Sipario: la scenografia disabitata potrebbe fare spettacolo a sé, costruita su due piani con porte, finestre, librerie (che riveleranno sgabuzzini segreti), mobili d’epoca (che riveleranno segreti scomodi). È la villa di Clarissa Hailsham-Brown e del marito Henry, già padre della problematica Milly, figlia di un divorzio che la vede come l’oggetto di una contesa tra papà e mamma.
Ci sono tutte le premesse per un gradevole classico dal sapore “classico”, non fosse bastato il nome di Agatha Christie, autrice di questa indagine a teatro che segue una consolidata tradizione della Compagnia Torino Spettacoli (Forbici e follia, Trappola per topi), per la traduzione di Germana Erba. E quando le ingenue parole di Clarissa affermano di “giocare” con le supposizioni, un campanello di allarme suona nella testa di ogni buon lettore di gialli.
Perché il cadavere non tarda a comparire, trattandosi di Oliver Costello, nuovo compagno della madre di Milly cui la bambina aveva significativamente augurato di essere ucciso soltanto la sera prima. L’abitudine di Clarissa di immaginare gli scenari che seguirebbero alle sue ipotetiche azioni la renderebbero un’investigatrice eccellente, se non fosse che per proteggere Milly dalle rivendicazioni della madre e del suo compagno lei stessa aveva accarezzato l’ipotesi, lo scenario, di eliminare lo sgradevole Costello. Le sue propensioni al calcolo probabilistico vengono quindi messe al servizio di alibi inattaccabili per sé e per il marito Henry.
Le motivazioni di Clarissa sono forti: la comparsa dell’odiato Costello suscita in Milly una reazione disperata, arrivando la scena a toccare i vertici di una drammaticità davvero commovente. Quasi ci fosse l’intenzione registica di smorzare la serietà di questo scenario, l’eliminazione dell’intruso per mano di un assassino nascosto inaugura un repentino cambio di direzione da parte della regia di Piero Nuti, imbastendo scenette divertenti, talvolta perfino al limite del demenziale: il contrasto tra il dramma personale della piccola Milly e la vicenda surreale e tragicomica del morto ammazzato senza omicida è forse fin troppo marcata.
Eppure, nonostante certe scelte registiche che per qualunque purista del giallo non risultano proprio felici, il meccanismo poliziesco che districa i molti scenari possibili affascina e rapisce: lo spettacolo è volutamente diviso in due tempi; durante l’intervallo i nomi dei probabili assassini passano di bocca in bocca, nella spasmodica attesa di scoprire quale di questi mille scenari prenderà forma nella scena effettiva, nella certa aspettativa dell’incriminazione del colpevole.
Nel secondo tempo, a sbrogliare scenari e scenette “intelaiati” da un abile ragno interviene l’ispettore Jones, un personaggio a metà tra il novizio e la macchietta: avvertito da una telefonata dell’omicidio commesso, piomba inaspettato nella villa per interrogare tutti i presenti, tra amici degli Hailsham-Brown e domestici. Rubando i riflettori, il suo personaggio del poliziotto che sembra non avere troppo chiaro cosa debba fare contribuisce parecchio alla drastica virata scanzonata e divertente della messinscena. Sullo stesso registro, anche gli altri personaggi dimostrano una caratterizzazione tanto, troppo marcata, quasi stereotipata – ma è probabilmente anche per questa capacità di rendere evidenti le “supposizioni” (tanto quelle di Clarissa quanto quelle dei curiosi spettatori) che lo scenario definitivo riesce a stupire, palesando una verità che era finora rimasta celata nelle pur numerose evidenze.
Il finale, come promesso da un testo scritto da Agatha Christie, esaudisce infatti il significato più prettamente teatrale dell’espressione “colpo di scena”.
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La tela del ragno
Tratto da Agatha Christie, traduzione di Germana Erba
Regia di Piero Nuti
Con Simone Moretto, Elena Soffiato, Carmelo Cancemi, Matteo Anselmi, Cristina Palermo, Elia Tedesco, Giuseppe Serra, Vittoria Bonioli, Gianluca Becchio
Produzione Compagnia Torino Spettacoli