Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti
Con Simone Cristicchi
Scritto da Manfredi Rutelli e Simone Cristicchi
Con SIMONE CRISTICCHI
Regia ANTONIO CALENDA
Musiche originali Simone Cristicchi e Valter Sivilotti
Con le voci registrate del Coro Ensemble Magnificat di Caravaggio
Preparato da Massimo Grechi
e diretto da Valter Sivilotti
Disegno luci Cesare Agoni
Scene e costumi Domenico Franchi
Assistente scenografo Michela Andreis
Sarto Federico Ghidelli
Elaborazione video Andrea Cocchi
Sonorizzazioni Gabriele Ortenzi
Progetto audio Andrea Balducci
Datore luci Angelo Generali
Produzione CTB Centro Teatrale Bresciano/ Promo Music
Con la collaborazione di Mittelfest 2016 e Dueffel Music
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In cima a una montagna, davanti a una folla adorante di 4 mila persone, un uomo si proclama reincarnazione di Gesù Cristo. È il luglio del 1878. L’inizio di una rivoluzione possibile, che avrebbe potuto cambiare il corso della Storia.
Ne “Il secondo figlio di Dio”, si racconta la grande avventura di un mistico, l’utopia di un visionario di fine Ottocento, capace di unire fede e comunità, religione e giustizia sociale. Tra canzoni inedite e recitazione, il narratore protagonista ricostruisce la parabola di Lazzaretti, da barrocciaio a profeta, personaggio discusso, citato e studiato da Gramsci, Tolstoj, Pascoli, Lombroso e Padre Balducci; il suo sogno rivoluzionario per i tempi, culminato nella realizzazione della “Società delle Famiglie Cristiane”: una società più giusta, fondata sull’istruzione, la solidarietà e l’uguaglianza, in un proto-socialismo ispirato alle primitive comunità cristiane. Il cant’attore Cristicchi racconta l’“ultimo eretico” Lazzaretti, e quel piccolo lembo di Toscana (Arcidosso e il Monte Amiata) che diventa lo scenario di una storia che mai uguale fu agitata sulla faccia della terra, ponendoci una domanda più grande, universale, che riguarda ognuno di noi: la “divinità” è un’umanità all’ennesima potenza?
Impossibile infine non citare come referente il teatro di Brecht, oltre che per la portata civile del testo, per l’uso del canto come veicolo di un accento critico ed emozionale che dilata l’afflato del racconto. – Antonio Calenda –
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Dopo il grande successo di “Magazzino 18” (200 repliche e decine di migliaia di spettatori), Simone Cristicchi, torna a stupire il pubblico con una storia vera ma poco conosciuta e di grande fascino.
Un’ombra nell’angolo destro del proscenio si delinea appena nel contorno sfumato dalla luce fioca di una lanterna. Diogene cercava l’uomo e così inizia il racconto di un uomo di cui nulla sapremmo se non ce ne raccontassero la storia. Pochi la conoscono e non ne tramandano memoria.
L’intera scena è occupata da un telo, nasconde qualcosa di molto voluminoso che presto si svelerà nella sua rudimentale fattezza: un carretto o meglio ancora un barroccio che come l’antico Carro di Tespi si trasformerà durante lo spettacolo in una continua mutazione scenica diventando pulpito, trono papale, grotta, altare, monte, processione, bandiera e via dicendo.
L’uomo del mistero, un profeta, un mistico, un visionario, un folle che ha saputo coinvolgere nel suo sogno migliaia di persone che andavano ad ascoltarlo e hanno condiviso il suo progetto: David Lazzaretti è il protagonista dello spettacolo anzi né è il fondamento e l’ispirazione, perché la voce che lo racconta è dell’uomo che lo ha ucciso.
Ogni sogno ha una voce precisa, e sta dentro ognuno di noi. Solo i matti, i poeti, i rivoluzionari, non smettono mai di sentirla, quella voce. E a forza di dargli retta, magari poi ci provano davvero a cambiarlo, il mondo.
Teatro di narrazione che racconta la vita di un singolo individuo intrecciata alle vicende del suo popolo, nella cornice di un preciso periodo storico, “ma come tutte le più belle storie” come cantava un grande poeta, anche questa ha il suo profondo dolore che esacerbando le spinose vicende rende profetica e inattesa la sua promessa iniziale.
Uno spettacolo che parla di spiritualità, della ricerca concreta e fattiva di un nuovo mondo, una vita in comune che può realizzarsi se ci si allontana da tutti gli interessi privati.
Nessuno in sala aveva mai sentito pronunciare il nome di David Lazzaretti, ma è stato così appassionato e generoso il ritratto che ne fatto Simone Cristicchi da farlo sentire vicino a ciascuno.
Simone Cristicchi solo in scena per quasi due ore ha ipnotizzato il pubblico. Neanche il minimo fruscio né un attimo di distrazione. Tutti pendevano dalle sue labbra e vivevano con lui la storia di questo strano uomo dell’ottocento che in anticipo sui tempi ha parlato di comune, di fraternità, di uguaglianza.
Belli e suggestivi i tagli di luce che hanno determinato differenze logistiche e temporali, con una efficacia miracolistica da creare effetti sorprendenti.
Il lavoro fisico incessante dell’attore cantante in scena ha reso con verosimiglianza la fatica della ricerca storica e ha trasmesso la tenacia e la volontà di perseguire il proprio ideale, quando se ne abbia uno.
La musica segna il tracciato della storia e ne segue lo sviluppo. Fantastico il trasformismo dell’oggetto scenico, che rimanda a ben conosciute esperienze di “Teatro povero” laddove un telo diventa lenzuolo, drappo, mantello, coperta, rifugio e protezione, simbolo e testimone di un ardore patriottico che rasenta l’eroismo, mentre la follia della visione costringe a scelte estreme, da sacrificare anche moglie e figli in nome di un più alto richiamo spirituale.
Il potere costituito non vuole che i sudditi imparino a leggere, perché si sa che la cultura fa alzare il capo anche a chi è abituato solo a guardare il fango. Ma basta osservare anche una sola volta il cielo per cominciare a sentire la nostalgia della bellezza del creato e cercare una connessione con il Creatore.
Cristicchi ha il merito di aver individuato una bella storia e di saperla raccontare arricchendo con movimento e musica ogni sezione e ogni paragrafo, potremmo dire, dell’evoluzione fino alla sua conclusione.
Nel finale sorprendente che ricalca comunque la prevedibile sorte di un uomo saggiamente folle, c’è la quadratura del cerchio e il sapore amaro di un’impresa che non ha potuto concludersi. La processione non arriverà mai in paese, ma le idee troveranno sempre nuove gambe per camminare.
Il pubblico ha liberato le sue emozioni applaudendo con calore a fine spettacolo.