Lunedì 16 Ottobre, Teatro alla Scala
G. Mahler | Sinfonia No. 2
direttore | Daniele Gatti
soprano | Miah Persson
contralto | Christianne Stotijn
Coro e Orchestra della Scala
maestro del coro | Bruno Casoni
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Le inaugurazioni sono sempre una spina nel fianco delle stagioni. Vetrina dell’intera programmazione, non possono assolutamente deludere le aspettative del pubblico e della stampa. Si tende quindi o all’usato sicuro o alla novità effervescente. La felice combinazione delle due strategie può essere vista nell’esecuzione della Seconda Sinfonia di Mahler, lontana dalla Scala da quasi sei anni, sotto la direzione di Daniele Gatti, presenza stabile delle ultime stagioni sia sinfonica sia operistica.
Gatti affronta la partitura con estrema sicurezza e disinvoltura, senza quella teatralità che è cara a molti direttori; chiaro il riferimento al punto focale dell’ultimo movimento della sinfonia, dove il continuo crescere di dinamica e intensità trova liberazione nell’osanna finale, ma non conclusivo. Punto in cui tutti i più grandi spesso hanno preferito l’azione di impatto televisivo piuttosto che l’aderenza alla carta stampata (per i più patiti su Youtube è possibile vedere un video che riassume tutte queste sfumature).
Il direttore rifugge l’attimo, riducendo particolarmente il punto climatico, per concentrarsi sulla conclusione che ritiene il vero punto d’arrivo. Una scelta interessante e contraria a quello che generalmente il pubblico è abituato a sentire.
Merito forse dell’esperienza accumulata in questo anno da direttore del Concertgebouw di Amsterdam, dove Mahler e la sua produzione sono le colonne portanti del loro tempio musicale?
La scelta, quindi, di inaugurare la stagione sinfonica con lo stesso brano che l’ha visto esordire sul podio olandese acquisisce un significato più recondito. Quasi un omaggio alla Milano che l’ha formato e lo accoglie sempre volentieri affinché il suo pubblico si avvicini al mondo di Mahler, ancora lontano dal nostro comune sentire (in stagione sono poi previsti un appuntamento con la Terza, direzione di Chailly, e con la Nona, direzione di Blomstedt).
L’apprezzamento di certe scelte, più teatrali che musicali, poi sono assolutamente personali. Interessante molto la scelta di far cantare il coro seduto e di farlo alzare esclusivamente per l’osanna sopra citato in una efficace ostentazione del testo e del momento musicale. Penalizzante, invece, la posizione delle due cantanti, schiacciate acusticamente dai corni, dagli ottoni e soprattutto dalle percussioni. Situazione che le ha portate spesso a doversi tappare le orecchie per non perdere l’equilibrio musicale.
Il coro preparato da Bruno Casoni ha dato nuovamente prova di grande ricerche dinamiche, eccellenti soprattutto quelle tendenti al pianissimo, meno di cura dell’articolazione del testo che seppur in altra lingua risultava poco intellegibile.
A conclusione prolungati applausi, ripetuti diverse volte. Il consueto applauso formale e successivo fuggi fuggi degli abbonati della platea, mentre tutti gli ordini restanti tributavano la giusta celebrazione ad un concerto di alto livello.
Il maestro tornerà al Piermarini a marzo con la Filarmonica, con brani di Hindemith e Bruckner, mentre il prossimo appuntamento della stagione sinfonica sarà il 6 novembre, direzione di Chailly, in un programma dalle forti tinte russe, Caijovskij, Sostakovic e Stravinskij.