Non c’è due senza tre evidentemente: dopo il bellissimo Trittico di Puccini nelle “scatole mobili” visto nell’aprile del 2016 e dopo il sorprendente tableax vivant pensato per Il viaggio a Reims di Rossini dello scorso giugno, Damiano Michieletto torna al Teatro dell’Opera di Roma con il debutto alla regia de La damnation de Faust di Hector Berlioz che il 12 dicembre (ore 19, in diretta su Rai Radio 3 e poi in differita alle 21.15 su Rai 5) apre la stagione sinfonica 2017/2018 (dopo il Don Chisciotte ispirato a Baryshnikov) del Costanzi nel nuovo allestimento del teatro capitolino comprodotto con il Regio di Torino e il Palau de Les Arts Reina Sofía di Valencia.
Cinque le repliche della Damnation (fino a sabato 23 dicembre) che mancava a Roma dalla bellezza di 62 anni e che qui riecheggia i dipinti e le allegorie medievali dei dipinti di Lucas Cranach il Vecchio annoverando la prestigiosa bacchetta del Maestro Daniele Gatti sul podio del teatro romano dopo le ovazioni ricevute per l’intenso Tristan und Isolde della scorsa inaugurazione e che tornerà, come annunciato, per le prossime due inaugurazioni.
Cresce l’attesa per la Damnation di Michieletto-Gatti che si preannuncia un vero e proprio evento tenendo conto non solo della qualità musicale del direttore d’orchestra, ma anche della vena creativa, irriverente e coraggiosa di Michieletto senza contare il carattere ben poco operistico dell’opera di Berlioz creata subito dopo la Sinfonia fantastica.
Il pubblico romano poi aveva avuto già modo di apprezzare il musicista francese con il geniale Cellini con la regia dell’ex Monty Python Terry Gilliam, ma stavolta il nuovo allestimento romano si inserisce in un progetto più ampio.
“La Damnation è una non opera opera, ma abbiano voluto correre il rischio di inaugurare la stagione sinfonica con questo titoli in virtù del progetto artistico nato con Daniele Gatti – precisa immediatamente il Sovrintendente del Teatro dell’Opera Carlo Fuortes – È un progetto artistico che annovera proprio Tristan e La Damnation e con Daniele abbiamo immediatamente pensato a Michieletto che debutta a Roma con un nuovo allestimento”.
Un intento programmatico di stagione dunque la scelta de La Damnation, “leggenda drammatica in quattro parti” tanto per citare Berlioz, ma anche di indirizzo che il Costanzi ha ormai intrapreso da qualche anno a questa parte, e con successo.
“La stagione di fatto non è un susseguirsi di un titolo dopo l’altro, ma è il risultato di un progetto artistico e questo in particolare, è stato condiviso da scelte comuni” prosegue Fuortes.
E dato La Damnation consta di otto scene quasi slegate drammaturgicamente, è stato necessario andare a creare una sorta di fil rouge che Michieletto ha voluto costituire adottando lo stile di un racconto.
“Berlioz e un autore spudorato e La Damnation un’opera che rappresenta per me la possibilità di fare qualcosa di diverso senza ripetermi ed è una crescita personale e ho sentito il teatro molto collaborativo anche da un punto di vista tecnico. La Damnation è un’opera ricchissima e piena di trabocchetti, ma non c’è una vera struttura e ho dovuto trovare una chiave drammaturgia – spiega il regista veneziano – Ho costruito un racconto articolato in 8 otto episodi con dei titoli collegandoli con le tappe della vita di un uomo fino alla morte”.
Il racconto è stato creato con una scena fissa, uno spazio bianco che muterà lasciando mantenendo anche riferimenti religiosi, ma divertenti e irriverenti come il Giardino dell’Eden rovesciato che campeggia anche sulla locandina: le scene sono di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti.
Nella Damnation Berlioz non offre alcun tipo di speranza e la partitura vive della volontà del compositore di esaltare gli elementi diabolici quasi ridicolizzando gli elementi sacri.
“Non è un caso che le uniche due scene che sono state trattate “più superficialmente”, e mi assumo la responsabilità delle mie dichiarazioni, siano solo quelle di stampo cattolico che vengono tracciate con minore intensità da Berlioz- esordisce il Maestro Gatti confermando il massimo rispetto nei confronti del compositore francese e della sua (volutamente) partitura discontinua – Il vero vincitore è Mefistofele e l’aspetto trascendentale viene posto in secondo piano e quasi irriso, ma non certo trattato con la stessa drammaticità e intensità delle pagine precedenti, ma Berlioz non ha voluto legarsi a testi precostituiti, né di Goethe né di Marlowe e ha voluto creare una sua personale versione di Faust”.
È lo spazio bianco che diventa una sorta di laboratorio dove Mefistofele, il personaggio centrale e vero protagonista dell’opera, lavora, analizza e pilota Faust come fosse una sua cavia.
Il “corruttore” Mefistofele, ironico e affascinante, come spiega Michieletto in una sua recente intervista, trova in Margherita la sua diretta antagonista: maggiore spessore viene regalato e concesso proprio alla donna, che rappresenta l’amore ideale e che entra in scena da subito simbolo di un amore che potrebbe essere salvifico per il protagonista e che viene contrastato fin dall’inizio”.
Faust d’altro canto, burattino nelle mani di Mefistofele, è una sorta di Amleto, un giovane insicuro e fragile che si interroga sulla vita e sulla morte, che non riesce a trovare il suo posto nel mondo e che vorrebbe morire. Una vittima in un Eden cinico e irriverente, in una allestimento pensato in “epoca contemporanea, ma privo di una messinscena realistica dove sia possibile identificare l’uno o l’altro luogo” che viene arricchito da personaggi che fanno parte della “costellazione di sentimenti e di relazioni”.
Moderna, ma ambigua la partitura, ma anche ruoli e le voci con un cast unico che richiede maturità interpretativa non indifferente dei cantanti diretti da Michieletto: Pavel Černoch è Faust, Alex Esposito è Mefistofele, Veronica Simeoni debutta nel ruolo di Marguerite e Goran Juri
è Branden, il Coro diretto dal Maestro del Coro Roberto Gabbiani è impegnato ad esaltare la “bellezza e la complessità della musica”.
“È il direttore che deve cercare di capire il compositore e non viceversa – sottolinea Gatti – La partitura offre ricchezza anche da un punto di vista musicale e deve essere sottolineata in tutte le sfumature che offre per conferire il giusto appoggio alla drammaturgia. Scritta a metà dell’Ottocento, si basa su otto scene composte negli anni Venti subito prima della Sinfonia Fantastica con cui presenta molte affinità quando viene ripresa riscaldandone molti elementi, dalla natura, all’amore della donna, all’elemento drammatico. È necessaria un’accurata analisi della sintassi musicale”.
Dopo la “prima” di martedì 12 dicembre (ore 19), l’opera sarà replicata giovedì 14 (ore 20), domenica 17 (ore 16.30), martedì 19 (ore 20), giovedì 21 (ore 20) e sabato 23 (ore 18).
Riprendono anche gli appuntamenti con il pubblico: sabato 9 dicembre, alle ore 18 al Teatro Costanzi, La damnation de Faust va in scena per i giovani, nell’anteprima con ingresso “Vietato ai maggiori di 26 anni”, mentre domenica 10 dicembre, alle ore 11 al Teatro Nazionale, spazio alla Lezione di Opera tenuta dal maestro Giovanni Bietti per capire il contesto e la partitura (biglietti a 8 euro) e lunedì 18 dicembre, alle ore 20.30 al Teatro Palladium, il mezzosoprano Veronica Simeoni sarà protagonista di un recital dedicato a Hector Berlioz, primo appuntamento della rassegna “Prime Donne” introdotto nella nuova stagione e in collaborazione con Roma Tre. Info su www.operaroma.it.