R.O.F. 2017
Ascolto imbarazzante
Scegliere di impostare un programma sulla morbidezza del canto a mezzavoce e sulle finezze del ricamo musicale è un po’ azzardato se non si possiede duttilità vocale, assoluto dominio del fiato e capacità di dare sonorità al fil di voce. (Devia docet).
La prima parte del recital è dedicata a F. Schubert. Il lieder d’apertura, Der Schiffer D 536, un tempo cavallo di battaglia di Samuel Ramey, è affrontato con mezzevoci deboli, senza la grinta necessaria e i tempi scanditi. La morbidezza del canto in Memnon D541 fa sortire una vocalità di bel colore ma di poco spessore, in Auf der Donau D553 i pianissimo sono quasi silenzi, come in Ganymed D 544 e in Grenzen der Menschheit D 716, dove i suoni risultano appena accennati per mancanza di sonorità nei pianissimo. La voce di medio volume del cantante esce invece in tutta la sua pienezza in An Schwager Kronos D 369 di F. Schubert. Il gioco musicale è realizzato dal tocco sapiente del pianista, ora delicato, ora mosso, ora colorato.
Non cambia la tecnica d’emissione del Pisaroni nella parte dedicata a F. Liszt. Sopra i tocchi lenti e delicati del pianoforte in Über allen Gipfeln R 610 aleggiano i suoni flebilissimi della voce che si sbianca e scompare, per ricomparire un po’ aspra in Vergiftet sind meine lieder R 608; il canto si fa difficoltoso nella soave melodia di O lieb’ R 589 che richiede suoni dolci e morbidi e non mezzi suoni. A conclusione della prima parte la Rapsodia Ungherese N. 5 R 106 per pianoforte solo eseguita da Giulio Zappa risolleva l’umore, a tocco deciso risponde tocco morbido sia nei gravi che negli acuti con conseguente espansione sonora.
La seconda parte, dedicata al Rossini da camera, si apre col suono brillante e solare del pianoforte ne La promessa da Soirées Musicales a sostegno di una voce aspra e di scarso spessore, che non si piega neppure alla linea melodica de La lontananza dai Péchés de vieillesse (Vol. I Album italiano). La maestria del ricamo sonoro emerge nell’accompagnamento pianistico de L’esule (Vol. III Morceaux réservés dei Péchés), cui non rispondono la parola chiara e i suoni pieni della voce del cantante. Fino a questo punto l’esibizione di Luca Pisaroni purtroppo non produce un piacevole ascolto sia per il timbro piuttosto aspro, sia per lo scarso spessore, sia per la dizione poco chiara, sia per l’impreciso uso del fiato che rende indefinibile la linea di canto. Poi all’improvviso la voce si fa più sonora ne L’ultimo ricordo dai Péchés de vieillesse (Vol. I Album italiano) e Il rimprovero da Soirées Musicales, cantati bene in tutti i registri, con emissione precisa, giusto dosaggio del fiato anche nella morbidezza del canto, progressioni corrette e tenuta del suono. Cantando in voce le cose migliorano, escono volume, estensione, ampiezza, lunghi fiati e grinta, ma l’emissione va comunque rifinita e la dizione pure.
Nei bis il cantante avrebbe dovuto tenere un atteggiamento meno serio nell’arietta L’orgia dalle Soirées Musicales di Rossini, un brano mosso e vivace ben sottolineato dal pianoforte, e ne La calunnia da Il Barbiere di Siviglia del pesarese, dove ritornano i problemi delle mezze voci (troppi pianissimo), del dosaggio del fiato, sillabato impreciso, ma finisce in bellezza con un bell’acuto tenuto e voluminoso.
Mi piacerebbe conoscere le ragioni delle sue scelte.
Auditorium Pedrotti