Jersey Boys è stato senza dubbio uno degli eventi nell’ambito del musical italiano del 2016. Questa versione italiana è tratta da un originale inglese già premiato con un Tony e un Grammy, e a sua volta si è aggiudicata il premio “Migliore spettacolo nuovo 2016” agli Italian Musical Awards, i premi nostrani del musical. Eppure, questa breve ripresa, al Nuovo di Milano, fatta con qualche cambio, qualche taglio e qualche aggiustamento, non ci ha fatto innamorare davvero.
La storia è narrativa pura, genuina e perfetta per una scrittura di teatro musicale: parla di un gruppo di ragazzi che compiono un “viaggio” al termine del quale diventeranno uno dei gruppi più famosi e celebrati di quegli anni, i Four Seasons. Naturalmente non mancano “i cattivi” e anche qualche buono che poi non si rivela del tutto tale, non mancano i colpi di scena, il dramma, il divertimento e la musica che tutti noi abbiamo ascoltato almeno una volta.
La sceneggiatura mescola quindi alla perfezione le parti recitate a quelle cantate (naturalmente le canzoni originali). Il cast è sicuramente all’altezza: bravissimo Alex Mastromarino, nel ruolo del protagonista: nonostante qualche problema di amplificazione non si può non ammirare il timbro unico e le evoluzioni aggraziate della sua ugola, oltre alla genuina empatia che dimostra con il pubblico.
Bravi anche Marco Stabile (Tommy DeVito), Flavio Gismondi (Bob Gaudio), Claudio Zanelli (Nick Massi), che nel complesso reggono alla perfezione sia le parti recitate – grazie ad un carisma ammirevole – sia quelle cantate, pur senza arrivare (come d’altronde richiede la storia) ai livelli espressivi del collega.
Quello che proprio non ci è piaciuto sono state le gag ormai stantie, le battute ripetute all’esasperazione e l’utilizzo eccessivo degli stereotipi come leva di comicità, al punto di sfiorare il cattivo gusto: gli omosessuali effeminati, il padrino esagerato, il calabrese ignorante, la donna scema. Non mancava niente al repertorio delle banalità.
Insomma, quel cattivo gusto che fa ridere e spellare le mani al pubblico ma che, a costo di sembrare eccessivamente snob, non ci ha fatto apprezzare del tutto lo spettacolo. Non per un amore del politically correct a tutti i costi, che certo non ci appartiene, ma più per una mancata originalità che ha messo in scena cose già viste, digerite e applaudite in mille altre occasioni.
Oltre a questo, però, va detto che il resto del cast ha retto alla perfezione, dimostrando grande bravura nel far funzionare una sceneggiatura con ritmi serrati, continui cambi di scena e interpretando (in alcuni casi) diversi personaggi minori anche molto diversi tra loro.
Insomma, l’applauso più grande va sicuramente al cast.
La recensione si riferisce alla recita del 18 gennaio 2018