C’è un prima ed un dopo ne “Il Vangelo secondo Antonio”, scritto ed interpretato da Dario De Luca, con Matilde Piana e Davide Fasano. C’è uno iato fondamentale in termini drammaturgici, che sulla scena provoca un cambio di passo netto nello spettacolo. Fin lì tutti i motivi dell’azione provocano il sorriso, come reazione dominante. Da quel punto in poi invece – benché i segni fondativi rimangano gli stessi – lo spettacolo emoziona e commuove.
Ecco perché Il Vangelo secondo Antonio è un lavoro che sorprende lo spettatore anche se ne conosce già la trama, per averla letta o sentita. La storia narrata è quella di un parroco della provincia meridionale che viene colpito da morbo di Alzheimer. Tanto lo vediamo attivo, dinamico, lucido e combattivo prima, tanto lo vedremo fragile poi, gradualmente.
Per questo motivo i due tempi dell’azione sono determinanti, e per lo stesso motivo lo spettacolo necessita della presenza degli altri due personaggi, Dina la sorella e perpetua di Don Antonio e Fiore il giovane diacono, drammaturgicamente imprescindibili al pari del protagonista.
Allo stesso tempo il cosa accade – benché determinante – trova il suo reale compimento artistico nel come esso si manifesti in scena.
L’andamento per quadri intervallati dal buio ricorda per certi versi quello del teatro epico, in cui convivono una recitazione realistica ed una scenografia scarna ed allusiva, ma non simbolica: gli elementi presenti sono finalizzati all’azione ed alla vicenda rappresentata (il telefono che filtra gli interventi del vescovo, il crocifisso sullo sfondo, un sacco nero sul lato destro che in virtù della sua neutralità si rivela elemento polifunzionale, in grado di virare di senso e di uso nei due diversi tempi dell’azione. I diversi ambienti necessari per ragioni narrative (altare, sagrestia, confessionale, camera da letto…) sono resi brillantemente tramite una struttura che spezza nettamente con il resto degli elementi scenografici, a sottolineare una volta di più quel mutuo sorreggersi dei due tempi dell’azione.
Il cuore della vicenda sta nel cosa rimanga o nel come evolva il rapporto con la fede in un religioso colpito da un male degenerativo e progressivo. Con assoluta rarità in ambito artistico – specie quello italiano – il tema ed i simboli della religione cattolica non vengono utilizzati come elemento da dissacrare o da mostrare nella loro contraddizione. Per contro, non avviene nessun utilizzo politico, comico e nemmeno ironico del sacro: nessuna dissacrazione, che anzi lascia il passo ad una sacralizzazione di ogni gesto ed elemento scenico man mano che lo spettacolo incede.
Il conflitto ed il dramma che qui si inquadra attengono alle meccaniche più pure del fare teatro, quelle che hanno fatto del teatro uno strumento prediletto per l’analisi del mondo interiore. Così – secondo la migliore tradizione – lo spettacolo si presenta nella forma di un crescendo, in cui i motivi artistici lievitano assieme alle performance degli attori. Matilde Piana raggiunge per intensità la prova di Dario De Luca, in virtù di una struttura ben precisa del dramma, che prevede un travaso di protagonismo dal personaggio di Don Antonio a quello della sorella Dina. I due vengono a formare una diade, delicatissima e disperata, dove la speranza brilla in fondo agli occhi lucidi di una donna che sostiene tra le braccia il sospiro ritmico di un uomo.
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IL VANGELO SECONDO ANTONIO
scritto e diretto da Dario De Luca
con Matilde Piana, Dario De Luca, Davide Fasano
musiche originali Gianfranco De Franco
scena e disegno luci Dario De Luca
audio e luci Vincenzo Parisi
assistente alla messinscena Maria Irene Fulco
costumi e assistenza all’allestimento Rita Zangari
realizzazione scultura Cristo Sergio Gambino
organizzazione generale Settimio Pisano
promozione Rosy Chiaravalle