Presentato in anteprima nazionale a Pescara nelle giornate del 24 e 25 Febbraio l’ultimo lavoro di Terry Paternoster. “Appunti per un’Orestea nello Sfascio” rappresenta il primo esito di una lavorazione lunga e vasta, che è passata tramite una pastosa serie di workshop rivolti a studenti di dipartimenti universitari ed allievi di accademie, cullando parallelamente il progetto di una realizzazione cinematografica. La dicitura “Appunti” segnala il grado progressivo di un lavoro che continua a ricercare la sua forma, mostrandosi nella sua instabilità, nella sua problematicità, nella sua irrisolutezza febbrile. Perchè il teatro di Terry “Terribile” Paternoster persegue una sorta di mandato, sicuramente una vocazione, che rifugge come una malattia perniciosa il rischio del consenso docile. Questa “Orestea” in progress cerca se stessa mescolandosi con le criticità dell’oggi, secondo quelli che sono i dettami del teatro incivile postulato dalla stessa Paternoster. I materiali del mito classico e della tragedia sono ingredienti immancabili di questo “format”, o meglio gli strumenti operativi prescelti per aggredire il materiale, macerare l’idea, costruire la drammaturgia ed affinare il piano di regia. Proprio la drammaturgia dell’ “Orestea nello Sfascio” mostra una consistenza stratificata, tipica del performance text, di un testo ovvero che si è rimodulato con il lavoro di scena, forse anche scritto sulla scena in qualche sua parte. Quasi uno zapping televisivo tiene assieme i singoli quadri, simili a veri e propri numeri di varietà che si succedono sul palco di un cabaret postmoderno, ma questa fattura eterogenea ben si attaglia alla prospettiva del protagonista, di questo nostro inedito Oreste, cittadino italiano, abitante della Terra dei Fuochi. Sono le sue percezioni quelle che si prestano ai nostri occhi ed ai nostri sensi nelle sequenze iniziali; è per contagio ricevuto dal suo eroe che la scena si incendia di balzi schizofrenici, di cadute esanimi e di assoli istrionici repentini.
Lo spettacolo esordisce travolgendo con prepotenza lo spettatore, miscelando un’energia massiva con lo stordimento apportato da una leggerezza lontanissima dal mito classico. Le luci di scena sostengono il quadro di una visione allucinata ed il ritmo fortemente pop dell’azione.
C’è un’elettricità esplosiva, una rabbia sofferta esalata da un dolore antico e compresso. La miscela di questo mood ricorda in qualche striatura certi tratti di Full Metal Jacket, ma la mente va anche a Natural Born Killers per quella capacità di autoparodiarsi da parte della tragedia, di declinarsi in salsa pop, travestendosi nel tempo breve di uno spot nei panni della sit-com, e tutto questo per il solo gusto di schernirsi, di auto-ledersi, per aggravare la propria natura tragica con la smorfia grottesca del clown. E così non sorprende affatto il progetto di un adattamento filmico pensato da Terry Paternoster per questa sua personalissima Orestea, perché il montaggio è la struttura portante, persino il linguaggio che la sostiene in scena. Altrettanto tipico del “teatro incivile” di Terry la “Terribile” (come abbiamo imparato a conoscerlo con “Medea Big Oil”) è l’irrompere di un “secondo tempo”, di un momento analitico che contrasti l’effetto estetizzante delle scene performative. Oreste esce dalla bolla di una prolungata e forzata fase “egocentrica” che lo piroettava come una rock star dolente tra il lettino disperante di un centro psichiatrico ed il dance floor dell’esibizione (o dell’esibizionismo). L’ingresso di Elettra instaura gradatamente un dialogo di matrice quasi classica, che ricostruisce l’antefatto e prepara l’azione, con i personaggi chiamati ad una coerenza psicologica.
A questo punto il pubblico è intento solo a capire chi è il colpevole e cosa succederà, quasi avesse rimpiazzato il ruolo di quel coro espunto dalla tragedia classica. La scena stacca la spina della giocoleria e degli effetti piorotecnici. Il dramma di Oreste va incontro al confronto decisivo dove va sciolto ogni dubbio principesco. Essere o non essere?
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“APPUNTI PER UN’ORESTEA NELLO SFASCIO”
testo e regia di Terry Paternoster
con Venanzio Amoroso e Patrizia Ciabatta
assistenti: Eleonora Cadeddu, Pierfrancesco Rampino
lucI: David Barittoni
scenotecnica: Ambramà
produzione: Officine del teatro italiano
in coproduzione con Florian Metateatro Centro di produzione Teatrale
con la partecipazione e il sostegno di Internoenki Teatro Incivile