La storia vera della spedizione transartartica guidata dal capitano Ernest Shackleton è la vicenda di riferimento di questa cronaca teatrale, narrata da Silvia Elena Montagnini e Bobo Nigrone. Una storia che parla di coraggio e di umanità, della sfida alla natura e dell’ostinazione umana; una storia “vera”, con tutte le implicazioni che la sua realtà affondata in un passato remoto porta all’evidenza degli spettatori.
La drammaturgia rischiava di ridursi a una semplice esposizione dei fatti per come si sono conservati nella memoria storica, lasciando comparire tra le righe gli elementi fondamentali dell’abnegazione e della benevolenza di Shackleton: il testo, pensato come un resoconto della vicenda, di per sé non lascia troppo spazio alla poesia. La narrazione di Montagnini, tuttavia, viene impreziosita dalla sua mimica “leggera”, da una capacità di comunicare con gesti ieratici e statuari i significati latenti, inespressi dalle sole parole.
Rispetto alla presenza scenica dell’unica interprete, gli enfatici accompagnamenti sonori e le suggestioni visive progettate da Simona Gallo offrono un contributo secondario, perfino marginale: la vera potenza sinestetica di Antartica, quella che porta il gelo dei ghiacci polari tra gli astanti in platea, quella che riesce a trasmettere il sogno di un personaggio storico che altrimenti sarebbe sembrato soltanto un folle testardo, risiede nell’aura sacrale che Montagnini è capace di creare sul palcoscenico. Lo spettacolo è freddo, gelido, la vicenda spietata è tesa nell’incertezza del fato che attende i ventisette uomini dell’equipaggio della Endurance, quel gruppo di esploratori che nel 1914 rimase incagliato tra i ghiacci antartici con la sola alternativa di fare marcia indietro e rinunciare alla spedizione.
Shackleton, ci raccontano Nigrone e Montagnini, non riuscì mai a coronare il suo sogno di conquista del continente antartico; la decisione di ripartire per tornare in patria, affrontando quasi da solo l’oceano a bordo di una scialuppa per chiamare i soccorsi e recuperare l’equipaggio, segna a un tempo il definitivo fallimento del suo sogno e il trionfo del rispetto umano.
Il capitano è passato alla storia non come condottiero o conquistatore, gli obiettivi prefissi non sono mai stati raggiunti e l’Antartide a avuto la meglio su di lui: eppure, a distanza di un secolo appare più che legittimo dipingerlo come un eroe, per non aver sacrificato il valore e le vite di quel piccolo gruppo di esploratori che scelsero di partire con lui per quel viaggio verso l’ignoto.
Il racconto si dipana su toni scherzosi, appiattendo la gravità delle tragiche circostanze ed enfatizzando il fattore umano che porterà Shackleton ad ammettere i suoi limiti e rinunciare a imprimere il suo nome nei posteri. Tra le intense sensazioni di freddo e paura, Antartica riesce anche a far sorridere e divertire, ma scenografia, testo e accorgimenti scenici in accompagnamento al grande estro attoriale, non dissipano quell’aura sacrale che esprime il coraggio umano di affrontare l’ostilità della realtà naturale.
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Antartica
Produzione Onda Teatro
Di Silvia Elena Montagnini e Bobo Nigrone
Con Silvia Elena Montagnini
Regia di Bobo Nigrone
Disegno luci di Simona Gallo