“In tempi di guerra è necessario essere lucidi, diceva Brecht. Io sarò il regista anche in scena per portare qualcosa di brechtiano nel melodramma. Mettere in scena un’opera significa mettersi al servizio della musica: qui utilizziamo la stessa scena che è un luogo immaginifico che si trasforma, un luogo mentale e non realistico” spiega Pippo Delbono regista del “dittico” Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 5 al 15 aprile (5 recite in totale).
Un evento quasi raro nonostante quel che si crede e che diventa un vero omaggio perché il precedente del dittico delle opere manifesto del verismo rappresentate insieme al Costanzi, risale addirittura al lontano 1972 e il nuovo allestimento si ammanta di un doppio debutto; di Delbono alla regia lirica e del Maestro Carlo Rizzi sul podio romano.
“Abbiamo pensato che la ricchezza vocale e strumentale di Cavalleria e Pagliacci avessero bisogno di una visione asciutta che è proprio la cifra stilistica di Pippo Delbono, figura di spicco del teatro non urlato che vanta un percorso internazionale” ricorda il Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes anche se il regista e attore ligure, adesso al cinema con Vangelo, ma anche autore di Orchidee, Dopo la battaglia (premio UBU 2011) fra danza e musica, Rosso bordeaux, performance en plein air, Urlo (premio Olimpici del teatro 2005 come miglior spettacolo d’innovazione) o La rabbia (da Pasolini), non sembrava essere troppo entusiasta all’idea di mettere in scena insieme le due opere spesso proposte come dittico quasi per ragioni di convenienza e durata.
Alla Cavalleria rusticana di Mascagni, su testo che Guido Menasci e Giovanni Targioni-Tozzetti dalla novella di Verga, con la regia di Delbono che nasce nel 2002 per il Teatro San Carlo di Napoli si aggiunge infatti la visione di Pagliacci di Leoncavallo, tratta da un fatto di cronaca, e che segna il vero debutto del regista ligure al Costanzi.
“Avrei inizialmente voluto proporre accanto a cavalleria alcuni frammenti di Nerone, ultima opera di Mascagni – spiega Delbono – ma poi ho cambiato idea. Sono due opere estremamente diverse che hanno molto in comune. Raccontano la passione, l’amore che uccide, ma c’è qualcosa di diverso: provengo dal teatro danza, da teatro orientale e il segno per me è fondamentale”.
E la regia di Delbono si prospetta come una sorta di visione sulle sfumature e i colori di una Sicilia passionale con la scena unica, una stanza rossa che si trasforma di Sergio Tramonti, i costumi di Giusi Giustino, le luci di Enrico Bagnoli.
“In Pagliacci la vita vince sulla morte e c’è comunque vita nonostante tutto, mentre in Cavalleria c’è solo la morte. Tutto diventa un Carnevale, un primo tempo che si sviluppa in un secondo tempo, in uno spettacolo unico – continua il regista che sarà in scena con alcuni degli artisti della sua compagnia, persone provenienti da diverse situazioni di emarginazione e difficoltà sociale – In Cavalleria ci saremo io e Bobò, artista della mia compagnia, sordomuto e analfabeta, ma che sente benissimo la musica, ma anche gli altri artisti che creano riferimenti e diventano dei simboli”.
Oltre all’attesa regia di Delbono il dittico in scena a Roma punta anche un cast di altissimo livello e sul doppio debutto di Anita Rachvelishvili nel ruolo di Santuzza in Cavalleria e della star Carmela Remigio nel ruolo di Nedda in Pagliacci.
In Cavalleria Martina Belli sarà Lola, Alfred Kim sarà Turiddu, Gevorg Hakobyan e Kiril Manolov (12 aprile) saranno Alfio e Anna Malavasi sarà Lucia, mentre in Pagliacci Fabio Sartori e Diego Cavazzin (12 aprile) si alterneranno nel ruolo di Canio, Gevorg Hakobyan e Kiril Manolov (il 12 aprile) interpreteranno Tonio, Matteo Falcier sarà Beppe e Dionisios Sourbis sarà Silvio. In scena anche il Coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani e la Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma.
“Le storie di Cavalleria a Pagliacci sono molto simili: ci sono passioni, emozioni, amore, tradimento e vendetta, ma proposti in modo diversi – spiega il Maestro Carlo Rizzi, una carriera internazionale che lo porta nei teatri di tutto il mondo e che ha già diretto anche al Met il dittico del verismo italiano con la regia di Zeffirelli – In Cavalleria sono emozioni inserite da subito in un contesto sociale rappresentato dal Coro e tutto ciò che avviene è sempre filtrato. In Pagliacci le emozioni sono sempre private e i Pagliacci restano sempre e solo spettatori”.
Simili, ma al tempo stesso diversi anche i linguaggi e il modo di sottolineare le emozioni, “più sanguigno in Pagliacci, più delicato in Cavalleria” sottolinea Rizzi senza nascondere una certa predilezione per la Cavalleria.
“Non credo nelle attualizzazioni dell’opera con i costumi moderni che svelano una certa retorica nella recitazione: preferisco i costumi originali, ma cercare di modernizzare l’anima, mi interessa la verità. In questo mondo caotico abbiamo bisogno di semplificare la nostra visione” conclude Delbono, che si annuncia presenza straripante dietro la scena e direttamente sul palco in una visione personalissima di regia applicata alla lirica che arriva dopo le esperienze anche della Butterfly e del Don Giovanni.
Dopo la prima di giovedì 5 aprile (ore 20), Cavalleria rusticana / Pagliacci replicano al Costanzi domenica 8 (ore 16.30), martedì 10 (ore 20), giovedì 12 (ore 20) e domenica 15 (ore 16.30), info su operaroma.it.