Dramma per musica in tre atti
Libretto di Nicola Francesco Haym
tratto da Il Bajazete di Agostino Piovene
e da Tamerlan, ou la Mort de Bajazet di Jacques Nicolas Pradon
Musica di GEORG FRIEDRICH HÄNDEL
Prima rappresentazione assoluta: Londra, King’s Theatre di Haymarket, 31 ottobre 1724
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Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore DIEGO FASOLIS
Regia DAVIDE LIVERMORE
Scene DAVIDE LIVERMORE e GIÒ FORMA
Costumi MARIANA FRACASSO
Video VIDEOMAKERS d-WOK
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Personaggi e interpreti
Tamerlano Bejun Mehta
Bajazet Plácido Domingo (12, 19, 22, 25, 27 sett.)
Kresimir Spicer (30 sett.; 4 ott.)
Asteria Maria Grazia Schiavo
Andronico Franco Fagioli
Irene Marianne Crebassa
Leone Christian Senn
Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici
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Date:
martedì 12 settembre 2017 ore 20 ~ prima rappresentazione ~ turno D
martedì 19 settembre 2017 ore 20 ~ turno E
venerdì 22 settembre 2017 ore 20 ~ turno C
lunedì 25 settembre 2017 ore 20 ~ turno B
mercoledì 27 settembre 2017 ore 20 ~ turno A
sabato 30 settembre 2017 ore 20 ~ fuori abbonamento
mercoledì 4 ottobre 2017 ore 20 ~ ScalAperta*
Il 12 settembre l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da Rai Radio Tre.
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Prezzi: da € 210 a € 13
*Prezzi recita ScalAperta: da € 105 a € 6,5
Infotel 02 72 00 37 44
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La produzione segna il debutto scaligero di uno dei più importanti registi italiani, Davide Livermore, manager e direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia.La produzione segna il debutto scaligero di uno dei più importanti registi italiani, Davide Livermore, manager e direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia.Tra le novità più importanti della scorsa Stagione spicca la nascita di un complesso barocco in seno all’orchestra scaligera sotto la supervisione di uno specialista come Diego Fasolis. Banco di prova è stato Il trionfo del Tempo e del Disinganno, oratorio in forma scenica cui nel 2017 fa seguito una delle grandi opere di Händel: Tamerlano, scritta per la Royal Academy of Music nel 1724 ed eseguita per la prima volta al King’s Theatre lo stesso anno. L’opera porta in scena l’amore del re dei Tartari (qui Bejun Mehta, uno dei grandi controtenori del nostro tempo al debutto scaligero) per Asteria (Maria Grazia Schiavo), figlia del prigioniero imperatore ottomano Bajazet (Plácido Domingo, che ritorna al registro tenorile).
La produzione segna il debutto scaligero di uno dei più importanti registi italiani, Davide Livermore, manager e direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia.
Tra le novità più importanti della scorsa Stagione spicca la nascita di un complesso barocco in seno all’orchestra scaligera sotto la supervisione di uno specialista come Diego Fasolis. Banco di prova è stato Il trionfo del Tempo e del Disinganno, oratorio in forma scenica cui nel 2017 fa seguito una delle grandi opere di Händel: Tamerlano, scritta per la Royal Academy of Music nel 1724 ed eseguita per la prima volta al King’s Theatre lo stesso anno. L’opera porta in scena l’amore del re dei Tartari (qui Bejun Mehta, uno dei grandi controtenori del nostro tempo al debutto scaligero) per Asteria (Maria Grazia Schiavo), figlia del prigioniero imperatore ottomano Bajazet (Plácido Domingo, che ritorna al registro tenorile).
La produzione segna il debutto scaligero di uno dei più importanti registi italiani, Davide Livermore, manager e direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia.
Tra le novità più importanti della scorsa Stagione spicca la nascita di un complesso barocco in seno all’orchestra scaligera sotto la supervisione di uno specialista come Diego Fasolis. Banco di prova è stato Il trionfo del Tempo e del Disinganno, oratorio in forma scenica cui nel 2017 fa seguito una delle grandi opere di Händel: Tamerlano, scritta per la Royal Academy of Music nel 1724 ed eseguita per la prima volta al King’s Theatre lo stesso anno. L’opera porta in scena l’amore del re dei Tartari (qui Bejun Mehta, uno dei grandi controtenori del nostro tempo al debutto scaligero) per Asteria (Maria Grazia Schiavo), figlia del prigioniero imperatore ottomano Bajazet (Plácido Domingo, che ritorna al registro tenorile).
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Tamerlano per la prima volta alla Scala
Il complesso barocco dell’Orchestra scaligera guidato da Diego Fasolis, alla seconda prova dopo il successo de Il trionfo del Tempo e del Disinganno l’anno scorso. In scena un grande cast che accanto al Tamerlano di Bejun Mehta e al Bajazet di Plácido Domingo comprende Marianne Crebassa, Franco Fagioli e Maria Grazia Schiavo. Debutto scaligero per il regista Davide Livermore che ambienta la vicenda nell’ottobre 1917
La grande opera barocca torna alla Scala dal 12 settembre con Tamerlano di Händel diretto da Diego Fasolis. La regia è affidata a Davide Livermore, al debutto scaligero, che firma anche le scene con lo Studio Giò Forma; il cast riunisce intorno al Bajazet di Plácido Domingo alcuni dei più interessanti cantanti della scena barocca: protagonista è il controtenore Bejun Mehta, mai ascoltato al Piermarini, Irene il mezzosoprano Marianne Crebassa, ormai beniamina del pubblico scaligero dopo le apparizioni ne Le nozze di Figaro e L’enfant et les sortilèges, Andronico il controtenore Franco Fagioli e Asteria il soprano Maria Grazia Schiavo.
Tamerlano è il secondo impegno del complesso barocco dell’Orchestra scaligera formatosi l’anno scorso per impulso di un gruppo di strumentisti insieme al Sovrintendente Pereira: il primo era stato la versione scenica dell’oratorio Il trionfo del Tempo e del Disinganno, sempre di Händel.
L’opera, composta nel 1724 per la Royal Academy of Music e andata in scena lo stesso anno al King’s Theatre, costituisce una svolta nella produzione di Händel per l’inedito spessore drammaturgico (il libretto è di Nicola Haym ma le fonti risalgono fino al Bajazet di Racine del 1672): la sequenza di arie e recitativi secchi tipica del melodramma italiano si arricchisce di recitativi accompagnati in cui la musica moltiplica gli echi psicologici di un canto che è più che mai anche recitazione. La stessa vicenda dell’amore di Tamerlano per Asteria, figlia del prigioniero imperatore ottomano Bajazet, infrangeva le consuetudini dell’epoca portando in scena il suicidio dell’imperatore. Non a caso il testo di Agostino Piovene da cui Haym trasse il libretto sarà all’origine di decine di versioni musicali per tutto il ‘700, alternando i titoli Tamerlano e Bajazet: da ricordare almeno quelle di Porpora (1730) e Vivaldi (1735).
Davide Livermore, direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia e affermatosi negli anni tra i più importanti registi italiani, collega la svolta storica segnata dalle campagne turco-mongole contro l’impero ottomano alla fine del ‘300 con quella rappresentata dall’Ottobre 1917, ambientando contrasti politici, tensioni affettive e atmosfera tragica e crepuscolare nei gelidi palazzi conquistati dei bolscevichi.
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L’Antistoria
di Davide Livermore
Non so voi, ma a me la parola Opera Seria mi ha sempre creato uno strano disagio, quello che si prova di fronte a cose importanti, antiche, diciamo il disagio di doversi far piacere qualcosa per forza, perché… serio.
La verità è che Opera Seria è un termine postumo creato dalla critica per indicare l’opera del secolo XVIII almeno fino ai ripensamenti e alle rivoluzioni di Gluck, per definire la forma di organizzare e rappresentare le nostre humane fragilità nei teatri italiani e poi, per felicissimo contagio, in tutta Europa.
L’Opera Seria del ‘700 è un palinsesto in cui si fa un teatro intensissimo, in una struttura che presenta una potenziale infinita alternanza di recitativi e arie, dove i recitativi sono il tempo dell’azione e le arie quello delle emozioni, il tempo dell’anima.
Poi ci sono le storie, i libretti; in un periodo in cui gli uomini non godevano di diritti, parliamo nella prima metà del secolo XVIII, gli unici sentimenti credibili e rappresentabili potevano essere attribuiti solo a eroi o re del passato, non certo a persone comuni, tanto meno contemporanee.
L’antistoria è il giuoco teatrale tipico dei libretti di questo tempo, in cui Giulio Cesare, Tamerlano, Agrippina, Nerone, Cleopatra, e via via tutti gli altri personaggi dell’opera di quel tempo, godevano di un trattamento drammaturgico che poco o nulla aveva a che che fare con precisi fondamenti storico-scientifici.
Si usava il palinsesto delle loro vicende umane per creare teatro.
Handel poi non pare avesse particolarmente a cuore le sorti del conflitto tartaro-ottomano del secolo XIV, nè al pubblico interessava scoprire al King’s Theatre, la notte del 31 ottobre 1724, la verità storica di Tamerlano e Bajazet, sovrani vissuti alla fine del ‘300. Ancor meno quella di Andronico il Paleologo, re greco nato quasi cento anni prima di loro e usato da Nicola Francesco Haym, librettista dell’opera, come personaggio per creare ulteriore intreccio della vicenda. A lui e al pubblico interessava l’animo umano svelato e messo in scena, interessava il pianto e il riso, e per fare questo si creavano già allora spostamenti temporali, artifici drammaturgici, maravigliosa finzione.
La produzione di Tamerlano del Teatro alla Scala che ho il piacere di allestire vedrà questa vicenda compiersi non alla fine del quattordicesimo secolo, bensì nel tempo della rivoluzione russa del 1917 e fonda questo spostamento storico sullo stesso meccanismo antistorico tipico del tempo di Handel: usare personaggi e vicende conosciute per fare teatro, muovere l’azione e muovere l’anima.
Ci troviamo, nel libretto, di fronte a tre dittatori con tre diverse caratteristiche, che con sorpresa si sovrappongono al contesto storico russo rivoluzionario. Il primo, Bajazet, vecchio monarca che perde nell’antefatto dell’opera il trono e il potere, ricorda enormemente per l’antico lignaggio lo Zar Nicola. Il secondo, Andronico, è un idealista, ama Asteria figlia di Bajazet contro cui però ha appena combattuto e vinto; è un personaggio sempre in conflitto con le ragioni dei suoi sentimenti, ci può ricordare un po’ Lenin e a volte Trotsky. Infine il terzo, il classico dittatore spietato, pazzo e violento, Tamerlano, si accosta facilmente a Stalin.
Anche la geografia mi viene in aiuto: Tamerlano e Stalin sono divisi solo dal Mar Caspio, il primo oggi sarebbe uzbeko, il secondo georgiano.
Quello che vedrete avrà l’estetica di chi ha raccontato con arte sublime, ormai un secolo fa, la Rivoluzione russa del 1917, Sergej Eisenstein.
L’estetica cinematografica del maestro russo mi ha aiutato in questo viaggio settecentesco non solo nell’aspetto visivo, ma ancor più in quello musicale e sull’agito scenico nel suo complesso.
Il Tamerlano, come tutta l’Opera Seria, fonda la propria capacità emozionale su concetti come la reiterazione e la variazione, visivamente vicini al linguaggio del cinema di Eisenstein, il cui montaggio creava una stilizzazione degli affetti, dando vita a un’involontaria quanto efficace analogia con l’Opera del ‘700.
Ho voluto scrivere queste righe per entrare con voi in questo meraviglioso teatro dei sentimenti che è l’Opera Seria e per raccontarvi come questa produzione di Tamerlano fondi le sue ragioni su artifici drammaturgici tipici del suo tempo; un tempo antico che ritorna, come ritornano i suoi meccanismi per generare emozione