ispirato a Il Gabbiano di A. Cechov
ideazione e regia Stefano Cordella
con Francesco Meola, Camilla Pistorello, Umberto Terruso, Dario Merlini, Dario Sansalone, Camilla Violante Scheller, Daniele Crasti, Fabio Zulli
produzione Oyes con il sostegno di NEXT – con il sostegno di Armunia- Centro di Residenze Teatrali
spettacolo vincitore di Next 2017-2018, bando di Regione Lombardia e Agis per la produzione e distribuzione delle giovani compagnie
un sentito ringraziamento a Maurizio Porro
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Un funerale, quello di Arkadina, la celebre protagonista del Gabbiano, il capolavoro di Cechov, dà inizio a: Io non sono un gabbiano, una drammaturgia originale, frutto del lavoro di scrittura della Compagnia Oyes, che si confronta per la seconda volta con un testo dell’autore russo, dopo il successo di Vania. Un inizio sconcertante per uno spettacolo che utilizza l’artificio del “teatro nel teatro” per raccontare la vicenda cechoviana (ma, d’altra parte, Il Gabbiano non è forse il più metateatrale dei testi di Cechov?).
Durante il funerale di Arkadina le orazioni dei presenti assumono l’aspetto di performance artistiche, dato che quasi tutti i partecipanti sono, o si sentono, artisti o aspiranti tali: dal logorroico maestro Medvedenko, sedicente stand-up comedian a tempo perso, a Nina e Kostja. Lei sogna di raggiungere la fama come attrice, lui è ossessionato dalla ricerca di “forme nuove” nel teatro e nella vita. Quello che comincia come un omaggio sotto forma di monologo da parte di Nina viene però improvvisamente interrotto da Kostja che si “mette a nudo” nello sconcerto dei presenti. Solo Dorn, dottore emotivamente “anestetizzato” dalla razionalità, ha parole d’elogio per il gesto provocatorio. Toccherà a Trigorin, famoso scrittore, ristabilire l’ufficialità della situazione con un commovente discorso dedicato alla defunta compagna.
Dopo il funerale, la vita procede tra amori non corrisposti e chiacchiere vane. Masha accetta di sposare Medvedenko e, durante il matrimonio, tutti i personaggi si ritrovano nuovamente, “felici”, come fa notare lo sposo in un discorso per le nozze che trasuda sconfitta e tristezza. Apparentemente tutti hanno realizzato i propri sogni: Nina è un’attrice professionista, Kostja ha raggiunto la fama al prezzo della propria libertà creativa, gli sposi si baciano. Evviva gli sposi. Eppure tutti sono spenti, soli, forse morti. Nell’aria ora si sentono le note di “Felicità” di Albano e Romina, al posto del requiem iniziale, ma la differenza è impercettibile.
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Note di regia
“Una commedia con poca azione e un quintale d’amore” così Anton Cechov presenta il Gabbiano al suo editore Suvorin. Nella nostra rivisitazione del classico cechoviano è sempre l’amore a dominare le relazioni e i conflitti tra i personaggi, un amore inquinato dal bisogno di essere considerati e apprezzati, tra narcisismo e rappresentazione, un amore performativo che reclama attenzione e originalità.
“Sono necessarie forme nuove, e se non ce ne sono allora niente è necessario” questo è l’assunto che muove Kostia. Il giovane artista prova a sganciarsi dalle convenzioni di cui la madre è simbolo sgretolando i confini tra finzione e realtà con una sovrapposizione di piani che stravolge qualsiasi rapporto interpersonale. Ogni personaggio è pedina più o meno consapevole di questa dinamica e tutto diventa performance: dalle più semplici e “banali” dichiarazioni d’amore al momento della morte, ultimo grande show.
Sembra che i personaggi di questa commedia facciano di tutto per non essere felici, come se ci fosse una inesorabile tensione al fallimento. I pochi che provano a togliersi la morte di dosso risultano patetici, ridicoli o si scoprono già morti. Non sarà né il successo né l’illusione di una vita migliore a salvarli dalla melma in cui galleggiano. Forse solo la consapevolezza, la capacità di sopportare una vita infelice, mettendo da parte quei sogni di gloria così tremendamente vivi in gioventù.
Un quadro spietatamente tragicomico di una società devitalizzata senza azione e senza speranza.
“Voi rimproverate la mia obiettività” scriveva Cechov a Suvorin “la chiamate indifferenza al bene e al male, mancanza di ideali e via dicendo. Vorreste che, descrivendo i ladri di cavalli, dicessi “rubare è male”. Ma questo è già noto anche senza di me. Per condannarli ci sono i giudici, a me spetta di mostrarli come sono e basta”.
Stefano Cordella
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Teatro Menotti dal 15 al 18 febbraio 2018
Io non sono un gabbiano
Da Anton Cechov | ideazione e regia Stefano Cordella | con Francesco Meola, Camilla Pistorello, Umberto Terruso, Dario Merlini, Dario Sansalone, Camilla Violante Scheller, Daniele Crasti, Fabio Zulli |disegno luci Giuliano Almerighi | sound design Gianluca Agostini |costumi Stefania Coretti e Simone Pisani |assistente alla regia Noemi Radice | organizzazione Valeria Brizzi
produzione Oyes con il sostegno di NEXT – Laboratorio di idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo – con il sostegno di Armunia– Centro di Residenze Teatrali
un sentito ringraziamento a Maurizio Porro
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ORARI DEGLI SPETTACOLI
Giovedì, Venerdì: h. 20.30 | Sabato: h. 19.30 |Domenica: h. 16.30
biglietto unico 16,50€
Biglietteria Teatro Menotti – via Ciro Menotti 11 – Milano
tel. 02 36592544
biglietteria@tieffeteatro.it