Il Festival Inventaria è luogo d’elezione della scena teatrale off con la ricerca di nuovi generi e linguaggi.
Questa settima edizione ha subito la frammentazione derivata dalla chiusura della storica sede del Teatro dell’Orologio trovando ospitalità presso il Teatro Argot Studio, Carrozzerie n.o.t. e Teatro Studio Uno, in diversi quartieri della capitale. Le quattro sezioni in concorso (Spettacoli, Monologhi/Performance, Corti teatrali, Pillole) si sviluppano sul fil rouge della drammaturgia contemporanea, consentendo al Festival di mantenere i requisiti identificativi di un’iniziativa nata sotto l’egida dell’indipendenza e della sostenibilità.
Tra le ventiquattro proposte selezionate, esempio emblematico dell’elevato standard drammaturgico e interpretativo è lo spettacolo conclusivo Malanova prodotto da Sciara Progetti e Teatro Verdi di Fiorenzuola d’Arda, tratto dall’omonimo libro di Cristina Zagaria e Anna Maria Scarfò.
L’adattamento di Flavia Gallo e Ture Magro attinge alla vicenda reale, che rappresenta icasticamente la violenza morale che scaturisce dall’omertà di una comunità urbana sulla violenza fisica perpetrata da una gioventù priva di valori fondanti. Nell’immaginario collettivo di un paese calabro, l’onore e la rispettabilità si alimentano di reticenza e tacita accettazione della violazione dei diritti della persona. Se a subirla è una ragazzina di tredici anni, per i compaesani non di vittima si tratta ma di “malanova” cioè di una portatrice di disgrazie, un diavolo tentatore.
Ciò che è avvenuto in Calabria, nella notte di Pasqua del 1999, è paradigmatico di una violenza il cui germe alligna ovunque: l’ingenuità fanciullesca irretita dalle false promesse d’amore di un giovane che offre la vittima sacrificale al branco. Poi tre anni di incubi e ricatti finché Anna Maria osa denunciare per proteggere la sorellina. Il mostro moltiplica le sue teste, non più solo le fauci degli aguzzini, ma quelle di tutto il paese si spalancano addosso a lei, che dovrà entrare in un programma di protezione e rifugiarsi con la famiglia in località segreta.
La trasposizione teatrale ricorre all’io narrante che, raccontando i fatti, rivela il suo timido amore che tuttavia non è riuscito a deviare il corso degli eventi.
Salvatore corre per le strade del paese dove ragazzi annoiati ciondolano sulle scale della chiesa e le donne imbottigliano la passata di pomodoro. I silenzi e i pettegolezzi si mescolano ai matrimoni e alle feste del patrono di San Martino di Taurianova mentre gli umori e gli odori si spandono tra il pubblico, veicolati da Ture Magro che, all’interno di una sorta di gabbia, dà voce a Salvatore e a una varia umanità, caratterizzando con un ampio registro di posture e intonazioni i diversi personaggi, archetipi di un fatalismo ancestrale. Tragico e tenero, delicato e incisivo, lo sguardo di Salvatore si posa sull’anima della giovane vittima, quasi a volersi assumere la responsabilità di non aver impedito la tragedia, in una tardiva dichiarazione d’amore.
Storia d’amore e di speranza che scaturisce da un retroterra di violenze, questa è la “Malanova” di Ture Magro, attraverso un teatro di parola che veicola una battaglia culturale contro i conformismi e i pregiudizi ponendo un uomo nella gabbia degli imputati sotto cinerei riflettori a rivivere il dolore che una donna affronta nella sua carne. L’attore siciliano, vincitore del Nastro d’argento nel 2009 e 2011 come sceneggiatore, esprime un caleidoscopio di suggestioni come autore e interprete, in una superba performance.
Lo spettacolo è reduce da un lungo viaggio nei teatri e nelle scuole della penisola, autentica testimonianza di impegno civile.