Un cast esclusivamente maschile, un grandioso affresco musicale diretto da un direttore d’orchestra, ma la presenza unica e cruciale di una donna, la regista inglese Deborah Warner impegnata a consolidare il suo sguardo su Billy Budd di Benjamin Britten, opera tratta dalla novella di Melville, per la prima volta in scena Teatro dell’Opera di Roma, con cinque repliche dall’8 al 15 maggio.
Insignito pochi giorni fa a Londra del prestigioso International Opera Award (in pratica l’Oscar della lirica) come “nuova produzione”, il Billy Budd diretto dalla Warner segna il debutto della regista inglese a Roma con un’opera che mai era arrivata al Costanzi, ma si affida alla bacchetta dello statunitense James Conlon, un “veterano” di Britten che proprio nella Capitale aveva diretto il Sogno di una notte di mezza estate e le due parabole musicali di Britten, Curlew River e The Parable of the Prodigal Son, allestite pochi anni or sono nei suggestivi spazi dell’Ara Coeli.
“Billy Budd è un vero capolavoro. Britten è il più grande compositore inglese del Novecento proprio come Berg – sottolinea Conlon – Dopo il successo di Peter Grimes, la più popolare per il pubblico, Britten si è dedicato a due opere da camera e con Billy Budd ha realizzato la sua opera più grandiosa, fra orchestra, cast e complessità del coro, qui diretto da Roberto Gabbiani, con i suoi temi prediletti, la perdita dell’innocenza e le ingiustizie verso i più deboli”.
Primo dei quattro lavori teatrali di Britten con un cast tutto al maschile “dove manca un confronto diretto con le voci femminili” come ricordato dal direttore artistico Alessio Vlad, Billy Budd intreccia in un triangolo avvincente, la storia dei tre protagonisti, Billy, Jacques Imbrailo, Claggart, John Relyea e Vere, Toby Spence, alle prese con l’avversità del destino in un clima claustrofobico: una parabola a più livelli sul bene e sul male che la Warner porta in scena con oltre 100 figure impegnate sul palco fra cantanti, attori e coro.
“Cosa succede con una parabola? La gente discute senza fine sul significato dell’allegoria. In realtà ognuno ha sempre ragione e ognuno ha sempre torto” potremmo dire citando Britten. Qui accade esattamente lo stesso – esordisce Deborah Warner prestigiosa firma inglese della prosa e della lirica internazionale con un “debole” per Shakespeare – Ho cominciato il mio percorso artistico con Shakespeare e quando mi è stato offerto di portare in scena Britten, ho subito accettato. Sono rimasta molto colpita non solo dalle sue abilità musicali, ma anche dalle sue abilità drammaturgiche”.
La struttura narrativa viene inserita in uno “spazio claustrofobico, ma al tempo stesso universale” che rappresenta secondo Conlon “un microcosmo umano senza la possibilità di poter scappare e con il terrore dell’ammutinamento che sembra inevitabile”: le scene di Michael Levine sono quelle di un allestimento monumentale con la consapevolezza che non è stato necessario rappresentare direttamente l’imbarcazione “ma evocarla” spiega la Warner “con una serie di elementi tipici, le vele, le corde, le piattaforme che si muovono”.
“La novella di Melville può essere letta secondo diversi livelli, ma metterla in musica ne aumenta la complessità: la grandezza di Britten consiste nel saper presentare tutto quello che è necessario offrendo una profonda comprensione della natura umana” continua la regista che individua proprio in questo l’emozionante analogia con Shakespeare.
“Tutti gli spettacoli devono emozionare – ricorda il sovrintendente del Teatro dell’Opera Carlo Fuortes rimarcando lo sforzo produttivo del teatro – ma questo rappresenta uno dei momenti più importanti della stagione. Il riconoscimento a questo spettacolo di grandissima qualità, frutto di una coproduzione tra il nostro teatro e altre due eccellenze della lirica europea, il Real di Madrid e la Royal Opera House di Londra, ci rende molto felici. Ancora una volta vinciamo la nostra scommessa di mettere in scena all’Opera di Roma il meglio della lirica internazionale” portando tra l’altro nella Capitale una delle opere di Britten, che, nonostante sia il più rappresentato degli autori del Novecento, non si è mai vista a Roma.
Il premiatissimo allestimento si fregia anche dei costumi di Chloe Obolensky, allieva della leggendaria Lila De Nobili, delle suggestive luci di Jean Kalman e dei movimenti coreografici di Kim Brandstrup. Appuntamento con la consueta lezione di opera tenuta dal Maestro Giovanni Bietti fissata per domenica 6 maggio alle 11 al Teatro Nazionale seguita dall’anteprima giovani (per gli under 26) al Costanzi alle 16.30, ma la prima è fissata per martedì 8 maggio alle 20, a seguire le repliche di giovedì 10 maggio (ore 20), sabato 12 (ore 18), domenica 13 (ore 16.30) e martedì 15 (ore 20). Info su operaroma.it.