Un’eroina tragica e atipica che si muove un una cittadina di frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti pronta a morire pur di non rinunciare alla propria libertà: è la Carmen di Bizet tratta dalla novella di Mérimée e ripensata dalla regista Valentina Carrasco che mercoledì 28 giugno (ore 21) apre ufficialmente il cartellone d’opera della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla 2017.
Unica nuova produzione d’opera dell’anno che si alternerà alla ripresa della Tosca di Pier Luigi Pizzi e al Nabucco di Federico Grazzini, la Carmen della Carrasco si immerge nelle atmosfere della frontiera fra il Messico e gli Usa in sintonia con le rovine delle Terme.
Una scommessa per la giovane regista nata a Buenos Aires, già collaboratrice della Fura dels Baus, co-regista del Trovatore di Ollè di pochi mesi fa al Costanzi e regista della Proserpina di Rihm al Fast Forward Festival del 2016, che si confronta con un’opera importante in un luogo diverso e non propriamente di spettacolo.
“Ho ambientato la Carmen in un paesino di frontiera fra Messico e Stati Uniti ed è stata una scelta di onestà. Non mi sentivo di portare Carmen in Spagna come tanti altri maestri e ho deciso di evitare un’origine così precisa trovando un altro posto – spiega la Carrasco parlando della genesi della sua idea – Per rendere sulla scena la misura del valore di un personaggio come Carmen è importante riprodurre un contesto sociale dove queste differenze e limitazioni siano evidenti. Abbiamo scelto la frontiera per sottolineare la particolare attualità di un posto che consente di poter capire anche la separazione sociale che esiste ed è presente nell’immaginario collettivo tra americani e latini, un fenomeno tornato con forza nel dibattito pubblico dopo le ultime elezioni degli USA”.
Non c’è solo un ripensamento di luoghi e di paesaggi, ma una particolare attenzione della regista all’opera che diventa quasi un “trattato sociologico e antropologico che parla di come fossero gli zingari, delle loro abitudini e di come vivessero” anche se la figura centrale resta Carmen e tutta la sua tragicità nella consapevolezza di mantenere attuale la storia con la forza di tutti i personaggi e soprattutto la volontà di concentrarsi sulla modernità della protagonista, una donna ai margini della società, “punita” per aver cercato di ottenere ciò che ha desiderato.
“È molto importante l’origine popolare di Carmen che resta un personaggio unico per la sua epoca: è una zingara ai margini della società, ma che fa ciò che vuole – continua la regista – Esiste un parallelo fra Carmen e Don Giovanni. Entrambi utilizzano la sensualità, la sessualità e il corpo per confermare la propria libertà. E per Carmen soprattutto il corpo è l’unico strumento della sua libertà perché non ha altro”.
E se Carmen resta l’eroina tragica ai margini della società, anche Micaela viene ripensata come una donna non così fragile e don José, che diventa una guardia di frontiera, mostra una duplice personalità diventando un personaggio in bilico fra violenza e pentimento un po’ come accade per i femminicidi.
La scelta del Messico cade anche sul paesaggio di frontiera ricreato con le scene di Samal Blak fra deserti e montagne (con tanto di proiezioni) che si sposano con le rovine di Caracalla, ma coincide con un paese in cui il folklore è molto sentito e presente nella società.
E la Carrasco si prende qualche piccola libertà anche nel finale: sarà proprio il riferimento alla celebrazione della Dia de muertos, tradizione importante del Messico che combina le celebrazioni della morte degli aztechi e delle altre culture precolombiane con la festività cristiana del giorno di tutti i santi, a sostituire simbolicamente la corrida finale anche se Carmen non potrà fuggire il suo tragico destino di morte. Indomabile esattamente come il toro, può scegliere la libertà o la morte. E la libertà si trova solo nella morte.
“Sono sempre molto stato legato alla Carmen che ho diretto per la prima volta in Italia a Palermo nel 1973 e ora torno con la versione con i recitativi – spiega il direttore spagnolo Jesús López-Cobos, di ritorno a Roma dopo Un ballo in maschera e che si alternerà sul podio con Jordi Bernàcer (20, 27, 30 luglio, 1, 4 agosto) alla guida dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e che si accinge a una sorta di debutto “tardivo” – sono un po’ allergico alla musica all’aperto soprattutto per la resa del coro e dell’Orchestra”.
Un vero e proprio doppio cast animerà le 10 recite della Carmen (dopo la prima del 28 giugno si replica il 2, 7, 9, 14, 20, 27, 30 luglio e il 1 e il 4 agosto) con Veronica Simeoni e Ketevan Kemoklidze (20, 27, 30 luglio, 1, 4 agosto) nel ruolo di Carmen, Roberto Aronica e Andeka Gorrotxategi (nelle recite del 20, 27, 30 luglio, 1, 4 agosto), Rosa Feola e Roberta Mantegna (1, 4 agosto) nel ruolo di Micaela, Daniela Cappiello (Frasquita), Anna Pennisi (Mercedes), Alessio Verna (Dancairo), Pietro Picone (Remendado), Gianfranco Montresor (Zuniga), Timofei Baranov (Morales).
“Stiamo lavorando per valorizzare Caracalla forte dei suoi luoghi con una produzione nuova l’anno – esordisce il Sovrintendente Carlo Fuortes – Solo la Carmen è stata pensata per un pubblico di 40mila spettatori. E ci piace il dato della popolarità dell’opera alle Terme di Caracalla. A oggi abbiamo registrato una vendita ulteriore di 2 milioni e 236mila euro di biglietti venduti rispetto allo stesso periodo dello stesso anno con un forte incremento di vendita”.
Numeri che fanno sperare sempre meglio in una stagione estiva che si è aperta mentre al Costanzi andava contemporaneamente in scena Il viaggio a Reims di Rossini con la regia di Damiano Michieletto che ha registrato ottime vendite e che già incassato due sold out con la doppia data di Ludovico Einaudi, primo extra di un cartellone che lunedì sera proseguirà con il concerto di Franco Battiato.
La prima del 28 giugno della Carmen, sarà preceduta dalla Lezione d’opera del Maestro Giovanni Bietti alle ore 19.30 (costo 5 euro). Info su www.operaroma.it