L’assolo di un maestro, di un solista che si tramuta in oltre 50 personaggi, in un viaggio nella magia della poesia con l’ausilio della tecnologia. Caposcuola assoluto di quick change è l’eclettico trasformista da Guinness dei Primati che ha ammaliato milioni di spettatori.
Viaggia sulle ali dei ricordi custoditi nella casa dell’infanzia, mondo fatato grondante sogni e fantasia. Una scatola di cartone cela una casetta in miniatura, con sette stanze di cui svela l’interno con l’aiuto di una telecamera che proietta le immagini sul fondale. L’ultima no, è inaccessibile e intima, è la stanza dell’inconscio.
All’aprirsi di ogni porta, la meraviglia investe il poliedrico artista che diventa folletto di un universo fiabesco, di luci multicolori, in cui tutto è possibile: apparire e sparire, volteggiare, passare attraverso pareti, materializzarsi dalle pagine di un libro pop up, indossare abiti su cui si riflette l’infinito. Tutto ciò è reale nei sogni infantili e diviene realizzabile su un palcoscenico con l’ausilio del prodigioso video mapping, la tecnologia multimediale che proietta immagini su supporti creando illusioni ottiche.
Dalle magie del mago Silvan che il piccolo Arturo osservava sul televisore in bianco e nero del soggiorno si viene catapultati in una girandola di grandi illusionisti della storia e dei fumetti come Mandrake, Houdini, Merlino, col contributo dell’assistente di scena Kevin Michael Moore che fruga all’interno della casa e tra gli onirici ricordi di bambino.
La vita si tramuta in sogno e il sogno prende vita, attraverso il gioco della meraviglia.
Il bagno vede il susseguirsi delle stagioni veloci come lampi di colori, la vita trascorsa a ritmo accelerato che tramuta il fanciullo della primavera nel vecchio canuto dell’inverno. Dalla stanza della musica balzano Pavarotti, Madonna, i Beatles, Freddy Mercury, Elvis Presley, Michael Jackson, Edith Piaf con il loro ampio repertorio di musica e costumi.
“È una casa senza luogo e senza tempo -spiega- abitata solo dai miei personaggi, i miei sogni e le mie sorprese, è un luogo magico dove il sopra diventa sotto e le scale scendono per poi salire. Perché è la realtà immaginata quella che ci rende più felici”.
È veloce come la luce nella sceneggiata partenopea in cucina per il pranzo di nozze, con gli sposi, le suocere e il cuoco che entrano ed escono scambiandosi battute in napoletano.
Dal mondo delle fiabe emergono Cappuccetto Rosso che sbuca fuori dal lupo, Biancaneve, la Regina delle nevi, Peter Pan, Aladdin e poi i personaggi delle serie tv Happy Days e Star Trek.
In una calibrata mescolanza di trasformismo e illusionismo si inseriscono i delicati giochi di luce delle ombre cinesi e la chapeaugraphie in cui manipola “il cappello del nonno” scovato nel solaio, un disco di feltro con un buco al centro, facendogli assumere diverse fogge che suggeriscono le sembianze di una ventina di personaggi.
Funambolico, fantasmagorico, fulmineo, vola tra mondi fantastici e figure reali in una sequenza ininterrotta, fino a interagire con la propria ombra che, a volte, si rifiuta di assecondarlo e si distacca da lui, animata di vita propria sul ledwall.
Un cielo soleggiato si trasforma in una casa in campagna sulla quale si materializza la silhouette del volto con il ciuffo in un artistico e veloce sand painting (arte di disegnare con la sabbia). E, infine, la stanza segreta, la cui porta non si lascia forzare proiettandolo nel turbine di luci di un cono di raggi laser dentro il quale vorticano l’artista e l’ombra, in una dualità che si fonde nell’incantesimo dell’impalpabile incorporeità che fa volare in una dissolvenza di polvere di stelle.
Surreale e poetico, fantastico e visionario, fonde fantasia, cultura e emotività in un eterno presente.