Per celebrare il 75° anniversario dei rapporti diplomatici con la Santa Sede, l’Ambasciata del Giappone ha proposto due rappresentazioni del teatro tradizionale giapponese Nō: “Okina” a cura della Scuola Hōshō, “Hagoromo” delle Scuole Hōshō e Kongō e “La resurrezione di Cristo”, con l’intento di trasmettere al mondo un messaggio di reciproca comprensione e accoglienza. La sfida della coesistenza pacifica che il mondo deve fronteggiare, nel Paese del Sol Levante ha trovato soluzione fin dall’antichità facendo coesistere culture e confessioni religiose diverse.
Il teatro Nō e Kyogen costituisce un’antica tradizione giapponese, riconosciuta nel 2001 patrimonio Unesco. L’uno, risalente al XIV secolo, è teatro di rappresentazione con danza e canto la cui tensione tragica si bilancia con la comicità della mimesi dell’altro, paragonabile alla commedia di costume. Il palcoscenico del teatro Nō ha una particolare struttura e simbologia, ma la magia si estrinseca anche sulla semplice pedana della sala della Cancelleria su cui salgono elegantemente le divinità e i demoni, esseri umani, animali e vegetali che dal mondo di là si appalesano in quello dell’esistenza, superando il ponte sul fiume degli inferi.
Okina è un brano cerimoniale danzato eseguito come preludio di rappresentazioni ufficiali, per il quale gli artisti si sottopongono a rituali di purificazione prima di entrare in scena, per preparare il corpo e la mente. I personaggi sono figure divine che danzano per la pace, la prosperità e la salvezza. Ha una forma scenica esorcistica augurale e apotropaica e non appartiene ad alcun genere teatrale. Due vecchi e un giovane eseguono gesti e proferiscono parole propiziatorie indossando la maschera augurando abbondanza di messi, prosperità e armonia. Il linguaggio verbale con svariate modulazioni si intreccia a quello melodico in una partitura complessa e suggestiva. La rappresentazione prevede due attori principali e altri secondari accompagnati dal coro e un complesso strumentale di flauto, percussioni e tamburo battuto con due bacchette. L’apparato scenico è molto ricco, con maschere di legno dipinto e costumi di seta e broccato ricamati, dipinti a mano e intessuti d’oro e d’argento, dai volumi plastici e lineari per consentire il leggiadro movimento dei piedi. I motivi geometrici sono ispirati ai lacunari dell’antica Roma, a dimostrazione di un comune linguaggio sacro e rituale tra Oriente e Occidente
La rappresentazione di Hagoromo, la cui versione originaria risale all’VIII secolo, accorpa due leggende, una riguardante l’origine della danza Surupa, l’altra la discesa di un angelo sulla spiaggia di Udo. L’autore è sconosciuto, ma si ritiene sia successivo a Zeami (1363-1443), codificatore del teatro Nō. La trama narra di uno spirito danzante (tennin) che perde il magico mantello di piume che gli consente di salire in cielo e danza per ingraziarsi il pescatore che lo ha trovato. Intanto il coro spiega che la danza simboleggia il ciclo lunare.
La resurrezione di Cristo prende spunto dall’opera del missionario tedesco Hermann Heuvers ispirata al Vangelo di Giovanni. Lo spettacolo è stato rappresentato nel 1957 da Kurō Hōshō e proposto nel 1963 al Festival della Cultura Cristiana e delle Arti Classiche Giapponesi. A Maria di Magdala e Maria di Cleofa che si recano al sepolcro di Cristo trovandolo crollato a causa di un terremoto, appare Cristo risorto.
Gli interpreti sono Kazufusa Hōshō ventesimo legittimo e unico erede della Scuola Hōshō e direttore esecutivo dell’Associazione, Tatsunori Kongo ventiseiesimo Sōke della Scuola Kongoh e direttore esecutivo dell’Associazione, Sengorō Shigeyama che sostiene e produce progetti con giovani artisti.