Al bar di una stazione ferroviaria una donna sfoglia una rivista, la gamba fasciata appoggiata sulla valigia. È notte, forse aspetta una coincidenza e deve ingannare il tempo. Sopraggiunge un uomo, irrequieto e loquace che le rivolge domande impertinenti con l’intento di coinvolgerla in una conversazione. La donna risponde a monosillabi, visibilmente seccata. Il barista porta le ordinazioni e indirizza molti apprezzamenti all’uomo, avendo riconosciuto in lui il presentatore di un quiz televisivo di successo e, invece, appella la donna con epiteti ingiuriosi ai quali lei non reagisce.
Da questo incontro accidentale sgorgano dinamiche che legano inaspettatamente i tre protagonisti.
Simone Keller, formosa e biondissima, è in permesso premio dal carcere dove è detenuta per aver ucciso, accidentalmente, il compagno. Jacques Belin è un uomo consapevole del suo fascino, attanagliato da un profondo rimorso verso la moglie, il barista sembra un trait d’union fra queste due esistenze, che lo stigma sociale pone a distanza siderale, accomunati dalle ferite di un dolore segreto.
Fastidio e imbarazzo, con l’aiuto di diversi bicchieri di alcool, man mano sfociano in un’intima sintonia alimentata da paure, angosce, sensi di colpa, sogni infranti, aspettative deluse.
Rinunciando ad andare dalla sorella, Simone segue Jacques, attratta dalla chimera di una vita borghese. Al mattino, il risveglio nel lussuoso appartamento, sbolliti i vapori dell’alcool, è all’insegna dell’amnesia: cosa ci fanno in casa questa donna appariscente e sdolcinata e un barista che serve bevande?
L’alcool è il fil rouge che, allentando pudore e ritrosia, consente di esternare ciò che viene relegato nel fondo della coscienza e che, da sobri, viene nuovamente stratificato sotto sovrastrutture personali e sociali.
La regia di Antonio Zavatteri conferisce un ritmo sostenuto agli scontri verbali, e anche fisici, dei protagonisti in questo testo di Josiane Balasko, autrice attrice scrittrice e sceneggiatrice che si è imposta nel panorama cinematografico francese affrontando temi anticonformisti.
Anna Galiena disegna una Simone di forte impatto fisico, conturbante e prorompente, punto focale dal vestito fiammante e capigliatura dorata con un profluvio di eloquio dall’accentuata cadenza romana di periferia. Un personaggio a tutto tondo che espia, soffre, ama e pretende rispetto.
Corrado Tedeschi è il vanesio, strabordante e un po’ misogino Jacques, con le physique du rôle adeguato a bilanciare il ruolo femminile. Roberto Serpi è l’onnipresente barista.
Le scene e gli appariscenti costumi sono di Laura Benzi.