La danza al London Coliseum inaugura il nuovo anno con due serate e tre titoli di balletto a cura dell’English National Ballet: Song of The Earth di Kennet MacMillan, Le Jeune Homme et la Mort di Roland Petit e La Sylphide, ripetuta a corredo in entrambe le recite.
Song of the Earth è forse uno dei titoli più famosi e rappresentativi di MacMillan, da lui stesso definito il primo balletto per cui ritenersi veramente soddisfatto.
Nuovo ingresso nel repertorio della compagnia, vede protagonisti un trio di danzatori: un Uomo, una Donna e un’enigmatica figura mascherata, un angelo che ricorda l’onnipresenza della morte.
Tamara Rojo è la Donna. La sua danza è intensa e stravolgente, precisa dal punto di vista tecnico ed emotivamente molto toccante. L’interpretazione delle figure maschili, tuttavia, non risulta alla sua altezza. L’angelo della morte di Fernando Carratalà Corona è debole sia tecnicamente sia a livello interpretativo, tanto che le sue apparizioni nelle 6 songs di cui è composta la pièce passano quasi inosservate. Joseph Caley regala una performance migliore ma ancora poco toccante rispetto all’intensità della Rojo. Al di là della danza, quel che colpisce è la musica: la portata emotiva della partitura di Gustav Mahler è ben arricchita dalle voci del contralto Rhonda Brown e del tenore Samuel Sakker, accompagnate dalla English National Ballet Philarmonica.
Vediamo Tamara Rojo impegnata anche in Le Jeune homme et la mort di Roland Petit e anche in questa occasione regala una performance ben riuscita. Il ruolo della femme fatale risulta congeniale alla direttrice dell’English National Ballet: sensuale e spietata conduce il giovane Ivan Vasiliev al tragico finale a vigorosi colpi di punta. Vasiliev, al suo fianco, regala una prova di angoscia e magnetismo, tecnicamente buona e ricca dell’impeto che lo contraddistingue.
A corredo dei primi due titoli, vediamo in entrambe le serate un classico, La Sylphide di August Burnonville, che possiamo definire un cavallo di battaglia della compagnia. Vari, infatti, sono i titoli del coreografo danese in repertorio e numerosi sono anche i ballerini di nazionalità danese in corpo di ballo. La Sylphide è il titolo più noto di Bournonville e ne rappresenta a pieno lo stile: veloci giochi di piedi, port des bras, épaulements, movimenti ampi e coreografici sono ben interpretati dal corpo di ballo. Buoni i cast in scena (Alison McWhinney, Jurgita Dronina nella Sylphide, Aitor Arrieta e Isaac Hérnandez nel ruolo di James), ma discutibile (e rindondante) la scelta di riproporre lo stesso titolo a fianco di due produzioni diverse, a poca distanza una dall’altra.
Applausi meritati per la compagnia, impegnata nelle ultime recite fino al 20 gennaio.
Letizia Cantù