da Carlo Collodi
drammaturgia Antonio Latella, Federico Bellini, Linda Dalisi
regia Antonio Latella
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
con Michele Andrei, Anna Coppola, Stefano Laguni, Christian La Rosa, Fabio Pasquini, Matteo Pennese, Marta Pizzigallo, Massimiliano Speziani
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
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Bisogna continuare a cercare la coscienza. Se c’è una coscienza. Continuare a cercarla là fuori dove c’è la gente, la gente che non ci senta, che blatera, blatera e non ascolta. Ed è proprio la coscienza uno dei perni narrativi di Pinocchio di Carlo Collodi, uno dei testi più importanti dell’Ottocento usato da Antonio Latella per creare la sua personale versione per adulti del capolavoro letterario. Con il suo Pinocchio per adulti, andato in scena all’Arena del Sole di Bologna, il regista e direttore del Festival di Teatro alla biennale di Venezia ha, come spesso accade nel suo modo di fare teatro, destrutturato completamente il testo lasciandone intatti solo gli archetipi che fungono da modelli interpretativi di alcune dinamiche umane.
Ciò che partorisce il regista è un Pinocchio che non manca di magia e incanto. Soprattutto la scenografia regala allo spettatore una visione suggestiva, con i trucioli di legno che piovono dal cielo per tutta la durata dello spettacolo, si accumulano in scena velando e disvelando personaggi che pian piano animano il palcoscenico inserito così in una dimensione onirica. Imponente, a livello visivo, è anche il tronco d’albero sospeso nell’aria, parallelo al palcoscenico che si allunga e si accorcia, viene incontro allo spettatore e simboleggia indubbiamente il naso di Pinocchio, ma non solo quello nella sua maestosità.
I personaggi che via via si susseguono sul palco, in una narrazione che seppur rivisitata segue il senso filologico dell’autore, sono quasi tutti vestiti con una tuta bianca che, al contrario di quanto vorrebbe la fiaba, non li caratterizza, ma li rende, complice l’abbigliamento anonimo, dei prototipi, delle figure che veicolano pensieri, atteggiamenti e modelli, sia positivi che negativi, usati per una riflessione sulle sfaccettature umane.
Ciò che risalta, nella drammaturgia composta da Latella assieme a Federico Bellini e Linda Dalisi, è il caotico e impacciato tentativo di questo pezzo di legno, divenuto suo malgrado burattino, di approcciarsi alla vita, di sconfiggere le paure, di osare, di aprirsi a un mondo che fa paura perché sordo e scostante, di saziare la fame, spesso menzionata dal burattino come una sorta di inappagata frenesia esistenziale.