Il cambiamento necessario è talmente profondo che si dice sia impossibile, talmente profondo che si dice sia inimmaginabile. Ma l’impossibile arriverà e l’inimmaginabile è inevitabile.
(Manifesto Animalista, Paul B. Preciado)
Il 24 febbraio è andato in scena al Teatro Morelli di Cosenza, per il progetto MORE, lo spettacolo MDLSX di Motus.
Più che uno spettacolo una performance teatrale, un monologo sincopato, innovativo e di denuncia, così di impatto da dare quasi fastidio, una lunga video performance mescolata alla danza teatro.
Sul palco, da sola, Silvia Calderoli, bravissima interprete di un manifesto politico e di genere sulla sua personale ricerca di affermazione sessuale. (Gli appassionati si ricorderanno di lei per l’interpretazione della protagonista de “La leggenda di Kaspar Hauser”, di Davide Manuli -2012-).
Silvia con la sua fisicità androgina impersonifica sè stessa, e si racconta dando quasi sempre le spalle al pubblico, ma riprendendosi frontalmente con una piccola telecamera che proietta la sua immagine su uno schermo sul palco. Alla platea regala una visione in istero, simultanea, offrendo una doppio punto di vista.
Ci accompagna nella sua vita, dall’infanzia alla scoperta di sè stessa e all’affermazione della nuova sé, tramite video privati della sua famiglia, scherzi col fratello e balli con il padre, tramite accenni alla letteratura contemporanea e ai miti greci (Judith Butler, Pasolini, Donna Haraway, Paul B. Preciado e altri frammenti di manifesti queer e teorie sul genere, il mito di Ermafrodito e il conflitto tra Apollo e Dioniso). Mezzo di comunicazione per eccellenza è però il suo corpo, la sua fisicità.
Il corpo, nudo, si mostra al pubblico, al mondo, per ciò che è, e non per quello che la società richiede di essere. È un corpo svestito, coraggioso, umiliato, costretto, denudato, toccato, violato. Dal pubblico giunge un commenti “è una visione lirica della nudità”, un nudo provocatorio, disperato, straziato e di denuncia, mai volgare, pur mimando atti osceni e quotidiani.
Silvia Calderoli veste i panni in questa occasione di attice, performer, monologhista, dj, vj e confidente.
MDLSX è ordigno sonoro, inno lisergico e solitario alla libertà di divenire, al gender b(l)ending, all’essere altro dai confini del corpo, dal colore della pelle, dalla nazionalità imposta, dalla territorialità forzata, dall’appartenenza a una Patria. Di “appartenenza aperta alle Molteplicità” scriveva R. Braidotti in “On Becoming Europeans”, avanzando la proposta di una identità post-nazionalista… Ed è verso la fuoriuscita dalle categorie – tutte, anche artistiche – che MDLSX tende. È uno “scandaloso” viaggio teatrale di Silvia Calderoni che – dopo 10 anni con Motus – si avventura in questo esperimento concepito nel formato di un eccentrico Dj/Vj set.
È uno spettacolo fortemente emozionale su che cosa possa intendersi come identità quando le definizioni sembrano non comprendere ciò che si è davvero, quando l’immagine sociale dominante o più semplicemente codificata, ci va stretta.
Silvia Calderoni si racconta, si confida con disperata passione, con il corpo, con la voce, con la gestualità, con il ritmo febbrile delle sue parole e dei suoi gesti, con la musica – l’ansia di fare di due cose una cosa sola, l’ansia di essere due e uno solo. Ci racconta di sé, dello “scandalo” familiare, dei rapporti con il fratello, dei rapporti con l’LSD, della fuga americana, delle esperienze al limite, della trasformazione in ragazzo con un taglio di capelli, dell’esibizione per guardoni, dentro un grande contenitore d’acqua. È una serie di emozioni indotte, tutte fortissime e inquietanti.
Come sempre negli spettacoli dei Motus (con la regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò) il linguaggio teatrale è misto: parola, presenza dell’attore, movimento, musica, filmati a suggerire una profondità.
Il concetto “MDLSX” viene da “Middlesex”, romanzo dello statunitense Jeffrey Eugenides, premio Pulitzer 2003: storia di Calliope (successivamente Cal), ermafrodito, nato maschio in corpo di donna, e delle sue peripezie, dagli esami medici per l’accertamento del genere, alla fuga, dalle umilianti esibizioni in locali burlesque, al ritorno a casa, tra autostop e stazioni di polizia.
La colonna sonora è eccezionale espazia da Smiths, a Smashing Pumpkins, Vincent Gallo, R.E.M e Yeah Yeah Yeah.
Un’esperienza imperdibile. Da vedere.