Giuliana Musso inaugura venerdì 20 e sabato 21 ottobre, ore 21, la stagione 2017/18 del Teatro Cantiere Florida, a Firenze, con Mio Eroe, un intenso e delicato lavoro che affronta il tema della guerra contemporanea, in cui l’autrice e interprete affronta con sguardo attento e profondo sul presente, il tema della guerre contemporanee senza avere la pretesa di offrire risposte. Il soggetto, scritto dalla Musso in collaborazione con Alberto Rizzi, è ispirato alla biografia di alcuni dei 53 militari italiani caduti in Afghanistan durante la missione ISAF tra il 2001 e il 2014, la voce è quella delle loro madri. Le madri testimoniano con devozione la vita dei figli che non ci sono più, ne ridisegnano il carattere, il comportamento, gli ideali. Costruiscono un altare di memorie personali che trabocca di un naturale amore per la vita. Cercano parole e gesti per dare un senso al loro inconsolabile lutto ma anche all’esperienza della morte in guerra, in tempo di pace.
Nell’alveo di questi racconti intimi, a tratti lievi a tratti drammatici, prende però forza e si fa spazio un discorso etico e politico. In Mio Eroe, la voce stigmatizzata della madre dolorosa, da sempre sequestrata nello spazio dei sentimenti, apre un varco, esce dagli stereotipi, e si pone interrogativi puntuali sulla logica della guerra, sull’origine della violenza come sistema di soluzione dei conflitti, sul mito dell’eroe e sulla sacralità della vita umana. Il dolore delle madri può superare la retorica militaristica che ci impedisce di ragionare sulla guerra quando siamo di fronte al feretro coperto dal tricolore e affonda con la forza dei sentimenti in una più autentica ricerca di verità. In queste testimonianze femminili il tema della pace e il tema della maternità risuonano per quello che ancora sono: pubblicamente venerati e segretamente dileggiati. Solo alla fine del monologo sarà forse visibile, come una filigrana in controluce, che la voce delle madri piangenti è la voce della razionalità umana. Giuliana Musso porta sul palco con grande efficacia e con profondo rispetto sia per quelle vite a cui attinge, sia per il pubblico di cui è a servizio come punto d’osservazione e incontro, la sua testimonianza cogliendo tutta la viva emozione di cui sono pregni i racconti delle tre madri che ne compongono la drammaturgia; così come i dettagli espressivi delle stesse, le inflessioni dialettali, il pensiero riflessivo o avventato. Le voci inconsolabili, ma lucide, in cui si avvicendano ricordi, interrogativi, incredulità, amore e dolore, sono quelle delle madri di Mauro, Stefano e Micky. Le voci sono tre, ma la loro eco parla in qualche modo anche per tutte le altre. Quel chiamare materno il proprio figlio “mio eroe” arriva come un bellissimo e commovente atto d’amore, di stima e comprensione. Ci sono abissi di dolore mimetizzati in ogni racconto, che pur nella drammaticità, e nell’impulso di rabbia e passione che a volte prende il sopravvento, mantiene pur sempre una certa integrità e umiltà. L’attrice, non cerca di cavalcare il dolore, la tragedia, ma accompagna ogni racconto con affezione, autenticità e discrezione. Mentre i racconti si dipanano al suono grave del violoncello, suonato dal vivo da Andrea Musto ci si sente avvolti e coinvolti, come in una sorta di abbraccio che stringe a sé e commuove.“Mio Eroe” diventa quindi un piccolo altare alla memoria e alla vita, ma anche uno sguardo etico e politico, privo di demagogia, sui paradossi, sui conflitti di potere, sulla mancanza di risposte che abbiano un senso, un valore per tutti.
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