Firenze, 28 Febbraio, alla seconda replica dell’opera Donizettiana il teatro del Maggio Musicale Fiorentino registra un altro tutto esaurito. Dopo più di cinquant’anni dall’ultima messa in scena al teatro fiorentino “La Favorite” torna a calcare il palco del Maggio ma questa volta in lingua originale: il francese.
La Favorite ha avuto una storia travagliata, nella scrittura come nella messa in scena, questa grand-opéra di Gaetano Donizetti proviene infatti in parte da altre due opere: L’Adelaide, mai andata in scena e L’Agne de Nisida che grazie al lavoro di recupero e riordino della partitura da parte di Candida Mantica andrà in scena per la prima volta il 18 luglio 2018 al Covent Garden di Londra. L’Adelaide e L’Agne de Nisida furono commissionate a Donizetti negli anni trenta dell’Ottocento ma poi per motivi economici o a noi non pervenuti non furono mai rappresentate; al tempo ritagliare o ispirarsi a partiture precedenti per velocizzare il lavoro era prassi, sopratutto in operisti come Donizetti che spesso lavoravano contemporaneamente a più di una piece teatrale. La Favorite è stata commissionata al compositore Bergamasco per l’Opéra di Parigi e vi è andata in scena il 2 dicembre 1940 tra le critiche di molti (come Berlioz, tutt’altro che felice di vedere i teatri francesi ‘colonizzati’ da operisti italiani) ed il compiacimento della maggioranza del pubblico, difatti dopo già un anno dalla sua comparsa nei teatri francesi l’opera godeva del benestare del pubblico a testimonianza della maestria del compositore ad adattarsi anche alla struttura della grand-opéra, in cui non si era mai cimentato.
Per quanto riguarda la prassi esecutiva fino a poche decadi fa si preferivano le traduzioni italiane di Francesco Iannetti e Calisto Bassi che rendevano la già contorta trama ancora meno chiara, tuttavia la sempre maggiore duttilità dei cantanti e la crescente importanza della filologia, anche in campo musicale, hanno permesso negli ultimi anni un recupero della versione originale in francese che ora va per la maggiore. L’ultima Favorita andata in scena al teatro del Maggio Musicale non a caso era nella versione Italiana, siamo nel lontano 1965 ed il cast era d’eccezione: tra i nomi spiccano quelli di Sesto Bruscantini, Fiorenza Cossotto e Alfredo Kraus, grandi interpreti dei tempi che furono.
Oggi La Favorite è condotta da Fabio Luisi, nuovo Direttore musicale del Maggio Musicale che a maggio 2018 sostituirà l’uscente Zubin Mehta. Il direttore e l’orchestra ci donano una superba esecuzione musicale senza sbavature ne tentennamenti che ci trasporta nella Francia dei Borbone-Orléans. Il direttore spiega anche la sua visione dell’opera in un intervista nel libretto di sala dove si conferma conoscitore attento delle pratiche esecutive del tempo di Donizetti e dove sottolinea l’atipicità della Favorite come grand-opéra. Infatti in un genere dove le vicende storiche e politiche sono centrali e la teatralità una conditio sine qua non, la Favorite spicca per avere un solo balletto (tra l’altro tagliato in questa versione) e per la scarsa rilevanza del contesto socio-culturale dell’epoca in cui è ambientata, che semplicemente risulta una cornice al dramma umano dei protagonisti.
Il cast risulta solido e credibile sul palcoscenico come nella performance vocale. La favorita (Lènor de Guzman) è interpretata da un ottima Veronica Simeoni che riceve applausi fin dall’aria iniziale. Il tenore spagnolo Celso Albelo (Fernand) piace al pubblico, risulta agile e metodico nell’esecuzione dei primi due atti ma da il meglio di se nel terzo e quarto atto dove riesce con maestria a trasmettere il dramma di Fernand con toni ambrati e romantici. La sorpresa di questa opera è tuttavia Mattia Olivieri nei panni del re Alphonse XI, il baritono italiano ci dona infatti una magnifica interpretazione vocale ed attoriale, la presenza sul palco, merito la statura e il grande drappo rosso a mantello, si confà perfettamente alla figura del re; la voce ampia e calda è usata con perizia e raggiunge facilmente tutto il teatro grazie al naturale alto volume e alla ricchezza di armonici. Balthazar è interpretato da Ugo Guagliardo che è ottimo musicalmente ma forse non riesce a trasmettere l’autorevolezza richiesta dal personaggio per via di una voce a tratti troppo graffiante. Il coro diretto da Lorenzo Fratini regala soddisfazioni, sopratutto alla fine del primo atto e nel pianissimo accompagnato dall’organo all’inizio del quarto.
Nota dolente, ahimè, per quanto riguarda la scenografia e la regia. Per l’intera durata dell’opera difatti la scenografia si riduce a un enorme masso scuro che a seconda della posizione sul palco dovrebbe rappresentare un monastero, un palazzo o un isola; sicuramente una scelta volutamente minimalista che confesso colpisce per il primo atto ma risulta inflazionata già a partire dalla metà del secondo atto e non riesce a donare la profondità necessaria quando il coro è sul palco. I costumi e la regia ricalcano questa scelta, frati e cortigiani sono vestiti allo stesso modo o quasi, unica nota colorata il mantello di re Alfonso ed un bel blu proiettato sul fondale semicircolare. La regia risulta povera, sopratutto per chi va a vedere grand-opéra aspettandosi grandi coreografie e movimento, sopratutto il coro rimane statico non riuscendo ad esprimere appieno la potenza drammaturgica del terzo e quarto atto.