La Sonnambula di Vincenzo Bellini si trasforma in una storia di formazione e di passaggio alla maturità nell’immaginario di Giorgio Barberio Corsetti nell’allestimento firmato per il Teatro Petruzzelli di Bari e in scena al Teatro dell’Opera di Roma con la direzione femminile di Speranza Scappucci, acclamata dal pubblico.
Titolo del bel canto fra i più celebri che riempie sempre il teatro e che intrattiene un rapporto speciale con il Costanzi nel corso degli anni, stavolta La sonnambula di Barberio Corsetti abbandona le montagne della Svizzera (che sopravvivono con qualche skyline nelle proiezioni animate di Gianluigi Toccafondo) e un approccio totalmente realistico per abbracciare una dimensione sospesa e far propria la concezione ottocentesca del sonnambulismo, nel confine fra sonno e veglia che tanto affascinava i romantici.
Il perdersi inconsciamente è proprio quanto accade ad Amina, pura e soave fanciulla vittima della credulità popolare, accusata di infedeltà e ripudiata dal promesso sposo, l’amato Elvino. Lei, Amina, è Jessica Nuccio (nella recita del 3 marzo) nel secondo cast che si alterna alla stella Jessica Pratt, ma mostra buona capacità tecnica, colore e acuti per una parte impervia.
È la più apprezzata dal pubblico insieme a Speranza Scappucci (che sale sul palco con il tocco glamour di stiletti rossi) direttore d’orchestra che torna a distanza di un anno a Roma dal Così fan tutte: buona la direzione che punta soprattutto a ricreare l’atmosfera un po’ fiabesca e onirica dell’opera.
Giorgio Misseri è Elvino nella recita del 3 marzo (nel primo cast Juan Francisco Gatell), qualche volta non troppo sicuro nella voce e nella recitazione.
Corsetti trascina subito il pubblico all’interno del punto di vista di Amina: trovatella cresciuta da Teresa (Reut Ventotero del progetto Fabbrica Young Artist Program) di fatto vive in un mondo infantile dove la realtà si popola di giocattoli (perfino un orso danzante) e dove appare tutto sovradimensionato dal suo punto di vista. La poltrona, il letto e il cassettone enorme che invadono la scena rappresentano proprio il punto di vista di Amina, in contrasto con il livello realista dell’opera che riporta tutto alla verità (i costumi in stile ottocento di Angela Buscemi) e un letto di dimensioni normali dove si sarebbe consumato il presunto adulterio con il Conte (bravo Dario Russo nella recita del 3 marzo, il primo cast con la certezza di Riccardo Zanellato) e il tentativo di seduzione di Lisa (convincente Valentina Varriale del Fabbrica Young Artist Program sempre più presente nella produzioni teatro romano).
Poco intuibile e forse anche un po’ gratuita, la terza dimensione offerta dalla lettura di Barberio Corsetti che mette in scena casette di bambole soavemente illuminate e bambole giganti che incarnano l’ossessione dei protagonisti. Se alcuni temi cari al regista, apprezzatissimo a Roma di recente con il suo Fra Diavolo e I was looking at the Ceiling, and then I saw the sky, tornano ancora, come l’uso delle proiezioni, il senso di dinamismo, stavolta sembra che qualcosa nell’allestimento non funzioni del tutto trovando a tratti trovare la giusta dimensione lirica e poetica dell’opera e destando anche qualche perplessità.
Poetici le immagini e le proiezioni visive di Toccafondo, ben noto al pubblico romano visto che accompagna con il suo tocco le stagioni dell’Opera da qualche anno a questa parte, rendendo brillante e colorato il paesaggio, esaltando i momenti più emozionanti dell’opera (il cuore spezzato), giocando con la fantasia per tradurre l’animo dei personaggi, diventando a tratti strumentale (il Conte che arriva con la carrozza proiettata), ma senza risparmiare qualche amenità di troppo (la rosa sul ballo con le rose, un po’ stucchevole)
Ma è soprattutto il bel canto ad appropriarsi della scena e a fare la differenza soprattutto nel finale, con la luna piena che spicca sul fondo, per uno dei momenti più emozionanti dello spettacolo che segna un percorso di crescita e di pentimento.