Torno a casa. In mano un rametto di rosmarino.
«Rosmarino: per la memoria. Ricordati di me. Ricordati di me…»
C’è del marcio in Danimarca. Da secoli…
La scena è una tomba. Cosa c’è di più marcio dell’aria di un cimitero? Canta la civetta, una donna avvolta di veli entra in sala, in mano una lampada con un lumino. Ofelia.
«Oh me, sciagurata, che ho visto
quel che ho visto. Vedo quel che vedo»
Pazza. Come può ridurti una donna dopo aver vissuto la tragedia di Amleto?
La campana smette i rintocchi e inizia una confessione fiume in cui ricordi, storie note e meno note si affastellano nella testa e nella bocca di quella che è la protagonista più umana di Shakespeare e, quindi, l’unica che del marcio può essere vittima.
Una pacca in testa per cambiare ricordo… Parla Ofelia, pazza per amore, e la sua lingua è poesia: è una parola fatta di carne, intrisa di sofferenza, ogni accento è una lacrima… per chi abita la Milano di Alda Merini è un parlare ben noto.
Ecco che anche la nebbia di Milano, improvvisamente, sa del marcio di Danimarca.
Continua a parlare Ofelia. Racconta di Amleto, il suo grande amore che l’ha ingannata, abbandonata e rimpianta. Ma racconta anche di Shakespeare, che non l’ha fatta pazza fino all’osso come Lady Macbeth; o amata/riamata, come Giulietta. Shakespeare che l’ha ingannata: non si suicida Ofelia, per errore cade in acqua, e non il suo autore, ma le sue vesti la fanno affondare.
Parla ancora Ofelia e dice cose che non ha mai potuto confessare.
E il marcio di Danimarca è il marcio di tutti i segreti delle nostre vite.
Il cimitero è il suo magico campo di gioco, dalla terra spuntano spade, vestiti, fiori, scheletri; per animali domestici ha corvi morti, cha ama e accarezza come se fossero gattini.
Canta Ofelia. Canzoni antiche d’amori perduti. Canta versi di Shakespeare. Canta le passioni sue e di tante eroine shakespeariane, grandi sì, loro!, perché veri e propri personaggi di fronte a una piccola donna di carne, ossa e sangue come lei.
Balla Ofelia. La sua pista da ballo è la tomba. Balla sul tempo: dalla tragedia eterna di Shakespeare a passo veloce volteggia su tutte le messe in scena che di Amleto sono state fatte nei secoli. “Messe in scena” di Amleto; del dramma famigliare mamma-figlio-secondo padre; della tragedia politica… ma mai di Ofelia, della sua fiducia tradita, della sua fedeltà abusata.
Hamletelia è un monologo scritto con parole secolari e che contiene drammi eterni. È una planata sull’universo intimo shakespeariano fatta da una donna, non da un’attrice. Non c’è tanto arte in Caroline Pagani nell’interpretazione di Ofelia, c’è soprattutto cuore. Il copione oscilla tra una lingua italiana preziosa e melodiosa e la lingua del bardo, che non è semplicemente “inglese”, è ritmo, suono, dolore, follia e passione.
Il pubblico non si aspetti di assistere ad uno spettacolo, questa particolarissima opera d’arte su Shakespeare si vive, come una rivelazione da amica a amici.
Un’ora e un quarto di flusso di memorie che scorrono nelle vene, non nelle orecchie. Perché non è voce il monologo di Hamletelia. È vita.
Visto al Pacta, Salone, il 9 novembre 2017.
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HAMLETELIA
da ‘Amleto’ di William Shakespeare
Testo, Regia, Scena, Costumi: Caroline Pagani
In scena: Caroline Pagani
Produzione Teatro Baretti e Caroline Pagani Teatro