Tori Amos è senza dubbio una delle artiste più prolifiche, originali e longeve presenti sulla scena musicale internazionale. La sua carriera attraversa quattro decenni durante i quali ha saputo mantenere uno stile unico ed inimitabile, attraversando generi diversi, dal cantautorato più intimista – in Little Heartqakes raccontava di uno stupro subito – alla musica classica reinterpretata di Night of Hunters del 2011, fino all’ultimo Native Invaders, che somiglia più ad un album di poesie a sfondo politico che ad un disco pop.
Il concerto a cui abbiamo assistito domenica al Teatro Arcimboldi è parte di un tour che la porterà in tutta Europa e in America, assieme al suo pianoforte Bosendorfer e alle due tastiere che suona contemporaneamente.
Le luci si abbassano, parte una base elettronica fatta di ritmi e voci ed esce lei, sola con la sua ugola e le sue dita, abbarbicata su uno sgabello tondo, appoggia le mani sulla tastiera del pianoforte e comincia una magia che sembrerà durare solo pochi minuti. Solo alla fine, guardando l’orologio, ci renderemo conto che è passata in realtà un’ora e mezza.
Pochi artisti hanno la capacità di coinvolgere il pubblico con un magnetismo tale, senza perdere un colpo, senza concedere distrazioni, ipnotica nella sua solitudine, avvolta solo da un fascio di luci gioca con le note, con la voce, cambia le tonalità, improvvisa ritmi e assoli.
Certo, la voce non è più quella di un tempo, la sensualità del suo “far l’amore con il pianoforte”, come amava dire, si è trasformata in una più mite grazia sinuosa, ma la grinta, la forza espressiva non è cambiata, è diventata qualcosa di diverso, un’evoluzione della forma ma non del contenuto.
La Amos ripercorre la sua carriera musicale, regalandoci pezzi famosi e b-sides semi-sconosciute, oltre a qualche cover, tra cui una melanconica Lullaby dei The Cure. La base elettronica la supporta solo durante tre pezzi, aggiungendo un accento interessante, che la guida ancora verso strade diverse e mai battute prima, il resto è affidato a lei.
La sua esibizione ha un’intensità incredibilmente forte e duratura, la sua formazione classica si sente nelle note del pianoforte, ma la sua capacità di mettersi a nudo traspare dalla sua voce calda, sporca di anni davanti a un microfono, mettendo a nudo emozioni, sensazioni, idee, davanti a migliaia di persone.
Ascoltandola viene da pensare: se si fosse presentata ad uno dei tanti talent show odierni, probabilmente l’avrebbero cassata alla quarta nota. Eppure 40 anni dopo è ancora lì, su quel palco, ad incantare un teatro gremito ed adorante. A regalare i suoi “Liquid Diamonds”, a raccontare il mondo di Trump dal suo personalissimo punto di vista. A suonare il pianoforte come una chitarra. A ricevere i meritati applausi di un pubblico emozionato da questa signora un po’ eccentrica con i capelli rossi e gli occhiali.
Il talento. Basta per ipnotizzare un teatro intero, per un’ora e mezza. Senza scenografie, ballerini, musicisti, effetti speciali. Solo quello, il talento. Ormai una merce rarissima e per questo sempre più preziosa.