R.O.F. 2017
tragédie lyrique di Luigi Balocchi e Alexandre Soumet, musicato da Gioachino Rossini nel 1826
(Adriatic Arena 10 agosto 2017, prima)
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Dov’è Corinto? Io non lo trovo!
A dire il vero mi sarei aspettata qualcosa di più spiazzante da La Fura del Baus, che ha curato il progetto di regia, invece la scenografia (pressoché fissa negli elementi di base) ideata da Carlus Padrissa, responsabile anche della regia, soddisfa l’occhio, perché è bella, luminosa, trasparente, pulita, originale, sobria, anche se d’impatto ha poco da spartire con un assedio, con Corinto, con la Grecia. Non mi sarei meravigliata se avessi visto passare con andatura senza gravità un astronauta o spuntare da dietro le mura di vetro Oberon e Titania circondati dagli elfi e dalle fate o la regina della notte con le tre dame. Mura, tipo nuraghi, costruite con boccioni di plastica incolore, uno sopra l’altro col fondo circolare verso la platea, seguono una linea frastagliata ed irregolare, si restringono a volte per formare delle nicchie, che potrebbero raffigurare la cittadella o il padiglione di Maometto. Come riferimento alla Grecia, sul fondale celeste chiaro scorrono i versi bianchi (quasi illeggibili, chiaro su chiaro) in quattro lingue di Lord Byron, disturbando l’ascolto. Il cielo all’arrivo di Maometto coi Turchi è agitato da un caleidoscopio di nuvole colorate, da proiezioni di disegni e di scontri di masse liquide che invadono anche il palcoscenico, alla fine s’incendia di rosso e crollano le mura.
Il disegno luci di Fabio Rossi crea effetti scenici bellissimi, dalla trasparenza del vetro alla densità dei colori e dà spessore agli elementi scenografici e pittorici di Lita Cabellut, ideatrice anche dei video e dei costumi, indefinibili, specialmente se visti da lontano, anche a causa della poca luce in scena. La regia, fin troppo ricca e non immediatamente comprensibile, marca eccessivamente l’amore per l’arte del sultano, invadendo palcoscenico e platea con enormi brutti quadri, fortunatamente non sempre in vista; calca la mano sull’onnipresenza dei boccioni, portati attraverso la platea in palcoscenico, dove una grande vasca raccoglie l’acqua versata anche sulla testa dei corpi immersi, e agitati attorno a Maometto o usati per offesa/difesa negli scontri; dilata l’azione sulla passerella attorno alla fossa mistica e in tutta la platea, usandone pure le vie d’accesso. Il coro, perfettamente inserito, spesso staziona ai lati della platea coi boccioni in mano, crea belle figure d’insieme, statiche o in movimento, in palcoscenico o sul boccascena, dove osanna il sultano con le braccia alzate.
Suggestive e spettacolari alcune immagini, come il movimento ondulatorio della braccia incatenate dei coristi, che si vede solitamente nella danza classica. Non si capisce invece il senso di quelle gambe all’aria che spuntano dal pavimento, come si vede nel nuoto sincronizzato.
Nonostante una regia non sempre chiara e un po’ ingombrante, sul piano visivo si è raggiunta una bella spettacolarità. Ma il regista, ahimé, perde l’occasione di una spettacolarità completa, eliminando la rappresentazione dell’imponente ballo delle nozze. Solo qualche presenza guardinga di difficile comprensione anima la lunga e bellissima pagina di musica per le danze.
Sul versante musicale l’ottima prestazione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, del direttore Roberto Abbado, del Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, preparato e diretto da Giovanni Farina, ha reso giustizia alla magnificenza della musica di quest’opera, sorella quasi gemella di Maometto II.
Le siège de Corinthe, tragédie lyrique di Luigi Balocchi e Alexandre Soumet, musicato da Gioachino Rossini nel 1826 (quando nasceva il tenore Mario Tiberini), è musicalmente trascinante, l’orchestra della RAI è sempre presente in modo delicato a sostegno delle voci, è leggera e frizzante nella lunga e magnifica pagina delle danze (non danzate, ma sporcata da una paccottiglia di colori), le varie sezioni orchestrali rispondono appieno al gesto preciso e alle intenzioni del direttore Roberto Abbado, animato da sacro amore per Rossini e da profonda conoscenza della partitura.
Sul piano vocale, le voci sono ancora immature per le esigenze di tali ruoli, che richiedono spessore, possenza, intensità vocale e teatrale. Sono tutte corrette nella sostanza e nella forma, però mancano di potenza e incisività del suono. I cantanti sono preparati e si prodigano con generosità, ma permangono alcune incertezze.
Il bass baritone Luca Pisaroni (Mahomet II) è stato coraggioso ad accettare un ruolo alla Ramey. La sua voce sembra di bel colore ma deve acquisire maggior solidità e sicurezza. Il personaggio di Maometto deve uscire con più determinazione sia nel gesto che nella scansione della parola e nella proiezione del suono. Pisaroni manque de puissance intérieure, anche se il canto è corretto.
La protagonista Nino Machaidze (Pamyra) è deliziosa e luminosa in tessitura acuta e precaria in zona grave dove il canto risulta chiuso. Avendo un mezzo vocale agile e un buon dosaggio del fiato, affronta con slancio il canto di coloratura in acuto, dove esce anche qualche strillo.
I due tenori hanno timbri simili e tecniche di canto da raffinare.
John Irvin (Cléomène padre di Pamyra), tenore leggero dalla voce chiara, esegue bene gli sbalzi e gli acuti. Sergey Romanovsky (Néoclès, pretendente di Pamyra) ha una vocalità abbastanza consistente, che usa con generosità, a volte stringendo o sforzando il suono. Dignitosi anche il tenore Xabier Anduaga (Adraste), Carlo Cigni (Hiéros), il baritono Iurii Samoilov (Omar), Cecilia Molinari (Ismène). Il Coro del Teatro Ventidio Basso ha dato prova di maturità artistica e di ottima preparazione vocale, oltre ad una padronanza del palcoscenico anche in azioni poco ortodosse per una massa corale.
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PESARO Adriatic Arena – 10, 13, 16 e 19 agosto 2017, ore 19.00
LE SIÈGE DE CORINTHE
Direttore Roberto Abbado
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Progetto Regia La Fura dels Baus
Regia e Scene Carlus Padrissa
Elementi scenografici e pittorici, Costumi e Video Lita Cabellut
Luci Fabio Rossi
Coro del Teatro Ventidio Basso
Maestro del Coro Giovanni Farina
Nuova produzione
(Credito: Studio Amati Bacciardi)