Un tripudio di applausi e ovazioni accoglie la fine della prima de La Bohème, nuova produzione del Comunale di Bologna per On 2018, la stagione di musica promossa dallo stesso Teatro Comunale. L’allestimento dell’omonima opera in quattro quadri di Giacomo Puccini è stato affidato al regista Graham Vick con la direzione d’orchestra di Michele Mariotti.
Vick sembra attingere molto dalla vita universitaria bolognese, visto che l’opera viene trasposta al tempo d’oggi, dove in un vecchio palazzo vive una compagnia di giovani squattrinati alle prese con vino, libri, biciclette e soprattutto la mancanza di generi di prima necessità. È l’appartamento per così dire “arrangiato” e fatiscente a far da sfondo al fortuito incontro fra Rodolfo (il tenore Francesco Demuro), giovane poeta e sognatore e Mimì (il soprano Mariangela Sicilia), dolce e malinconica fanciulla appassionata di fiori. La candela di lei si spegne e nel buio Rodolfo prende la mano di Mimì cantando la celebre aria Che gelida manina. La bella vita del Quartiere Latino rivive nel quadro del Cafè Momus, immaginato dal regista come un grande bar all’aperto, luogo di incontri e scontri, come quello che avviene tra il geloso Marcello (il baritono Nicola Alaimo) e l’esuberante Musetta (il soprano Hasmik Torosyan). Che Vick si sia ispirato alla vivace Piazza Verdi a Bologna? Crocevia di studenti, spazio festaiolo a cielo aperto in cui giorno e notte sembrano confondersi. Ambientazione opposta nel terzo quadro, dove la notte e il mistero regnano sovrani fra tipi loschi appostati dietro gli angoli di strade scure e inferriate che non impediscono la vista: Mimì, nascosta dietro una porta, viene a sapere il vero motivo per cui Rodolfo vuole lasciarla. Il giovane ragazzo non sopporta l’idea di perderla a causa della malattia che la sta consumando e, sentendosi inadeguato a prendersi cura di lei, vorrebbe lasciarla libera. Mimì esce allo scoperto e i due decidono di stare insieme per il lungo inverno, almeno fino alla calda primavera. Il quarto e ultimo quadro si riapre sul fatiscente appartamento di Rodolfo e Marcello che, non riuscendo a lavorare per il caldo e per gli struggenti pensieri d’amore, ricordano i bei tempi passati con le rispettive fidanzate. Musetta irrompe improvvisamente, trascinandosi Mimì per le scale: la ragazza, con le ultime forze che le restano, è decisa a morire accanto all’amato Rodolfo. I suoi ultimi attimi sono scanditi dal terrore negli occhi e nelle azioni di chi le rimane accanto, o meglio di chi non le rimane accanto.
Vick sceglie di far morire Mimì sola: Rodolfo, Marcello, Musetta e gli altri sono nell’appartamento con lei, ma è come se si estraniassero dalla situazione penosa a cui assistono. Anche l’innamorato sembra quasi volersi svegliare da un incubo, sembra voler fuggire davanti la tragedia che si compie sotto i suoi occhi. Interessanti e azzeccate le scelte registiche di Vick, perfettamente in linea con i contenuti dell’opera nonostante l’attualizzazione della stessa in un contesto dove gli spettatori possono facilmente riconoscersi.
Nel lavoro di allestimento, sicuramente grande peso è stato dato alla recitazione dei protagonisti, curata nei minimi dettagli che rendono le sfumature dei giovani meravigliosamente umane: la sensibilità dietro l’appariscenza di Musetta, la fragilità dietro la gelosia di Marcello, l’impotenza dietro la rabbia di Rodolfo e la paura di morire dietro la dolcezza di Mimì.
Un riallestimento in chiave contemporanea di una delle opere più rappresentate al mondo, una sferzata di energia donata con maestria e intelligenza.