L’invito che introduce gli spettacoli teatrali al tempo di Internet non varia a seconda del genere della rappresentazione, dell’età del pubblico o della categoria del teatro fisico. Spegnete il telefono, sia che sediate sulle sedie pieghevoli di un androne che si improvvisa teatro o che abbiate un posto fisso in galleria per la stagione operistica.
L’ultimo spettacolo del Teatro Regio di Torino per questa stagione 2017/2018 tenta la via dell’ibridazione: non un opera, non un concerto, #Antropocene unisce all’avanguardia del teatro narrativo di Marco Paolini la composizione classica di Mauro Montalbetti, la direzione d’orchestra di Mario Brunello e le incursioni vocali di Frankie Hi-NRG.
“Antropocene” è il termine coniato da Eugene Stoermer e più tardi adottato dal chimico Paul Crutzen per indicare un epoca geologica in cui i mutamenti ambientali sono, in buona parte o del tutto, dovuti alle azioni umane: la conclusione a cui Paolini deve essere giunto è che, a fronte di un incipiente degrado culturale, l’umanità ai tempi dell’Antropocene non può che incorrere un corrispondente degrado ambientale.
Oggetto della narrazione non è la mera catastrofe, già ampiamente rappresentata da numerose narrazioni (multi)mediali, quanto piuttosto una riflessione sul ruolo di Internet e del Web, unico ambiente che può trarre giovamento dal duplice degrado cultural/ambientale e figlio unico di uno sciagurato sposalizio.
Come se fossero essi stessi all’interno della Rete totalizzante e universale, Paolini, Brunello e Frankie Hi-NRG sembrano contendersi il palcoscenico, individualmente protesi al protagonismo assoluto che incrina il concetto stesso di “rete”. In una rete nessuno può essere davvero “individuo”, né tanto meno protagonista; è la crescita incontrollata della Rete come ambiente artificiale, piuttosto, a renderla entità unica, potendo assurgere soltanto questo alla condizione di entità “singola” e singolare.
Stilisticamente, uno sposalizio tra generi e linguaggi diversi analogo a quello tra cultura e tecnologia che Internet fatica a realizzare, ricusa le difficoltà tecniche e stilistiche nel mantenere compatta l’amalgama, almeno all’inizio: sin dall’introduzione cadenzata del violoncello solista di Brunello – quasi un sirtaki – la sovrapposizione della voce narrante di Paolini risulta essere operazione tutt’altro che semplice. #Antropocene comincia quindi come un cross-over moderato, con i sublimi momenti orchestrali nettamente distaccati dal racconto e dagli interventi rap di Frankie Hi-NRG, per amalgamarsi gradualmente senza mai arrivare a un entità stilistica unica: il cross-over si realizza appieno solo convergendo linguaggi e temi nella rappresentazione di un impossibile dialogo tra un personaggio in carne ed ossa e un personaggio in bytes e silicio, mischiando generi teatrali e tecnologie tra loro già molto distanti come la parola e il database.
Se si volesse trarre un messaggio di fondo dal testo di Paolini, e declinarlo in una speranza per il futuro, potrebbe essere questo: nell’epoca geologica in cui sono le azioni umane a trasmutare l’ambiente, la cultura ha ancora la forza di raccogliere le proprie forze (di compattarsi in una sola e unica forma di espressione che trascenda i generi) pur di riuscire a dimostrare quali siano i pericoli effettivi del nostro agire. A cominciare dalla mai abbastanza ovvia necessità di spegnere i telefoni a teatro.
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#Antropocene
di e con Marco Paolini
con Frankie Hi-NRG
direttore d’orchestra e violoncello solista Mario Brunello
Orchestra del Teatro Regio
musiche di Mauro Montalbetti
coproduzione Teatro Regio di Torino – Teatro Massimo di Palermo – Romaeuropa Festival e Fondazione Musica per Roma – Teatro San Carlo di Napoli