Sono almeno 20 le edizioni de La Sonnambula di Vincenzo Bellini andate in scena nel corso degli anni al Teatro dell’Opera di Roma, un’opera che figura anche nel cartellone della prima stagione del Costanzi del 1881, interpretata via via da grandi protagonisti segnando anche l’evoluzione della messa in scena.
Ma se ogni nuovo allestimento della Sonnambula costruisce un un nuovo tassello di questa lunga e ininterrotta liaison, rappresenta anche una scommessa, perché uno dei capolavori del belcanto italiano nata dal genio catanese, è molto difficile musicalmente se non addirittura insidiosa, vista l’esilità della drammaturgia. E stavolta il Costanzi risolve scommettendo su una dimensione che mette in primo piano il sottile confine fra la dimensione fiabesca e reale della vicenda con un nuovo allestimento de La Sonnambula che va in scena dal 18 febbraio e che arriva dal Teatro Petruzzelli di Bari dove ha debuttato con successo pochi anni fa.
Per La Sonnambula “romana” si riunisce quindi un trio di protagonisti ormai di casa nel teatro capitolino. La regia è curata con fantasiosa intelligenza da Giorgio Barberio Corsetti, uno dei migliori registi di prosa e lirica in circolazione che riesce sempre a sorprendere (ma con giudizio e senza trovate grossolane o gratuite) reduce da un delizioso Fra Diavolo proprio al Costanzi con le scene realizzate per la prima volta in stampanti 3D.
Sul podio torna il direttore d’orchestra Speranza Scappucci, romana, e già applaudita un anno da con il mozartiano Così fan tutte (allora affidato all’estro di Vick) che sta collezionando successi in una carriera internazionale, fra Vienna e Barcellona e che per l’occasione proporrà “un’edizione praticamente integrale, eccetto un taglio nel primo atto, previsto anche da Bellini” per quello che sarà “un atto di coraggio” come sottolineato dal direttore artistico Vlad.
E se l’Opera sembra ormai non rinunciare più a rinunciare al suo titolo di bel canto in ogni stagione, dopo la Lucia di Lammermoor, la Linda di Chamounix e la Maria Stuarda dello scorso anno, La Sonnambula si affida alla voce e alla personalità di Jessica Pratt, fuoriclasse australiana, intensa e brillante interprete del melodramma italiano che si confronta con uno dei cavalli di battaglia della divina Callas confermando che per questa edizione si è partiti proprio dal valore assoluto del cast.
“La Sonnambula è un’opera molto difficile che è stata interpretata a cantanti molto diverse nel corso degli anni, inclusa la Callas anche se oggi si predilige un peso vocale più leggero – spiega Vlad – Jessica Pratt è perfetta, ma anche il ruolo del tenore è di forte musicalità e fraseggio e Zanellato ritorna un ruolo delle origini dopo anni di ruoli verdiani. Anche il Coro, praticamente il quinto personaggio, è sempre in scena e accompagna tutte le arie e i duetti”.
Sulla carta sono molti gli elementi interessanti sull’ennesima, attesa edizione dell’opera di Bellini, attesa soprattutto dagli amanti del belcanto: dell’edizione praticamente integrale che viene proposta, alla reinterpretazione della drammaturgia come storia di formazione e iniziazione.
“Non è la prima volta che dirigo la Sonnambula, l’ho già diretta a New York, ma provo un’emozione particolare nel dirigerla del teatro della mia città cui sono legata da molti ricordi – esordisce Speranza Scappucci che torna sul podio romano – Amo molto la Sonnambula, la prima opera che ho visto in vita mia qui a Roma, e che considero la più difficile delle opere di Bellini. Musicalmente richiede voci che devono essere al top e Jessica è una stella del canto. Apparentemente la partitura sembra molto semplice, ci sono poche note da cui si deve creare un mondo e gli accompagnamenti non sono mai tali. Mi sono concentrata molto sui recitativi, perché ogni accordo mantiene un suo colore e una sua parola. Con i cantanti e con l’orchestra ho cercato di puntare molto sull’atmosfera, di ricreare l’atmosfera notturna cercata da Bellini puntando ad esempio sui pianissimo quando entra il fantasma”.
Cresce l’attesa per la regia di Giorgio Barberio Corsetti, mai banale, sempre sorprendente, che non rinuncia mai a un tocco ironico e di leggerezza confrontandosi con opere molto diverse e che per questo celeberrimo melodramma in due anni, punta sulla dimensione onirica.
“L’utopia del regista è di mettere in scena la musica, ma è impossibile e allora si deve partire dalla musica rispettando il suo andamento – annuncia Barberio Corsetti spiegando l’approccio all’opera realizzata con le scenografie Cristian Taraborrelli – La Sonnambula sarà una storia di formazione di passaggio dall’infanzia alla maturità: Amina è una trovatella, un personaggio luminoso e splendente. Viene tacciata di essere una traditrice e non viene creduta, Elvino torna a lei dopo averla ripudiata. Amina da bambina diventa donna in quella che è una storia di iniziazione. Apparentemente la Sonnambula sembra un’opera molto semplice, ma contiene una parte misteriosa e segreta legata al sonno che Freud definirà come perturbante, qualcosa che mette in uno stato di disagio interiore”.
Ma ogni possibile elemento tragico e ogni ombra nel libretto “viene allontanato con grazia” ricorda il regista “dalla musica soave di Bellini”.
Dimenticate le montagne della Svizzera del libretto di Felice Romani, Giorgio Barberio Corsetti opta per la rappresentazione di un mondo tutto interiore con un “sonno” della Sonnambula che non è una “condizione passiva, ma vi succedono delle cose perché l’inconscio vi è in qualche modo attivo” recuperando il concetto del sonnambulismo, fra veglia e sonno tanto caro al romanticismo.
“Anche il luogo in cui la vicenda si volge non appartiene alla realtà ma è totalmente immaginario, non è veramente la Svizzera di cui si dice nel libretto. Anche il tempo è irreale, sospeso, indeterminato: io ho scelto l’Ottocento, perché volevo un tempo lontano da noi, ma non troppo lontano” continua il regista che ha scelto tra diversi livelli di racconto che si concretizzano nella scenografia.
“Il racconto procede su tre dimensioni, quella reale, rappresentata da mobili di dimensioni normali; quella delle bambole che amplificano i sentimenti dei personaggi nelle loro piccole dimensioni; quella del formato gigante con le montagne della Svizzera sostituite da mobili enormi, oggetti amplificati dalla che rappresentano il mondo immaginario e infantile di Amina” spiega il regista che ha voluto concretizzare la sensazione di come gli oggetti visti nell’infanzia appaiano più grandi della realtà.
Si aggiunge poi un quarto punto di vista, le immagini bellissime e poetiche di Gianluigi Toccafondo, artista legato all’Opera di Roma, che si muovono, che possono essere solo dei colori quasi materici oppure le classiche figure oniriche che sembrano interagire con il racconto”.
Dopo Lucia di Lammermoor e Linda di Chamounix, Jessica Pratt, è Amina, “il primo personaggio che ho portato qui a Roma cui sono molto legata” ricorda l’artista australiana che si alternerà nel ruolo con Jessica Nuccio, in scena il 3 marzo.
Accanto alla Pratt, Juan Francisco Gatell nel ruolo impegnativo del giovane Elvino, il 3 marzo interpretato invece da Giorgio Misseri e Riccardo Zanellato nel ruolo del Conte Rodolfo che nelle recite del 25 febbraio e del 3 marzo che vedrà in scena Dario Russo. Nutrita la presenza dei giovani talenti di Fabbrica Young Artist Program con Valentina Varriale che interpreta Lisa e tutte le sue arie reinserite che restituiscono importanza al ruolo e Reut Ventorero (Teresa) diplomate nella prima edizione, Timofei Baranov, Alessio, che sta frequentando la seconda edizione.
Spazio alla generale, l’anteprima giovani del 16 febbraio alle 19, prima della prima di domenica 18 febbraio (alle 20) trasmessa in diretta da Rai Radio Tre e in differita su Rai 5 il 29 marzo alle 21.15, poi cinque repliche il 20 e il 23 febbraio (alle 20), il25 febbraio (16.30), il 27 febbraio (alle 20), il 3 marzo (alle 18).