“Carnagioni” multietniche compongono la Compagnia più glamour, nel panorama contemporaneo della modern dance americana.
Un ventaglio di sfumature appartengono ai ballerini della Complexions Company, nell’assemblare la tecnica del balletto classico alla cultura della danza modern jazz e afroamericana, così ben delineata nella cifra stilistica della rinomata compagnia di Alvin Ailey, a cui la Complexions strizza l’occhio, traendo spunto con pennellate di stilemi e avanguardie di richiamo, alla cultura del proprio tempo.
Il Teatro Regio di Parma risponde alla chiamata, decretando una standing ovation, con esaltante partecipazione.
I coreografi e fondatori, Desmond Richardson e Dwight Rhoden, direttori della Complexions Contemporary Ballet, prolifici di creazioni coreografiche, nutrono un vasto repertorio, in seno alla Compagnia, con il preciso intento di creare un processo narrativo danzato in divenire, incontrando culture altre, senza cercare di crearsi una etichetta convenzionale nella quale incasellare il proprio operato.
Desmond Richardson, eletto principal dancer dell’American Ballet Theater, come primo ballerino afroamericano della storia (al femminile Misty Copeland), definito dalla stampa, “una scultura in movimento”, utilizza lui stesso, i corpi dei ballerini al servizio della narrazione, come opere d’arte che, con cui, di volta in volta, compongono quadri astratti o figurativi, di un impianto sonoro classico, pop, o rock.
La musica di Bach e il tribute a David Bowie sono il leitmotiv per presentare le capacità, tecniche ed interpretative della Compagnia. Poliedrica, dal dinamismo atletico, a cui, il coreografo Rhoden esalta i corpi brevilinei e longilinei, stravolgendo ruoli e stereotipi di genere, con guizzi di déjà vu alla Béjart, incalzando sul finale, con tableaux coreografici degni della miglior tradizione on Broadway, con tanto di sipario dorato alla Bob Fosse.
Non mancano, tuttavia, in questo incedere di virtuosi ballerini, momenti di autentica poesia, raccontata con i passi a due, a tre e assolo, con le coreografie, Gone, Testament, Ave Maria e Imprint/Maya, con cui ritrovarsi, nel dialogo più intimistico ed arcaico di un viaggio senza tempo, tra il sacro e il profano.
Bach chiama Bowie, e la Complexions Company risponde, sulle note di Stardust, abbracciando una umanità varia, con la chiave di lettura che più le appartiene: la danza!