“Vogliamo scatenare un impatto emotivo sullo spettatore. Se non ci riusciamo, abbiamo fallito”. Queste le parole di William Kentridge, eclettico artista sudafricano di fama internazionale che con il co-regista Luc De Wit, firma la regia della Lulu di Alban Berg, in scena dal 19 (ore 19.30) al 30 maggio al Teatro dell’Opera di Roma, nell’ambiziosa coproduzione internazionale che coinvolge anche il Metropolitan Opera di New York, l’English National Opera e il De Nationale Opera di Amsterdam.
Ma per la Lulu si tratta del debutto romano in piena regola visto che al Costanzi l’opera di Berg è passata solo una volta, nel 1968, ma in quel caso fu nella versione in due atti cui il compositore lavorò dal 1928 al 1935: stavolta a Roma va in scena la versione integrale completata nel 1979 dal musicologo Friedrich Cerha.
Innumerevoli stili, forme, suggestioni musicali: nella partitura della Lulu, capolavoro del Novecento, uno dei titoli più attesi e coraggiosi della stagione capitolina, convive tutta la grande tradizione del Settecento e dell’Ottocento per raccontare l’ascesa e la caduta di Lulu, femme fatale per antonomasia, vittima e carnefice, simbolo del sesso e dell’erotismo, attraverso i matrimoni, la morte dei mariti, la prostituzione e la morte nel libretto ricavato da due drammi di Franck Wedekind, Lo spirito della terra e Il vaso di Pandora.
“Ossessione e desiderio restano al centro del libretto così come anche l’impossibilità di far collimare le due cose. L’instabilità dell’oggetto del desiderio è il tema principale – spiega Kentridge – Lulu non può essere quello che vogliono gli uomini e contemporaneamente gli uomini non possono essere quello che Lulu vuole. Tanto Lulu è desiderata, tanto lei si va vedere disinteressata a queste attenzioni. L’indifferenza resta il più potente meccanismo di controllo delle passioni”.
Forte del bagaglio del suo lavoro artistico, che si divide anche fra cinema, video, stop motion, alla terza regia lirica dopo Il Flauto magico di Mozart e Il naso di Sostakovic, Kentridge ha seguito le indicazioni multimediali fornite da Berg pensando a un allestimento, con le scene realizzate con Sabine Theunissen e i costumi anni Venti (ma mai banali) di Greta Goiris, che integri le proiezioni video e la scena, creando un doppio piano fra ciò che si vede in scena con gli attori e quello che suggeriscono i disegni delle videoproiezioni, ma mantenendo il riferimento estetico all’Espressionismo tedesco e all’indimenticabile Lulu di Pabst (del 1929) con la meravigliosa Louise Brooks.
“Quando lavoro su un’opera parto sempre da un’idea che possa essere tradotta successivamente in forma materiale. Per la Lulu mi sono concentrato su incisioni particolari e ho voluto utilizzare dei disegni ad inchiostro – dice Kentridge spiegando il nucleo di partenza dell’allestimento – L’idea è che l’inchiostro richiami il sangue che schizza continuamente nell’opera come quando l’artista si taglia la gola. Ho realizzato quattro disegni per poter arrivare al ritratto e in questo modo ho potuto utilizzare le diverse parti combinandole e incrociandole. I ritratti sono il simbolo dell’instabilità dell’oggetto del desiderio e della possessione”.
Kentridge, che a Roma ha già realizzato il monumentale Triumphs and Laments sul Lungotevere oltre ad esporre nei più prestigiosi musei internazionali, non teme la durata dell’opera, pari a quasi quattro ore.
“La lunghezza non rappresenta un limite. Siamo già abituati alle maratone di serie televisive – nota l’artista – la storia di Lulu è molto importante, ma abbiamo sempre cercato l’equilibrio fra tutti i vari elementi con un risultato che è stato influenzato da Pabst e dall’Espressionismo tedesco”.
Anche per il Maestro Alejo Pérez, che torna sul podio romano dopo Il Naso e La Cenerentola, “la Lulu è un pezzo gigantesco per produzione e complessità, sintesi operistica e delle strutture classiche. Soprattutto nel primo atto si passa dalla sonata al corale alle variazioni, è un processo musicale brillantissimo parte integrante del processo drammaturgico di Lulu”.
Nonostante ciò “la complessità di quest’opera non rappresentata un impedimento ma un’attrattiva per il pubblico. Lulu è naturalmente una femme fatale, ma non vuole fare consapevolmente del male” conclude il giovane direttore che guiderà l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e un cast internazionale.
Nell’impervio ruolo di Lulu, che passa dal recitar cantando agli acuti, si alternano il soprano svedese Agneta Eichenholz (già Lulu diretta da Antonio Pappano a Londra nel 2009) e l’islandese Dísella Lárusdóttir (nella recita del 30 maggio). Accanto a lei, Martin Gantner nel ruolo del dottor Schon e Jack lo Squartatore, Peter Savidge (il banchiere e il direttore del teatro), Brenden Gunnell (il pittore), Willard White (Schigolch), Zachary Altman (un domatore/atleta), Christopher Lemmings (principe/domestico/marchese), Jennifer Larmore nel ruolo della Contessa Geschwitz, Thomas Piffka (Alwa), Tamara Gura (nel triplice ruolo della guardarobiera del teatro, dello studente e del groom), ma anche alcuni artisti dal Progetto “Fabbrica” – Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.
Dopo la prima di venerdì 19 maggio (ore 19.30) e l’anteprima giovani (il 17 alle ore 18 per under 36), la Lulu sarà replicata in cinque date, domenica 21 (ore 16.30), martedì 23 (ore 19.30), giovedì 25 (ore 19.30), sabato 27 (ore 18), martedì 30 (ore 19.30).
Info su www.operaroma.it.