Giovedì 19 Aprile, ore 20.45, per la stagione dell’Orchestra di Padova e del Veneto, in collaborazione con il Palazzetto Bru Zane di Venezia, Marcello Panni dirigerà un concerto composto da una propria composizione per violino ed orchestra, la Sinfonia in do di Bizet e una prima esecuzione assoluta, la cantata di Gounod “Marie Stuart et Rizzio”.
Il Maestro ha accettato di parlare di questo concerto e del suo rapporto con il mondo della musica.
Buongiorno Maestro, la sua vita, sia come direttore che compositore, ha attraversato i periodi più importanti e fertili della musica contemporanea. Ha conosciuto Petrassi, Berio e Rota, così come Cage, Boulez e Stravinsky, solo per citarne alcuni. Che ruolo vede attualmente ricoperto dalla musica contemporanea o quale ruolo per il prossimo futuro?
Credo innanzitutto ci sia un grosso equivoco sulla parola contemporanea.
In realtà la musica degli autori che ha citato è del secolo scorso e si parla di un’epoca ormai chiusa.
Quei decenni post guerra hanno prodotto sicuramente una serie di capolavori e, come succede in tutte le epoche, un’altra parte è stata dimenticata, ma credo che la musica contemporanea sia più quella che fanno gli autori viventi, i giovani.
Molto diversa da quella che ha definito “contemporanea” perché oggi i giovani scrivono in modo più accessibile e soprattutto più pratico.
Il problema della produzione contemporanea di musica, inoltre, non credo risieda nel ruolo che essa ricopra ma bensì nella difficoltà pratica dell’eseguirla.
All’estero le composizioni storiche riscuotono spesso successo ma in Italia la loro presenza è pressoché zero.
Impera il repertorio consolidato e il successo facile, proprio perché le leggi stesse che governano lo spettacolo premiano maggiormente queste scelte.
Mi preme, però, far notare come non sia vero che questo tipo di musica non sia d’incasso ma condivido il pensiero che ci voglia uno sforzo maggiore per programmare un’opera di Berio al Teatro La Scala o di Stockhausen a Bologna, soprattutto perché sarebbe necessaria una maggiore educazione del pubblico.
Giovedì sera (ndr stasera) proporrà al pubblico dell’OPV il suo concerto per violino e orchestra. Fin dal titolo “La terra del rimorso” si possono cogliere i riferimenti al Sud, in particolare al Salento, e a tutte quelle tradizioni musicali, come la taranta, che fanno parte del bagaglio culturale italiano.
Può parlarci della storia di questo brano e quali le sue intenzioni nel comporlo?
Il mio concerto per violino ha origine da un pezzo da camera per sette strumenti che ha subito la definitiva trasformazione ed ampliamento su richiesta del violinista pugliese, mio caro amico, Francesco D’Orazio.
Nasce dalla mia scoperta e dalla conoscenza che ne ho tratto di tutto quel mondo melodico del Sud Italia che, fra l’altro, negli ultimi tempi ha avuto un grande revival.
La mia principale intenzione era di arrivare ad una trasformazione nobilitante, in pratica una musica piacevole del XXI secolo anche se, personalmente, mi considero un musicista sopravvissuto del secolo scorso.
Il riferimento sono sicuramente le Folksongs di Berio, brano straordinario di grande successo, da cui l’origine del nome Popsongs del brano originario. Un aperto omaggio a Berio e se vogliamo anche a Stravinskij. Miei personali riferimenti musicali per il trattamento del canto popolare.
Avendo parlato di contemporanea del XXI secolo e del XX secolo, potremmo parlare anche dell’altra contemporanea in programma, anche se in questo caso del XIX secolo. (ride)
La Cantata di Gounod sarà eseguita in prima assoluta, grazie alle scelte del Palazzetto Bru Zane di Venezia che sta celebrando il compositore francese in queste settimane.
Cosa può dirci di questo brano?
Questo pezzo di Gounod è un brano giovanile scritto per vincere il Prix de Rome, non vinto in questa occasione ma solo due anni dopo.
Un brano convenzionale d’esordio per piacere ad una giuria ma fino a questo momento inedito perché ritrovato solo recentemente fra le carte del Conservatorio di Parigi.
Trovo molto interessante il concetto alla base del Prix de Rome, che altri, come Berlioz, hanno poi vinto. Questo percorso che accomuna tutti i musicisti francesi; un premio prestigioso per stare tre anni a Roma a non fare niente (ride).
Questo le basti a dire la differenza. Pensi allo Stato Italiano che paga un musicista per stare a Parigi a fare nulla. Riesce ad immaginarlo?
Anche altre nazioni avevano pensato a questa forma di premio ma noi italiani, per la nostra musica, all’estero non facciamo nulla. Uno scandalo.
Sono molti i compositori/direttori della storia della musica. Riesce a separare queste due anime? In quale maniera il compositore per avere nuove idee dismette i panni del direttore?
Penso che sia difficile scrivere qualcosa che non abbia contatto con il nostro bagaglio musicale perché siamo eredi di una grande tradizione.
Le porto, ad esempio, il mio concerto per violino. È scritto in tre parti Allegro-Adagio-Allego, un modello cui si rifaceva lo stesso Mozart.
Non possiamo privarci di ciò e, infatti, quelli che hanno tentato, come il Futurismo, hanno fallito.
Dire “Uccidiamo il chiaro di luna” (riferimento al motto dei futuristi inventato da Filippo Tommaso Marinetti, ndr) non risolve e staccarsi completamente dal proprio mondo e dal proprio inconscio non lo credo possibile.
La sua carriera, come dicevamo, l’ha vista confrontarsi con molti dei più importanti compositori, cantanti, direttori e musicisti dell’ultimo secolo. Ora nel suo ruolo di direttore artistico (Orchestra Sinfonica Siciliana) come sceglie la giusta miscela fra giovani e musicisti affermati?
Cerco di fare il meglio. Innanzitutto di dare più spazio ai musicisti italiani perché in molte stagioni, oggi, prevale lo straniero.
In Italia, purtroppo, la domanda di lavoro degli artisti e dei giovani musicisti è fortissima perché ci sono tanti ottimi pianisti o violinisti che, però, non hanno sbocco o un numero adeguato di orchestre dove lavorare.
Le orchestre puramente sinfoniche sono vicine alla dozzina ed ogni anno scendono di numero. Quest’anno ne mancano due all’appello quindi le possibilità diminuiscono.
Tornando a Palermo, posso dire che cerco di fare i concerti con solisti sotto i 30 anni.
Ma la cosa ancora più di valore sarà fare quella musica del secolo scorso di cui parlavamo. Nono, Stokhausen ed altri. Impensabile nelle ultime stagioni della Orchestra Sinfonica Siciliana ma un repertorio che dovrebbe fare parte delle stagioni delle orchestre così da fare vera cultura, senza l’obiettivo primario di andare in caccia del pubblico.
E ritengo che l’Orchestra di Padova e del Veneto, guidata da un musicista del calibro di Marco Angius, sicuramente sia nella mia stessa direzione.
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Marcello Panni
Compositore e direttore d’orchestra romano, dalla fine degli anni ‘70 è stato ospite delle principali istituzioni musicali italiane e dei più importanti teatri lirici internazionali, quali l’Opéra di Parigi, il Metropolitan di New York, il Bolshoi di Mosca, la Staatsoper di Vienna, la Deutsche Oper, il Covent Garden, il Liceu di Barcelona. Oltre alle più note opere di repertorio, Panni ha diretto la prima esecuzione assoluta di opere moderne importanti come Neither di Morton Feldman all’Opera di Roma (1976), Cristallo di Rocca di Silvano Bussotti alla Scala di Milano (1983), Civil Wars di Philip Glass all’Opera di Roma (1984) e Patto di Sangue di Matteo d’Amico al Maggio Musicale Fiorentino (2009)
Panni, oltre a numerosi pezzi di musica vocale, sinfonica e da camera, ha composto diverse opere liriche: Hanjo per il Maggio Musicale Fiorentino (1994); Il Giudizio di Paride, per l’Opera di Bonn (1996), The Banquet (Talking about Love), libretto di Kenneth Koch, per l’Opera di Brema (1998) e ripresa più volte in Italia. Nell’aprile 2005 ha presentato al Teatro San Carlo di Napoli l’opera in due atti Garibaldi en Sicile sulla spedizione dei Mille raccontata da Alessandro Dumas, libretto di Kenneth Koch. Per la cattedrale di Nizza ha scritto nel 2000 una Missa Brevis per coro di voci bianche fiati e percussioni, per il Duomo di Milano nel 2004 il mottetto Laudate Dominum e per il Festival di Spoleto 2009 ha composto l’oratorio i due parti Apokàlypsis su testo tratto da San Giovanni, ripreso nel Duomo di Monza nel 2012 e a Milano nella chiesa di San Marco per l’EXPO 2016. Nel 2014 la sua cantata Le vesti della Notte su poesie di Omar Khayyam è stata eseguita all’Accademia di Santa Cecilia a Roma, e a Firenze nel 2015 al Teatro Verdi con l‘orchestra della Toscana ha presentato Zodiac per voce e orchestra su 12 poesie di Gaia Servadio.
Nel 1994 Marcello Panni è nominato direttore artistico dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano e quasi contemporaneamente, direttore musicale dell’Opera di Bonn. Nel settembre del 1997 assume la carica di direttore musicale dell’Opera e dell’Orchestra Filarmonica di Nizza. Dal 1999-2004 è direttore artistico dell’Accademia Filarmonica Romana. Nell’autunno 2000 lascia l’Opera di Nizza per ricoprire il posto di consulente artistico al Teatro San Carlo di Napoli che mantiene per due stagioni. Nel 2003 è stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Dal 2007 al 2009 ha ripreso la direzione artistica dell’Accademia Filarmonica Romana. È stato direttore artistico e principale dell’Orchestra Sinfonica Tito Schipa di Lecce dal 2008 al 2012.
È attualmente direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica Siciliana. Marcello Panni ha inciso numerosi dischi di musica del nostro tempo e alcune opere tra le quali ricordiamo: Pergolesi, Il Flaminio con Daniela Dessì, Orchestra del San Carlo di Napoli; Donizetti, La Fille du Régiment, con Edita Gruberova, Orchestra della Radio di Monaco; Omaggio a Verdi, con Fabio Armiliato, Orchestra Filarmonica di Nizza; Rossini, Semiramide con Edita Gruberova, Bernadette Manca di Nissa, Diego Florez, Ildebrando d’Arcangelo e l’orchestra della Radio Austriaca.