Un festival giunto alla seconda edizione, quello del microteatro dal nome simbolico BONSAI. Così come questa specie conserva inalterata la sua natura di albero nonostante la dimensione ridotta, al festival partecipano corti teatrali di 15 minuti circa, completi per forma e contenuto nonostante la breve durata.
Il festival è organizzato dall’associazione culturale Ferrara Off e Pìndoles microteatre fora del teatre di Barcellona e fa parte del progetto Giardino Creativo finanziato da A.N.C.I. con il patrocinio del Comune di Ferrara e della Regione Emilia Romagna. Proprio nel quartiere Giardino della cittadina hanno luogo infatti i dieci spettacoli in scena nei due giorni del festival, non in teatro ma in luoghi non convenzionali, nell’ottica di una rivalutazione del quartiere che parta dagli spazi, coinvolgendo poi i residenti.
Delle oltre 180 proposte pervenute tramite bando internazionale, la giuria composta dai membri di Ferrara Off e di Pìndoles microteatre fora del teatre, dal Direttore del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara Marino Pedroni, dalla drammaturga Margherita Mauro e dal Direttivo della Web Radio Giardino ha selezionato dieci spettacoli. Proposte varie e diversificate per genere e provenienza: tre spettacoli vengono da Francia, Spagna e Germania, ben quattro sono inediti e tutti appartengono ad artisti e compagnie professionali under 35.
Longing for #1 e Trust, entrambi spettacoli di teatrodanza, aprono e chiudono rispettivamente il festival. Il primo è un morboso divagare metaforico sulla fine di un amore, interpretato da Giulia Spattini che da corpo alla trinità costituita dal nucleo coppia e dalla rinascita che arriva inaspettata e salvifica. Trust, prodotto dal collettivo tedesco ConTrust, indaga i rapporti interpersonali ponendo al centro della riflessione la fiducia: data, ricevuta, soggetta a modifiche nel tempo e nello spazio. Unica performance multimediale, Falso diario confidenziale di Maria Luisa Usai mette gli spettatori nella condizione di assistere quasi come voyeur alla giornata vuota e ripetitiva di una ragazza con evidenti problemi relazionali.
3:25 è l’unico monologo del festival, prettamente teatrale, messo in scena allo Stadio Paolo Mazza con evidenti ma ben affrontate difficoltà per l’interprete Chiara Davolio, che porta in scena un testo di Federica Cucco sul tema bruciante e quanto mai attuale dell’immigrazione, considerata come un esodo essenzialmente umano.
Due gli spettacoli in cui la dimensione teatrale viene contaminata dalla musica, Selfie e Amy&Blake. Concerto per le ultime parole d’amore. Il primo, prodotto da DOYOUDaDa, è un live electronic and visual performance che mette a nudo i nodi che intercorrono tra immagine e soggetto, pubblico e privato, apparire ed essere. Il secondo invece, prodotto da ORTIKA, appartiene più al genere del monologo musicale ed è dedicato ad un’icona della musica contemporanea tragicamente scomparsa pochi anni fa, Amy Winehouse.
Presenti anche spettacoli di teatro di narrazione con Corpi al vento, tratto dal mito di Fedra di e con Antonella Ruggiero e Ilaria Gelmi, elaborato in chiave personale e tutta al femminile, e Filafiaba e le tre melarance, prodotto da Casa delle Storie del Teatro dell’Orsa, uno spaccato fantastico interpretato con l’ausilio della musica dal vivo di Gaetano Nenna.
Concludono la selezione due spettacoli di prosa, forse i più interessanti della programmazione. Alguien que apague la luz, prodotto da La Canina di Barcellona, è una storia d’amore che, con ritmo serrato e incalzante, narra la condizione di chi è affetto da disturbo ossessivo compulsivo spiegando i meccanismi che ne condizionano la vita. Irene madre, scritto e diretto da Jacopo Neri, è anch’esso un dialogo tra due personaggi, molto particolari: due gemelli nel grembo materno che aspettano di nascere, anime incerte tra paure e speranze nutrite verso un mondo che si rivelerà tristemente crudele.