Era uno degli appuntamenti già attesi e glamour della cinquantesima edizione del Festival delle Nazioni in corso a Città di Castello e di certo la presenza di Ute Lemper ha riscaldato gli animi.
Nell’edizione che omaggia la Germania in corso fino al 9 settembre, fra Beethoven, Bach e Strauss, è spuntato anche il kabarett, peculiare e particolarissima forma musicale – artistica tedesca, nata durante il periodo della Repubblica di Weimer per raggiungere il momento di massimo splendore negli Anni Trenta: la Lemper ha reinterpretato per Città di Castello uno dei suoi cavalli di battaglia, Berlin Kabarett Songs (il 31 agosto) con tutta la sua carica travolgente, eversiva e pure anticlericale (che ha scatenato qualche polemica da parte di qualche spettatore in platea).
La location, la Chiesa di San Domenico che vanta una copia della Crocifissione Mond di Raffaello (visto che l’originale si trova adesso alla National Gallery di Londra), ha ospitato un repertorio nato all’insegna della libertà e della trasgressione, fra sessualità e divertimento (vedi la Lola de L’angelo azzurro) e Ute Lemper, capelli rossi e gambe da fenicottero, certo non si è dimostrata artista troppo convenzionale.
Quel che è certo è che la Lemper, sul palco accompagnata dal pianoforte di Vana Gierig e dal bandoneon di Victor Villena, è sempre una grande artista che ammicca, ammalia, interpreta con eleganza ogni pezzo cui ogni volta vita nuova in modo diverso e mai scontato.
Assistere a un concerto di Ute Lemper è sempre un’esperienza diversa: l’artista ama mescolare i generi e stupire, passando dalle improvvisazioni jazz allo scat, dalle provocazioni ai sussurri agli acuti, interpretare sul palco con fare teatrale e iperfemminile, alternare con nonchalance tedesco, inglese e francese come nulla fosse. Fra pezzi già o meno celeberrimi di Kurt Weill, Victor Hollaender, Marcellus Schiffer, Mischa Spoliansky, Bertold Brecht e Hanns Eisler, si rivive il periodo d’oro del Kabarett tedesco, tra satira e inquietudine, ma spuntano anche un paio di stringenti pezzi di Brel, confermando l’estro e l’intelligenza di Ute Lemper, un vero animale da palcoscenico che riesce a trasformarsi e quasi diventare altro. Provocatoria, anticlericale e anticonvenzionale, ma sempre intelligente ed emozionante.
Altra atmosfera, tanto suggestiva, quasi sospesa quasi nel nulla, quella del concerto dedicato ai 70 anni di Salvatore Sciarrino (il 1 settembre) che si è svolto nei grandiosi spazi degli Ex Seccatoi del tabacco, spazio industriale riconvertito in espositivo che ospita grandiosi lavoro di Alberto Burri.
Il concerto comincia nel viaggio di avvicinamento alla sala scelta, Non ama il nero, con gli spettatori che hanno l’occasione di ammirare (seppur di sfuggita) e con un colpo d’occhio invidiabile, le raccolte delle sale, fra colori e materiali diversi: siamo lontani dalla combustioni e dalle lacerazioni di tanti altri suoi lavori, ma l’impatto è notevole.
E il palco collocato al centro della sala con gli spettatori sistemati a emiciclo immersi nella sala, crea un’atmosfera sospesa fra il magico e l’irreale.
Il Quartetto Prometeo (formato da Giulio Rovighi e Aldo Campagnari ai violini, Massimo Piva alla viola e Francesco Dillon al violoncello) è stato semplicemente impeccabile, perfetto nella sua esecuzione con una resa acustica invidiabile in spazi del genere: da anni ormai vanta una collaborazione continua con il Maestro Sciarrino, il più eseguito dei compositori viventi contemporanei, che vive da anni a Città di Castello e che è stato festeggiato in occasione dei suoi 70 anni.
In un concerto emozionante si è passati dalle atmosfere di Scarlatti (L’esercizio della stravaganza, trascrizioni del 2014 per quartetto d’archi delle sonate tastieristiche di Domenico Scarlatti nelle trascrizioni di Sciarrino), alle più più pure sperimentazioni del maestro con il Quartetto n. 7 per archi (un impegno emotivo e coinvolgente soprattutto per i musicisti) fino alle bellezza incredibile dei colori del Quartetto in fa maggiore in Ravel. Per una serata indimenticabile e con un pubblico che ha a lungo applaudito calorosamente il Maestro che proprio due anni fa, negli stessi spazi, aveva omaggiato Burri in occasione del centenario della sua nascita. Prima di un ultimo bis finale all’insegna della musica di Scarlatti.