Il tempismo è perfetto: “Canto di Natale” per la regia di Sabatino Ciocca si inserisce con precisione indiscutibile nell’ingranaggio caleidoscopico del periodo. Ma se è vero che la festività più importante dell’anno offre un viatico ideale per la proposta di eventi aggreganti, è altrettanto vero che la cornice natalizia, con il suo palinsesto obbligato di toni e contenuti, offre uno spazio ben poco elastico per la produzione artistica originale, audace o semplicemente di qualità.
È su questo incrocio delicato fra tradizione ed innovazione che il lavoro di Ciocca, prodotto da Florian Metateatro, si colloca e stupisce. E proprio lo stupore sembra essere il meccanismo emozionale su cui poggia l’intero progetto. Il racconto di Dickens fornisce un materiale caldo, carico di suggestioni, ma la gestione ed il dosaggio di questo credito non è un lavoro scontato, specie nel passaggio dall’affabulazione narrativa alla impaginazione scenica. Su questo piano, il “Canto di Natale” di Ciocca parte dalla determinazione lampante di conservare il fascino lanoso ed antico dei pomeriggi invernali trascorsi davanti al fuoco, dove l’immaginazione è la “tecnologia” potentissima che dialoga con l’attesa, andando ad agire dentro una serie di cornici silenziose, tutte da riempire: le finestre su cui addensa il primo gelo dell’inverno, il camino, i bordi di un vecchio libro di storie.
La pagina diviene anzi la vera e propria unità di misura dello spettacolo, perseguendo una minuzia di passo che potenzia esponenzialmente lo sguardo, aprendolo alla rivelazione. Sulle assi del palco, la consistenza tattile della carta viene ricercata, quindi declinata e tradotta tramite una scena neutra, dove il vuoto è sempre promessa di un riempimento rapido e continuo su piani diversificati. L’evidenza di elementi scenici tridimensionali – che scivolano con agilità elegante dentro e fuori dalla scena- si alterna con gli ambienti immateriali ma potentissimi che compaiono sul fondale, dove l’occhio dello spettatore compie un tuffo improvviso e la realtà da osservare trasforma i suoi tratti. E se l’utilizzo della video-proiezione in teatro rappresenta ormai un meccanismo ampiamente acquisito, colpisce l’effetto delle combinazioni sensoriali che si produce dalla dialettica tra realtà materiale ed immateriale all’interno della dimensione del racconto: la percezione dello spettatore supera le resistenze della verosimiglianza e cede ad una riscoperta, beata credulità.
Le forme arrotondate delle ambientazioni proiettate (estratte dai disegni di un maestro come Roberto Innocenti), dalle dimensioni abmorni che quasi aggettano su attori e spettatori, sottraggono l’osservazione di oggetti reali ieratici (bauli, scrittoi, voluminosi sacchi di tela) dall’esame della verosimiglianza, sciogliendo come neve la soglia del realismo per aprire senza resistenze all’esperienza parallela del racconto.
Si tratta, a ben vedere, di concetti chiave che stanno alla base del teatro (e non solo), ma che necessitano di precisione totale per realizzarsi, oggi più di ieri, per via della pervasività della tecnica nell’esperienza quotidiana di ciascuno. Tutto appare facile in questo “Canto di Natale”, ma è evidente la presenza di un disegno registico rigoroso che pretende la qualità di tutti gli strumenti impiegati (dai bellissimi costumi alle sontuose voci fuori campo) e raccorda in un insieme coeso i singoli elementi, tra cui si segnala la prova convincente di tutti gli interpreti.
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CREDITS
“CANTO DI NATALE”
Dall’omonimo racconto lungo di Charles Dickens
Adattamento e impianto scenico Sabatino Ciocca
Regia Sabatino Ciocca
Con Alessio Tessitore, Umberto Marchesani, Emanuela D’Agostino, Edoardo De Piccoli, Maddalena Brozzi
Voce Narrante: Carlo Orsini
Voce: Alba Bucciarelli
Videoproiezioni e colonna sonora: Loris Ricci
Costumi: Polvere di Stelle (Vasto)
Luci: Renato Barattucci
Aiuto regista: Marilisa D’Amico
Organizzazione: Ilaria Palmisano
Produzione: Florian Metateatro CPT