Due donne passano davanti alla prima fila di pubblico seduto in sala e, bisbigliando fra loro, salgono sul palcoscenico continuando a scambiarsi battute a mala pena percepite fino alla terza galleria.
Con tale nonchalance facciamo la conoscenza di Alice Slattery e Alice Kinsella, attempate signore che in una sorta di retropalco invaso da vestiti di scena, da una bacheca traboccante di fotografie, da scale e sedie alla rinfusa, fanno le prove di un lavoro teatrale che racconta la loro storia. Infatti, essendo state sorprese a scambiarsi effusioni dietro gli scaffali di un supermercato in un centro commerciale a sud della città da una regista, costei vuole cogliere l’occasione di portare in scena una vicenda al femminile tra persone mature narrate dalle stesse protagoniste.
Eccole, allora, impegnate a raccontarsi in sordina, quasi un voler rinverdire gli entusiasmi e le emozioni sul filo della memoria. La prima, esuberante e loquace, rievoca le sue esperienze omosessuali giovanili, confermate e ampliate in tutti i rapporti affettivi successivi. La seconda, riservata e ritrosa, ha vissuto un sereno e forse noioso matrimonio che ha puntellato le sue certezze e le ha offerto una prospettiva. Rimasta vedova il suo mondo vacilla, ma giunge in soccorso l’amica d’infanzia, l’altra Alice, che sconfigge la sua solitudine, la conforta e la sostiene. E così, naturalmente, facendosi compagnia, i sentimenti mutano e si accorgono di essere diventate compagne di vita, innamorate. Alice Slattery vive un amore consapevole, con una donna alla quale la legano anni d’amicizia e d’affetto, Alice Kinsella è disorientata e confusa dal nuovo sentimento che prova per una vecchia amica e si avvicina con timidezza alle prospettive che quest’amore le spalanca.
Così, in punta di voce, rievocano momenti e aneddoti, si rivelano piccoli segreti, scoprono sottili stratagemmi che hanno punteggiato la loro vita di donne stabilizzate nei rispettivi clichés. Le due signore estrapolano dall’ammasso delle loro vite dettagli, piccoli particolari, ricordi evanescenti, momenti teneri, così come dall’ammasso di oggetti del deposito in cui si trovano bisognerà tirare fuori il materiale per la scenografia della rappresentazione.
Lieve, fresco, ironico, sincero, affettuoso è il flusso di parole e immagini che scaturisce dai ricordi inframmezzati da stupori e risatine fra Ludovica Modugno, la travolgente e disincantata Alice, e Paila Pavese l’altra Alice riservata e discreta. Due vite che si sfiorano con levità e si intrecciano con un filo di sarcasmo nella quotidianità minuta dei gesti goffi e delle parole sussurrate, che si fondono in un universo intimista.
Le due attrici interloquiscono con estrema naturalezza come fossero effettivamente due amiche aduse da anni a farsi confidenze sottovoce.
La regia di Elena Sbardella sottolinea il tono di noncurante casualità del colloquio, che rende un po’ incomprensibile l’incipit.
Il testo di Amy Conroy tradotto da Natalia di Giammarco ha partecipato nel 2015 alla rassegna “Trend” diretta da Rodolfo Di Giammarco che propone la nuova drammaturgia britannica diretta da registi italiani.