Ispirato a Le bal, creato dal Théâtre du Campagnol dalla fortunata idea e per la regia di Jean Claude Penchenat (attore sia nella versione teatrale sia nel celeberrimo Ballando Ballando del 1983, trasposizione cinematografica di Ettore Scola), l’indovinato e originale format francese – adattato dal bravo Giancarlo Fares (regista raffinato e simpatico ed equilibrato attore) alla realtà italiana – ripercorre attraverso le canzoni più belle, orecchiabili, conosciute e ormai patrimonio della nostra memoria collettiva (nate e veicolate specialmente da Sanremo e dalla canzone napoletana) e i ritmi di danze avvicendatesi nei decenni la nostra storia dalla Seconda Guerra Mondiale con un à rebours (un ‘a ritroso’ negli anni Trenta) fino al crollo delle Torri Gemelle.
Punto focale dello spettacolo una balera dove si affollano uomini e donne comuni: sconosciuti e semplici, se non sempliciotti, complessati o spavaldi, connotati da un coacervo di micro ipocrisie, miserie e illusioni e in cerca di conforto e svago ai problemi personali in un Paese alle prese con un ineluttabile divenire storico spesso faticoso e doloroso di cui non hanno del tutto contezza e consapevolezza. Eppure gli eventi scorrono anche per loro che si esprimono attraverso una gestualità corporale istintiva e viscerale indotta anche dalla musica che diviene protagonista e comunque sufficiente a farli relazionare in modo spontaneo ed elementare, senza bisogno di parole: strumenti che richiederebbero una conoscenza e familiarità che non ci sono, ma che a volte si costruiscono pian piano.
Un naturale e quasi lieve intrecciarsi tra macrostoria e microstorie in una fiaba musical-danzante che rende il divenire storico sicuramente più avvincente di quello che si legge sui testi scolastici, anche se generalmente le pagine relative a questi decenni rimangono intonse.
I nostri eroi – interpretati da sedici bravi attori-danzatori che si impegnano nel dare il meglio di se stessi – presentano una pièce ben articolata e compatta, vivace, vibrante, coinvolgente, elegante e poetica che riesce ad avere un potere catartico e lascia entusiasmo, energia e voglia di vivere al meglio ciò che si è e si ha: gesti e balli che divengono emozioni, palpitazioni, paure, odi, speranze, gioie, condivisioni palpabili e ingenue, ma vere e commoventi.
Un affresco dalle tinte umane e sociali del quotidiano attraverso il divenire di tutti gli aspetti esistenziali compresi mode e costumi con abiti che scivolano dall’alto come mutano musiche e balli: un vortice che dal boogie-woogie attraverso cha cha cha, mambo, twist, ballo del mattone, tip tap, rock, musica elettronica giunge all’odierno isolamento da cuffie acustiche in un percorso musicale – dal Trio Lescano, a Mina, Modugno, Rita Pavone, Celentano… – che ai più giovani fa conoscere quasi un secolo di musica italiana e ai ‘più vissuti’ fa rivivere le emozioni del tempo che fu.
Finale a sorpresa!