Al via l’ottava edizione del Festival Internazionale della Danza di Roma della Filarmonica Romana e del Teatro Olimpico con due classici della coreografia italiana di oggi, Carmen di Amodio e Mediterranea di Bigonzetti.
A inaugurare il festival, dall’8 al 10 marzo, la Carmen di Amedeo Amodio, spettacolo nato nel 1995 per Aterballetto di cui Amodio è stato uno dei principali coreografi, ripresa per il Balletto del Teatro Massimo di Palermo nel 2014, e ora affidata a Daniele Cipriani Entertainment, che ne ha fatto la nuova produzione che vedremo in quest’occasione. Un ‘classico’ della danza italiana di oggi, firmato da uno dei nostri migliori coreografi, che disegna con tocco deciso e sicuro una Carmen molto “mediterranea” di cui è protagonista la ballerina albanese Anbeta Toromani, interprete di diverse coreografie di Amodio, già prima ballerina al Teatro dell’Opera di Tirana e molto nota al grande pubblico televisivo in Italia, mentre il ruolo di Don José è affidato ad Amilcar Moret, virtuoso primo ballerino cubano, apprezzato anche su numerosi palcoscenici europei.
“Ah, Carmen! Ma Carmen adorée!”. Sulle ultime note dell’opera si chiude il sipario.
In palcoscenico inizia lo smontaggio delle scene. A poco a poco il personale e quanti altri hanno assistito allo spettacolo da dietro le quinte, vengono catturati dai fantasmi del dramma appena trascorso e man mano, un gesto, una frase, uno sguardo li spinge ad immedesimarsi in ognuno dei personaggi, per puro caso. Sarà, dunque, per puro caso che Don José incontra Carmen, che rappresenterà per lui l’unico momento di vita autentica, intensa, ma anche quello della morte. A questo punto è tutto stabilito, meno il percorso o labirinto dei due destini ormai indissolubilmente legati. Così si potranno creare accostamenti scenici imprevedibili e surreali, ma sempre volti verso un’unica fine. Sarà comunque Carmen, profondamente consapevole dell’ineluttabilità del momento finale, a condurre il gioco trasgressivo ed eversivo, in un impossibile tentativo di sfuggire alla sua sorte. La scena, come la musica, si svuota durante lo svolgimento del racconto, fino a rimanere nel momento finale completamente scarna, desolata ad esprimere la “solitudine tragica e selvaggia” di una donna che cerca di affermare il proprio diritto all’incostanza. (Amedeo Amodio)
Si dice che nell’attimo della morte tutti i momenti importanti della vita riaffiorino per rendere presente ancora una volta ciò che sta per essere irrimediabilmente perduto; soprattutto le grandi emozioni, i momenti d’amore, ritornano a celebrare se stessi in un ultimo anelito di attaccamento alla vita o a ciò che di essa ha rappresentato l’essenza.
Carmen vive una tragedia, quella di chi non può sopravvivere alle proprie trasgressioni ed anche la musica, a suo tempo, è stata sentita come trasgressiva e forse quasi blasfema; un flusso incontrollabile di sensualità portato nel luogo più borghese e meno trasgressivo della società tardo ottocentesca: il teatro. In questo lavoro di adattamento ho voluto restare il più fedele possibile all’originale di Bizet, mantenendo i brani delle suites già esistenti ed adattando le parti vocali nel modo più conforme possibile alla partitura dell’opera.
Solo alla fine, quando la tragedia diventa nostra, e di qualsiasi epoca, la musica di Bizet ritorna in forma di ricordo, uno sguardo sul passato, ed il dramma della cancellazione si consuma, si racconta e si trasforma nella musica in forma di esalazione progressiva dal suono al silenzio; un abbandono del tempo fino all’immobilità più totale. (Giuseppe Calì)
Nella nostra visione progettuale questa Carmen doveva poter agire in un rinnovato contesto che ha portato alla scelta dello spazio vuoto, con la sua astratta magia, quale contenitore attivo dell’evento drammatico. Spazio vuoto, filtrato attraverso un diaframma semitrasparente, che ripropone una realtà (il palcoscenico vuoto) solitamente nascosta allo spettatore. Alla visione di questo spazio si arriva attraverso un altro filtro che evoca simbolicamente il rosso del sipario d’opera. Dietro a questo sipario si è appena conclusa la tragica fine di Carmen, si smonta lo spettacolo e si ricompone una nuova situazione che, ricordando le parole di Merimée (“l’energia, anche se spesa in passioni funeste, suscita sempre stupore e una specie di ammirazione involontaria”), consentirà ad Amedeo di esprimere, attraverso forme e colori, l’essenza della sua visione poetica mediante le figurazioni che la danza suggerisce. Il mio apporto alla creazione di questo spettacolo si è, così, circoscritto all’individuazione di fogge per i personaggi che nella modernità del contemporaneo trovassero la loro ragione d’essere. Il supporto scenografico è pertanto affidato all’essenzialità del vuoto che acquista significato solo nelle sequenze dell’azione coreografica. (Luisa Spinatelli)
Il 10 e l’11 marzo è la volta di Mediterranea di Mauro Bigonzetti: a 25 anni dal suo debutto, la coreografia più rappresentata al mondo di Bigonzetti viene ripresa con 20 danzatori solisti della Daniele Cipriani Entertainment, che la produce.
Mediterranea nasce nel 1993 per il Balletto di Toscana e ottiene subito uno strepitoso successo. Per i suoi quindici anni, nel 2008, viene ripreso e rimontato per la compagnia del Teatro alla Scala, segnando il primo debutto scaligero a serata intera di Mauro Bigonzetti. Per l’occasione Bigonzetti non si limita a una semplice ripresa dell’originale ma attua una vera e propria riscrittura coreografica, facendo assumere allo spettacolo un impatto fisico e visivo ancora maggiore, dandole il sapore della novità. Quest’operazione si rinnova oggi: a 25 anni dal suo debutto, la coreografia più rappresentata nel mondo di Bigonzetti, viene ripresa e messa in scena dai danzatori solisti della Daniele Cipriani Entertainment.
“Il mare per certi aspetti può allontanare, ma per altri può unire e congiungere – ha raccontato recentemente BIgonzetti -. È quello che abbiamo fatto con questo lavoro, un abbraccio fra le tante culture del bacino del Mediterraneo, molto diverse fra loro ma con una unica radice comune. Mediterranea è stato suggerito anche dalle mie passioni musicali: è infatti nient’altro che una circumnavigazione del bacino musicale del Mediterraneo. Partiamo dal sud della Francia, arriviamo in Spagna, giriamo a sud per la Sardegna, tocchiamo culture come quella araba, e quella israeliana, ripassiamo al nord per altri paesi fino alla Turchia”.
Inno alla comunione e alle differenze delle culture che si sono confrontate nei secoli da una parte all’altra del Mare Nostrum Mediterranea si pone come un divenire continuo di suggestioni visive, sapientemente evocate da una colonna sonora, curata insieme a Paride Bonetta, in cui musiche popolari di rara suggestione si miscelano a trascrizioni còlte, da Mozart a Ligeti. Contrasti culturali, diverse forme di spiritualità, il fascino dell’ignoto e della scoperta – temi epici che ricorrono fin dall’Odissea in chi ha ‘vissuto’ questo nostro mare – si trasformano in una danza dal flusso inarrestabile e dall’attacco poderoso e sensuale insieme. Dal linguaggio di formazione (il classico) Bigonzetti prende l’amore per le linee e la regola del legato, ma lo plasma con il suo spiccato gusto per la posa scultorea, esaltante i nervi, i muscoli, la possenza fisica maschile e femminile. Istinto e logos, leggerezza e gravità. Estremi su cui si muove serrata, travolgente, spettacolare la sua danza. Creature ammantate nel nero del mistero e della notte, in rosso-come la passione e il sole che infuoca il Mediterraneo; e poi nell’etereo bianco della sua luce più abbacinante attraversano la scena ora con pose che rimandano alle sculture arcaiche, ora con slanci ferini, ora lirici arabeschi di carne. Nei duetti che punteggiano la coreografia si colgono le sfumature di una condizione umana legata al ‘viaggio’: quello dell’ebrea errante con la sua storia di persecuzione nel canto hondo di Carmen Linares; quello della sposa abbandonata dall’uomo che va per mare nel meraviglioso madrigale provenzale. Ma è la danza di insieme, i ritmi cadenzati e percossi con tutto il corpo, gli zigzag delle dinamiche, le saette delle braccia e delle gambe che rompono lo spazio a creare la tensione energetica di tutto il lavoro, a darne la cifra, tra raffinatezze accademiche e quel tocco pop spettacolare che il coreografo mostrerà di amare anche in seguito. (Silvia Poletti)
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TEATRO OLIMPICO
giovedì 8, venerdì 9 marzo ore 21
sabato 10 marzo ore 16.30
CARMEN
balletto in due atti di Amedeo Amodio
dal racconto di Prosper Merimée
coreografia e regia Amedeo Amodio
musica Georges Bizet
adattamento e interventi musicali originali Giuseppe Calì
scene e costumi Luisa Spinatelli
danzano
Anbeta Toromani Carmen
Amilcar Moret Don José
Marco Lo Presti Escamillo
Ilaria Grisanti Micaela
Valerio Polverari Ufficiale
Sigaraie Elisa Aquilani, Lucrezia Bellamaria, Andrea Caleffi, Valentina Chiulli, Susanna Elviretti, Tomo Muranaka
Militari Ferdinando De Filippo, Umberto Desantis, Marco Fagioli, Francesco Moro, Davide Pietroniro, Mattia Tortora
una produzione Daniele Cipriani Entertainment
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TEATRO OLIMPICO
sabato 10 marzo ore 21
domenica 11 marzo ore 16
MEDITERRANEA
coreografia Mauro Bigonzetti
musiche di Wolfgang Amadeus Mozart, György Ligeti, Giovanni Pierluigi da Palestrina e musiche delle culture del Mediterraneo
ideatore luci Carlo Cerri
costumi Roberto Tirelli
assistente alla coreografia Stefania di Cosmo
danzano
Umberto De Santis Uomo di Terra
Francesco Moro Uomo di Mare
Valentina Chiulli, Marco Fagioli Passo a due Bianco
Andrea Caleffi, Davide Pietroniro Passo a due Rosso
e il Corpo di Ballo della Daniele Cipriani Entertainment
una produzione Daniele Cipriani Entertainment
lo spettacolo è inserito nella rassegna “La musica da camera dal barocco al contemporaneo”
dell’Accademia Filarmonica Romana sostenuta
dalla Regione Lazio – Assessorato alla Cultura e Politiche giovanili