alto al grave, rispetto ad un intero pezzo di storia analizzato e portato in scena con freschezza ed intelligenza rare anche al di fuori degli ambiti dello spettacolo. Ma la voluminosità contenutistica non è un risultato che si riveli solo alla fine dello show: sin dai primissimi momenti il lavoro di Frosini e Timpano appare stratificato in soluzione assolutamente densa, somministrato con una frequenza altissima in termini di ritmi recitativi, dove il dialogo scoppiettante si alterna sempre più spesso a tirate monologiche in cui il termometro della verve non si abbassa minimamente. Sul piano estetico è questo il dato più rilevante: una omogeneità ritmica pressoché totale e monolitica lungo l’intera durata dello spettacolo, spezzata solo da un paio di cesure che difatti non creano effetti di modulazione ma vere e proprie fratture, sicuramente intenzionali, che lavorano sulla percezione del pubblico in maniera forte al pari dell’energia altissima sprigionata dagli attori.
E se poco più sopra si è utilizzato il termine show ciò non va inteso come categoria riduttiva, ma solo come etichetta che renda con apprezzabile precisione e soprattutto con rapida efficacia il sapore stilistico dello spettacolo. “Acqua di Colonia” rientra nel genere del teatro comico, se non proprio in quello della commedia, con punte che si potrebbero definire di satira, ma principalmente si qualifica per il valore aggiunto che il lavoro nel suo insieme apporta nel superare ogni rigidità di categoria. Questo surplus si materializza nei termini di una qualità assoluta degli elementi più primari del teatro, giocata in primo luogo in ambito autorale grazie ad un testo originalissimo, che dalla scena pare reclamare continuamente la sua legittimità letteraria (meritoria la pubblicazione da parte dell’editore Cue Press), sul quale il talento attorico di Elvira Frosini e Daniele Timpano rilancia con continuità e misura debordanti. Il titolo allude in maniera ammiccante all’argomento del colonialismo italiano, dunque un tema rimosso o meglio “dilavato” dalle coscienze e dal pensiero. Lo humor graffiante del duo semplifica scenicamente un lavoro di ricostruzione storiografica che è rilevante ed appassionato ma anche fine, disseminato nei rivoli anti-accademici della cultura popolare, dal melodramma alla canzonetta, dal cinema al fumetto.
Frosini e Timpano partono da una scena nuda ed informale, ostentando un atteggiamento bonario che proietta un’aura di familiarità: nella loro fisicità complementare ci pare di riconoscerli, di averli già visti chissà quante volte in una qualche sit com o magari in un programma di varietà, per chi è legato a ricordi leggermente più agé. L’impaginazione cabarettistica di “Acqua di Colonia” addenta con velocità febbrile la tematica odierna (l’immigrazione massiccia dal Sud-Est del Mediterraneo), superando agilmente ogni prudenza ed ogni equilibrismo intellettuale, ma al contempo vengono ricomposte le reali dimensioni temporali del fenomeno coloniale, ovvero del rapporto tra la nostra nazione e l’Africa, di gran lunga precedente alla parentesi fascista. La scena si allunga, si complica dal nulla con pochissimi tocchi sapienti, la recitazione si dota di una seducente solennità, senza mai disperdere il graffio dell’irriverenza, verso la propria teatralità prima che verso il pensiero comune. Il duo si scinde nelle funzioni di scena e di sfondo, non solo sul pano visivo, creando sovrapposizioni recitative calibratissime fino al confine più sottile del conflitto sonoro. L’energia del lavoro è sempre altissima, dispendiosa come un numero da circo servito con la leggerezza del gioco ed il sorriso smagliante, ma distribuita lungo una temporalità da kolossal (quasi due ore di spettacolo). Gli argomenti prima aggrediti, sgravati da semplificazioni oziose e consolazioni apparenti, subiscono ritorni e raddoppiamenti che suppliscono in termini di fruizione alla spettacolare velocità d’esecuzione con cui vengono attraversati. La duplicità è d’altra parte un fattore intrinseco di “Acqua di Colonia”, spettacolo destinato a far parlare di sé per i contenuti e le prospettive adottate, ma che -nella sua folgorante dimensione scenica- merita di non essere limitato alla sfera del dibattito. Imperdibile.
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ACQUA DI COLONIA
scritto, diretto ed interpretato da Elvira Frosini e Daniele Timpano
Consulenza: Igiaba Scego
Aiuto regia e drammaturgia: Francesca Blancato
Scene e costumi: Alessandra Muschella e Daniela De Blasio
Disegno luci: Omar Scala
Uno spettacolo di Frosini / Timpano
Produzione: Romaeuropa Festival, Teatro della Tosse, Accademia degli Artefatti
Con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio
In collaborazione con C.R.A.F.T. Centro Ricerca Arte Formazione Teatro
FLORIAN METATEATRO, Stagione 2016-17, “Teatro d’Autore ed altri linguaggi” / “La storia si fa a teatro”