Come ripensare Il viaggio a Reims di Gioachino Rossini sotto una nuova luce sfidando la leggendaria e archetipica edizione di Luca Ronconi-Roberto Abbado al Festival Rossini di Pesaro del 1984?
Per realizzare qualcosa di innovativo, ci volevano il talento, il coraggio e anche la fantasia spregiudicata di Damiano Michieletto, geniale e giovane regista veneziano, controverso e provocatorio che si dedica (quasi) solo ed esclusivamente alla regia d’opera.
Se lo scorso anno Michieletto aveva debuttato al Costanzi di Roma con un bellissimo Trittico pucciniano che ci concentrava sulla rielaborazione di scatole sceniche in movimento, quest’anno ci riprova e proprio con Il viaggio a Reims, fastosa produzione del De Nationale Opera di Amsterdam (del 2015) che sarà in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 14 al 24 giugno.
La prima difficoltà del Viaggio è che non si tratta esattamente di un’opera, ma di una cantata composta da Rossini nel 1824 per la celebrazione del sovrano francese Carlo X e andata in scena la prima volta al Théatre Italien di Parigi nel 1825.
Proposta in forma di concerto anche qualche anno fa a Santa Cecilia, Il viaggio a Reims debutta ufficialmente sul palco del Costanzi dove viene completamente ripensato da Michieletto che sposta tutta la vicenda da una locanda a un museo introducendo accanto agli aristocratici che vorrebbero recarsi a Reims per assistere all’incoronazione di Carlo X anche nuovi personaggi.
“Non accade mai che un’idea arrivi da un attimo all’altro. Stavolta tutto è nato ammirando il quadro di Francois Gérard dell’incoronazione di Carlo X. Ho pensato che i personaggi dell’opera altri non fossero che i veri personaggi del quadro: trattandosi di un’opera priva di una vera e propria drammaturgia, ho cercato un pensiero che non fosse solo divertente o brillante, ma anche legato al motivo per cui era stato scritto. La vicenda è ambientata in un museo alla vigilia dell’inaugurazione di una mostra – spiega Michieletto parlando della genesi dell’opera – Questi personaggi sono uniti dal fatto che devono aspettare e stanno aspettando di partire, ma nell’attesa nascono attriti, intrighi, gelosie e amori e proprio da lì nasce il lavoro di inventare e restituire conflitti teatrali fra colpi di scena e sorprese”.
Tutto insomma parte e finisce con “il” dipinto dell’incoronazione che arriva sul palco a metà opera tutto ancora impacchettato, ma non senza un colpo di scena finale e una sorpresa che non va svelata nell’allestimento con le scene firmate da Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti che trasforma la locanda in un museo in un’atmosfera sospesa fra sogno, realtà e metateatralità,
“Metà dei personaggi sono in un museo dei nostri giorni l’altra metà sono personaggi ispirati a opera d’arte di epoche diverse. E così li ho reinventati un po’ tutti” sottolinea il regista che nella sua revisione drammaturgica ha inserito bisticci dei personaggi delle opere di diverse epoche artistiche e anche una storia d’amore trasfigurata nella realizzazione e nel restauro di un’opera d’arte.
“Il viaggio a Reims debutta a Roma: quella di Michieletto che concretizza un’idea geniale e coinvolgente, è una produzione meravigliosa del teatro di Amsterdam e non appena l’abbiamo vista, abbiamo voluto metterla in cartellone – ricorda il Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes – Non si tratta esattamente di un’opera ma una cantata, summa del lavoro di Rossini, ultima opera cantata in italiano scritta in occasione del l’incoronazione di Carlo X di Francia, ma non essendo un’opera, ma una cantata è sempre una scommessa metterla in scena”.
Opera popolosissima, Il viaggio a Reims annovera sul palco un cast d’eccezione composto da ben 17 cantanti riproponendo al pubblico romano anche artisti che hanno già collaborato con il Costanzi come Francesca Dotto (la Traviata di Coppola-Valentino) che interpreta Madame Cortese, proprietaria della Galleria o Nicola Ulivieri (Don Profondo) e che conta tra gli altri Mariangela Sicilia e Adriana Ferfecka (Corinna), Maria Grazia Schiavo e Maria Aleida (la Contessa di Folleville), Juan Francisco Gatell e Filippo Adami (il cavalier Belfiore).
“Ogni elemento della partitura viene messo in risalto dalla regia – sottolinea il Maestro Stefano Montanari che salirà sul podio romano dopo aver diretto il Barbiere alle Terme di Caracalla – Nel Viaggio suono anche il forte piano: mi piace essere al centro dell’opera anche nei recitativi che sono molto importanti e creano un legame con la musica, L’idea del regista influisce sempre nei recitativi e con questa messa in scena non avrei potuto proporli diversamente”.
“Non esistono limiti nel mio lavoro di regista – sottolinea Michieletto che aprirà la stagione 2017/2018 dell’Opera di Roma con un nuovo allestimento de La dannazione di Faust di Berlioz – il limite è dato dalle parole e dalla musica e chi dice che esistono dei limiti ha paura. Il mio limite è di rendere plausibile quello che si vede in scena. Il rispetto del pubblico consiste nell’offrirgli qualcosa che non conosce ed è necessario assumersi dei rischi. Chi si nasconde dietro la scusa di avere uno stile si nasconde dietro una corazza. Ogni opera è diversa e cerco di caratterizzata nel migliore dei modi”.
Dopo il debutto di mercoledì 14 giugno (ore 20), Il viaggio sarà replicato venerdì 16 (ore 20), domenica 18 (ore 16.30), martedì 20, (ore 20), giovedì 22 (ore 20, in diretta su Rai Radio 3, in differita alle 21.15 su Rai 5), sabato 24 (ore 18). Appuntamento con La lezione d’opera del Maestro Bietti lunedì 12 giugno (ore 20, biglietto a 8 euro). Info su www.operaroma.it.