Franco Mannella porta in scena la poesia di OVIDIO come contributo al tema dello “smarrimento”, ovvero il leit motiv che lega i cinque spettacoli in cartellone per il Festival “La Cultura dei Legami”.
La sfida è quella di condurre la lingua dei testi classici a competere con quella dei personaggi contemporanei che di norma popolano il palco della rassegna.
Il lavoro proposto da Mannella, coadiuvato in scena da Chiara Colizzi in un intrico vocale che travalica la struttura del dialogo, sfugge inoltre alla linearità normalmente fornita dalla base di una vicenda, dato che il testo si presenta come un patchwork composto da una selezione di brani tratti dalle principali opere di Ovidio. Così i singoli personaggi, più che comparire vengono evocati in scena, dove si materializzano istantaneamente, quasi a rifiutare il limite di fattezze definite, sublimandosi nello stadio inconsistente delle pure voci, di ectoplasmi imperituri fatti per replicarsi, per tornare a tuonare contro la parete degli spazi umani.
La scena gioca con questa dimensione fantasmatica nella sostanza di un ambiente semibuio, bucato appena nella sua coltre densa da una sorta di pulviscolo luminoso che viene irrorato dagli schermi dei due i-pad, utilizzati nella funzione di leggii auto-illuminanti. Le sagome degli attori affiorano come tracce intermittenti, dipingono presenze dalla consistenza dubbia, poi tornano a perdersi nell’abisso di un palco puramente intuibile ma soltanto sonoro, quasi una germinazione del “golfo mistico” wagneriano. Questa cifra concertistica (sostenuta dagli interpreti, entrambi doppiatori di livello assoluto) viene confermata in ultimo dalla presenza della musica, con le onde vibrate dal liuto di Urgiante Cipollone da un angolo decentrato della scena, quello maggiormente irrorato dalla luce, che filtra lateralmente.
Eppure, a ben vedere, è il chiaroscuro – più che la musicalità – il concept fondativo di questo lavoro scenico, sospeso su di una zona intermedia, o meglio un crocevia dove le diverse esperienze sensoriali si alternano e si sovrappongono per creare miscele irrisolte. All’interno di questo percorso di sinestesie rarefatte, l’udito si afferma indiscutibilmente come senso privilegiato, ma i due attori sgretolano con fare impercettibile i confini di una recitazione puramente vocale. I singoli quadri vengono incorniciati da minimali variazioni di posto, che non aprono mai al movimento vero e proprio, risolvendosi in una sorta di punteggiatura corporea che scandisce l’aggiustamento perpetuo di una simmetria invincibile. Voce maschile e voce femminile si alternano come le pedine di una scacchiera lungo le linee di direzioni sempre opposte. I due elementi si cercano inani come abitanti di una casa di specchi. Reciprocamente si annullano nei loro tentativi di fusione, come il giorno e la notte che non possono altro, se non rincorrersi all’infinito.
Uno smarrimento secondo natura, che parte dal caos primordiale da cui la vita ebbe origine e si conclude con l’attesa di Penelope, ultimo folle, visionario, ispirato inseguimento umano dentro ed oltre il cerchio sovrumano del mito.
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CREDITS:
“OVIDIO – Suoni, Parole, Atmosfere”
ideato e diretto da Franco Mannella
con Franco Mannella e Chiara Colizzi
al liuto Urgiante Cipollone
produzione Arotron