È andata ieri in scena la prima della stagione di prosa del Teatro Rendano di Cosenza curata da “L’AltroTeatro” .
In occasione delle celebrazioni dei 150 anni dalla nascita del drammaturgo siciliano, torna in scena una delle sue opere più amate, tra i suoi testi più conosciuti e rappresentati.
“Il Berretto a Sonagli” di Pirandello ha coinvolto e divertito la platea cosentina sotto la direzione di Francesco Bellomo e interpretata dal mattatore siciliano Gianfranco Jannuzzo.
In questo allestimento sono inserite alcune scene tagliate della versione originale e il testo si caratterizza per molti aspetti tipici di una sicilianità a volte perduti nel tempo. Le musiche di Mario D’Alessandro ci riportano a quelle sonorità tipiche della produzione cinematografica dei film di ispirazione siciliana degli anni ’50.
La commedia, che riprende le tematiche delle due novelle “La verità” (1912) e “Certi obblighi” (1912), venne scritta nell’agosto 1916 in lingua siciliana per l’attore Angelo Musco con il titolo ‘A birritta cu’ i ciancianeddi. In entrambi i casi si narra di un marito che, nonostante sia a conoscenza dell’adulterio della moglie, lo accetta con rassegnazione, ponendo come unica condizione la salvaguardia dell’onorabilità. Ciampa, scrivano in una cittadina all’interno della Sicilia, è inserito in una società piccolo-borghese, condizionata dai “galantuomini”, ma non esclusa da un rapporto attivo, anche se subalterno, con la classe superiore. La morale sessuale è pur sempre sofisticata, ma acquisisce, nel caso di Ciampa, il decoro convenzionale e ipocrita del codice borghese del perbenismo, un codice sul quale la beffarda rivalsa del subalterno gioca una sua partita arguta e teorizza il sistema pratico, socio-morale delle “tre corde”: la seria, la civile e la pazza. Il recupero del copione originale consente di evidenziare la spontaneità della vis comica pirandelliana.
Scrive nelle sue note di regia Francesco Bellomo: “la società costringe gli individui ad apparire rispettabili, obbedendo a precisi codici di comportamento; in realtà tutto è permesso purché si salvino le apparenze. La vicenda trascende, nel suo giuoco beffardo, la realtà dell’ambiente, ma non si sarebbe potuta realizzare al di fuori di quella”.
È un’opera pregna dell’ideologia pirandelliana, all’insegna dell’assurdo e della follia come foriera di verità.
Diversi personaggi di questa commedia si trovano in una situazione di dilemma, di tipiche situazioni paradossali in cui l’individuo resta quasi senza via di uscita.
Fana, la vecchia balia, sa che Beatrice vuole denunciare l’adulterio del marito e quindi sarebbe suo dovere evitare disastri e riferire tutto al fratello di Beatrice, Fifì, affinché quest’ultimo la convinca a non commettere pazzie; d’altro canto, non può farlo perché, come serva obbediente, non può opporsi alla padrona Beatrice che le ha imposto il silenzio.
Il delegato Spanò dovrebbe accettare la denuncia, ma sa che, adempiendo al suo dovere di funzionario, si metterebbe contro il cavaliere che è in pratica il suo padrone.
Ciampa ama la moglie e soffre, ma deve tollerare l’adulterio da parte del cavaliere, cui egli è asservito; inoltre, pur amando profondamente la sua donna, nello stesso tempo pensa di ucciderla.
Meno ricco di conflitti è il caso di Beatrice, ma il suo atteggiamento privo di dubbi o ripensamenti viene presto punito.
Un tema sicuramente di primo piano è quello che emerge dalla novella “Certi obblighi” ripresa dalla commedia: l’individuo è costretto a difendere il suo prestigio sociale, “il pupo”, quella maschera con cui nascondiamo la meschina realtà di ognuno di noi, anche a costo di pagare un prezzo altissimo, sino al punto che Ciampa, per mantenere integro il suo onore, potrebbe essere costretto ad uccidere la moglie (fatto che accade effettivamente nella principale novella ispiratrice della commedia, “La verità”).
Vista l’apertura, c’è solo da aspettarsi grandi cose da questa stagione di prosa 2017/2018.