La commistione e l’indagine sulle differenze linguistiche fra il cinema e il teatro rappresentano la chiave di lettura scelta da Luca De Fusco nella nuova regia di Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello che torna in scena dal 6 al 8 febbraio al Teatro Argentina di Roma inserito nella sezione, Storie di famiglia.
Ma come rinnovare il più celebre dei drammi del Premio Nobel di Girgenti, fra i più rappresentati di sempre?
De Fusco ha avuto l’intuizione di trasformare i sei personaggi da fantasmi a visioni che escono direttamente dal grande schermo creando una sorta di duplice spettacolo, non solo cinematografico, ma anche teatrale: escamotage che segue un percorso del suo percorso di contaminazione già inaugurato nel 2010 con “Vestire gli ignudi”.
Il regista però strizza palesemente l’occhio anche a Woody Allen e al suo inimitabile La rosa purpurea del Cairo dove il personaggio principale diventava reale uscendo dallo schermo, ma i suoi Sei personaggi diventano soprattutto l’occasione per indagare sulla contaminazione fra il linguaggio teatrale e il linguaggio cinematografico.
I Sei personaggi escono stavolta dallo schermo chiedendo al capocomico di turno di far sfociare il cinema nel teatro e raccontare la loro storia fra luci chiaroscurali di Gigi Saccomandi che illuminano in modo diverso i “personaggi” amplificando la loro diversità e costumi che spaziano dagli anni ’30 agli anni ’60 e invocando la verità della loro storia contro la falsità degli attori in scena.
«Sei personaggi in cerca d’autore è forse il più importante testo teatrale del Novecento. Anticipa l’arte concettuale, l’esistenzialismo, lo straniamento, rompe lo schema secolare della finzione naturalistica – spiega De Fusco parlando della produzione realizzata dal Teatro Stabile di Napoli e dal Teatro Nazionale e Teatro Stabile Di Genova – Questi sei personaggi che provengono da un altro mondo e che non perdono occasione di sentirsi rinfacciata dal capocomico la irrappresentabilità della loro storia mi sono subito apparsi come gli attori di Woody Allen che escono dallo schermo dato che la loro vicenda, così piena di ricordi, di visioni, di particolari di splendente importanza mi ha subito fatto pensare ad una trama che si presta ad essere rappresentata più attraverso l’occhio visionario del cinema che tramite quello più concreto del teatro. Ho inoltre cercato di dare ai sei personaggi ciò che chiedono invano al regista”.
L’approccio a metà strada fra il teatro e il cinema intrapreso da De Fusco che ha sempre avuto un debole per le proiezioni o i raddoppiamenti dei personaggi negli schermi o nelle riprese dei primissimi piani anche nelle recenti regie sui lavori di Shakespeare, rifiuta invece il naturalismo che didascalie e note del testo pirandelliano indicavano: quindi non ci saranno arredi da palcoscenico, ma tutto sarà inserito in un clima più sobrio, con un maestoso muro sistemato sul fondo della scena (di Marta Crisolini Malatesta, come i costumi) che sarà lo schermo da cui usciranno i personaggi guidati da Eros Pagni, che interpreta il Padre. In scena fra gli altri, anche Gaia Aprea, la figliastra che torna ancora a collaborare con De Fusco, Maria Basile Scarpetta che interpreta la madre, Angela Pagano nel ruolo di Madama Pace, Paolo Serra che interpreta il Direttore–Capocomico.
Fra gli spettacoli inseriti fra Le storie di famiglia anche Mi sa che fuori è primavera, dal testo di Concita de Gregorio, regia di Giorgio Barberio Corsetti, Macbettu, Antigone, Il Sindaco del Rione Sanità. Biglietti da 40 € a 12 €, orari, martedì e venerdì ore 21, mercoledì e sabato ore 19, giovedì e domenica ore 17, info 06.684.000.311/314 – www.teatrodiroma.net.