Luca Doninelli, drammaturgo, durante un viaggio a Nazareth visita la Basilica dell’Annunciazione e vede una fila di donne musulmane che vanno a rendere omaggio alla Madonna anzi a Maryam, com’è nominata nel Corano. Questo l’input dal quale nasce il nuovo spettacolo del Teatro delle Albe (in scena venerdì 14), recitato sapientemente dalla cofondatrice della compagnia Ermanna Montanari, con la regia di Marco Martinelli.
Un monologo o per meglio dire quattro monologhi, perché quattro sono i personaggi recitati dalla Montanari, separata dagli spettatori da un velo trasparente sul quale vengono proiettate le preghiere in arabo, i testi da lei recitati nella narrazione di storie di donne, storie di disperazione collegate ad eventi funesti capitati loro che cercano consolazione nella Madonna.
Giochi di colore proiettati sul nero del fondale fanno da cornice alla messa in scena, ad un certo punto abilmente governata dalla proiezione del viso di una donna araba che indossa un hjab sul capo. Scenograficamente nessun elemento ad eccezione dell’asta del microfono usato dalla Montanari per dar vita al testo. La sperimentazione sonora delle Albe con il maestro Luigi Ceccarelli, già collaudata in precedenti lavori, qui rende la voce dell’attrice un tutt’uno con i suoni ambientali e con le melodie etniche che accompagnano la vicenda. Ermanna è sempre in penombra, cosicchè una volta di più spicchi in primis la sua voce, medium prescelto e diversificato per ognuna delle tre preghiere, con conseguenti cambi interpretativi e timbrici dell’attrice.
Tre donne, tre perdite incolmabili. Zeinab racconta la storia dell’amica Sharifa, rapita e violentata da uno zio e venduta chissà dove. L’amica augura all’uomo una malattia terribile che lo porti a morire presto. Intisar invece si fa portavoce dell’ingiusta morte del fratello Fouad, passato dall’ambizione di diventare ingegnere a quella di morire kamikaze: si fa saltare in aria nella piazza del mercato uccidendo venti persone tra musulmani, ebrei e cristiani. Un giorno un uomo viene in casa loro con una borsa piena di denaro per ricompensare la famiglia ma Intisar ha negli occhi la follia della madre che ogni notte vaga per la città cercando il fantasma del suo povero figlio. Infine la storia di Douha, sposata ad un uomo qualunque a cui il cielo ha donato un figlio bellissimo con i capelli ricci di nome Alì, strappatogli dalle acque del mare su un barcone mentre scappava con il padre alla ricerca di un futuro migliore.
Oggi più che mai, in un presente pieno di tensioni religiose e sociali fra mondo occidentale e mondo orientale, lo spettacolo delle Albe ha senso perché portavoce di quella pace tanto agognata che si attua solo liberandosi dalle differenze che dividono i popoli, in questo caso sotto la stella di Maria, madre anche lei di un figlio strappato brutalmente alla vita. Difatti l’ultima “apparizione” è proprio quella di Maryam, che porta una coroncina di luci intorno alla testa (simbolo di una madonna popolare, vicina alla gente): fin da subito appare chiaro come non vi sia un’interpretazione codificata del personaggio, date le parole che aprono il monologo “Io non ho mai perdonato Dio per avere fatto morire mio figlio”. L’unico tratto che forse manca alla caratterizzazione di un così positivo personaggio è un messaggio forte di speranza che vada oltre la dolce promessa di protezione “nel cuore del mondo dove nessun figlio muore”.
Al di là della regia di Martinelli, puntuale ed efficace nello scandire i vari momenti drammaturgici dello spettacolo, ciò che colpisce è ancora una volta la potenza vocale della Montanari, capace di “legare” solo vocalmente (le luci restano soffuse durante tutto lo spettacolo e la sua figura è sempre seminascosta) il pubblico alla storia.
Un lavoro tecnico, costruito sapientemente con la regia del suono di Marco Olivieri: una sperimentazione frutto di una ricerca costante recentemente indagata da Enrico Pitozzi nel libro “Acusma. Figura e voce nel teatro sonoro di Ermanna Montanari”, punto di partenza dell’incontro avvenuto nel pomeriggio di sabato 15. Lo stesso autore del libro, in dialogo con Luca Ceccarelli, Ermanna Montanari e Marco Martinelli ha spiegato le ragioni della pubblicazione e sollecitato poi gli stessi artisti ad approfondire il lavoro sulla cura del suono e della voce che contraddistingue le ultime produzioni. A colpire è innanzitutto la creazione, tramite le sonorità vocali, di un’atmosfera in cui lo spettatore si trova immerso, quasi una scenografia simbolica di immaginari che si intrecciano. Tramite il racconto di aneddoti e retroscena sulla costruzione degli spettacoli Ermanna infine ha svelato che, tramite il suo libro, Pitozzi ha rivelato a loro stessi i meccanismi più segreti del lavoro che, forse perché coinvolti in prima persona, non erano finora riusciti a comprendere appieno.