Il Medioevo scuro della fine del XV secolo, l’Inquisizione, una comunità di monaci benedettini e una serie di misteriosi ed efferati delitti su cui è chiamato a indagare il coltissimo francescano, l’investigatore Guglielmo da Baskerville: sono questi gli inconfondibili elementi de Il nome della rosa di Umberto Eco, uno dei più celebri romanzi del secondo Novecento che ha fatto la storia della letteratura e che adesso arriva anche a teatro nella prima versione Stefano Massini con la regia e l’adattamento di Leo Muscato e che sarà in scena al Teatro Argentina di Roma dal 23 gennaio al 4 febbraio 2018.
Best seller tradotto Premio Strega nel 1981, tradotto in 47 lingue, Il nome della rosa è un capolavoro di infiniti sensi di lettura e di misteri che ha conosciuto un’ottima trasposizione cinematografica con l’omonimo film del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud con Sean Connery maturo e affascinante nel ruolo di Guglielmo e un giovanissimo Christian Slater in quelli di Adso.
“Dietro un racconto avvincente e trascinante, il romanzo di Umberto Eco nasconde una storia dagli infiniti livelli di lettura; un incrocio di segni dove ognuno ne nasconde un altro” spiega Leo Muscato nell’approccio alla regia della prima versione teatrale di un capolavoro, (prodotta Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Genova e Teatro Stabile del Veneto, in accordo con Gianluca Ramazzotti per Artù e con Alessandro Longobardi per Viola Produzioni, realizzata con il sostegno di Fideuram) che ha tutte le caratteristiche di una produzione importante. Un lavoro importante con un cast di grandi interpreti, tredici attori per quaranta personaggi per un giallo dal ritmo serrato e affascinante su uno sfondo storico-politico-teologico.
Luigi Diberti interpreta il vecchio Adso, voce narrante sempre in scena che rievoca la vicenda, Luca Lazzareschi è Guglielmo da Baskerville, Giovanni Anzaldo è il giovane Adso, Bob Marchese è l’anziano Jorge da Burgos, Eugenio Allegri è l’eretico Ubertino da Casale, francescano e Bernardo Gui, inquisitore.
Massini, fra i più quotati drammaturghi della scena nazionale e internazionale, che ha curato anche l’adattamento di Lehman Trilogy, ultima regia di Ronconi (e in scena proprio all’Argentina), porta al centro della versione teatrale, il fulcro del romanzo: non è la fede che viene messa in discussione, ma sono i due diversi modi di concepirla nella lotta senza esclusione di colpi di chi si crede in possesso della verità e agisce con tutti i mezzi per difenderla (Jorge da Burgos) e chi invece concepisce la verità come la libera conquista dell’intelletto umano (Guglielmo).
“La struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale. Vi è un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni singola giornate in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento (Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta) – continua Muscato – Ogni capitolo è introdotto da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione non è focalizzata da cosa accadrà, ma dal come”.
Una modalità che richiama Brecht e lo straniamento conservato da Muscato per uno spettacolo affascinante che alterna alle musiche originali i canti gregoriani ponendo al centro dello spettacolo “la dimensione del ricordo del vecchio Adso” che per Muscato diventa la struttura portante dell’intero impianto scenico di Margherita Palli concepito come una scatola magica in continua trasformazione che evoca i diversi luoghi dell’azione: una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa”.
Dopo Roma, la tournée de Il nome della rosa continua in tutta Italia fino al 25 marzo toccando Padova, Verona, Venezia, Udine, Carpi, Ferrara, Bologna, Trento.
Info 06.684.000.311/314 – www.teatrodiroma.net.