Mentre al Teatro Municipale di Piacenza si replica con “Cenerentola”, il successo dell’opera rossiniana, a sipario alzato, tra divertimento e incanto, il Teatro Ponchielli di Cremona promuove a pieni voti le giovani promesse dell’Accademia del Teatro alla Scala, con la fiaba per antonomasia Cenerentola, sul lirismo musicale del compositore Sergei Proko’fev.
La prestigiosa Accademia scaligera, presieduta da Alexander Pereira, si avvale nello specifico spettacolo della coreografia di Frédéric Olivieri, già Direttore della Scuola e attualmente del Corpo di Ballo.
Lustri infiniti ha decretato il Dipartimento della danza del teatro meneghino fin dal 1813, fondata da Francesco Benedetto Ricci, come “Imperial Regia Accademia di Ballo”, approdando oggi, al considerevole numero di iscritti di 165 allievi su 12 agli esordi.
La dura ed accurata selezione conduce in un cammino didattico, pedagogico, educativo, la cui formazione di studio, sviluppato in 8 anni, dagli 11 ai 18 anni, portano gli allievi nel pieno dello sviluppo dell’individuo in età evolutiva, ad imparare un mestiere complesso ed articolato, quale è l’essenza dell’arte tersicorea.
La freschezza dell’età degli allievi scaligeri, gioca a favore dell’interpretazione narrativa della fiaba calzante come vorrebbe il tema svolto da Charles Perrault, ma il racconto della favola russa, riflette su un aspetto molto più realista nell’atto del suo concepimento.
La musica composta tortuosamente da Proko’fev, tra il 1940 e il 1944, in piena invasione nazista, vuole essere un omaggio in tre Atti, alla tradizione russa, di metà ‘800. Un verismo palpabile palesa evidente il leitmotiv della protagonista Cenerentola: nel primo atto schernita, nel secondo il personaggio è onirica e sognatrice e nel terzo atto sprizzante di felicità.
Cenerentola. Una vittoria conquistata. Un ceto sociale estinto, come quello usurpatole dalle sorellastre, paragonabile al conquistatore in guerra. Una donna vera capace di cambiamenti emotivi dettati dalla realtà contingente. Un rispecchiamento conscio della situazione storica in essere di quel tempo.
La novità che apporta Frédéric Olivieri è di realizzare in due Atti la scrittura coreografica, modellandola sulle capacità tecniche ed interpretative di ogni singolo personaggio e/o ruolo di insieme, per i cento e oltre, Allievi coinvolti sul palcoscenico in divenire.
L’operazione di scrittura coreografica di Olivieri, si veste di un ruolo più pertinente alla sfera di presentazione delle giovani e future leve del balletto accademico classico scaligero, proiettate ad esibire, virtuosismi, fouettés, tour en l’air, pirouette, épaulement, appresi in tanti anni ed ore di studio.
La freschezza giovanile con cui i personaggi si caratterizzano in scena, non si dichiarano “en travesti”, ma bensì attraverso l’accentuazione reale della personalità degli stessi Allievi. Per cui, con atteggiamento principesco, questi giovani del terzo millennio, hanno saputo dimostrare, bravura e leggerezza al contempo, nutrendo quel sentimento romantico che aleggia nell’aria sempre più raramente manifesto nelle generazioni attuali.
Poco importa, quindi, se alcune lievi sbavature hanno colorito l’insieme dell’esecuzione, a cui il tempo, darà ragione di forgiare con tenacia nuove étoile. Una lettura del coreografo, adatta ad accompagnare tutti gli Allievi ballerini, verso un futuro scandito simbolicamente dal tempo di un grande orologio che aleggia sopra le teste nell’atmosfera scenografica.
Una metafora del viaggio, per incontrare culture altre, tra odalische e spagnole, con il pretesto di fare calzare una semplice scarpetta, oggetto/soggetto in proscenio, guizzante trovata del coreografo, nel passaggio di scrittura del movimento, più incline allo stile contemporaneo.
Il taglio prospettico delle sole gambe delle ballerine, ammiccano un dialogo narrativo seducente pudico, a ragion del vero, di un mondo ancora incontaminato, in contrasto con l’attualità dei fatti di cronaca imperanti, al centro della quale la Donna/principessa è vittima del suo carnefice/principe.
Il Progetto commissionato dalla Fondazione Bracco, si è avvalsa del “trucco e parrucco” degli abilissimi artisti della Accademia del Teatro alla Scala, con le scene luminose di Angelo Sala, i costumi caratteristici di Maria Chiara Donato e le luci fiabesche di Andrea Giretti.