Dall’omonimo romanzo di Alessandro Perissinotto, Quello che l’acqua nasconde, il thriller diretto da Ivana Ferri che tocca il palcoscenico del Teatro Gobetti di Torino divide in due la città: la Torino degli anni ’70, scossa da brigate rosse, sequestri e atti terroristici, e la Torino di oggi, profondamente cambiata, totalmente dimentica di quella che era 40 o 50 anni prima.
La domanda di partenza che Ferri reitera da Perissinotto è cosa sia rimasto, oggi, degli anni di piombo, quanto si sia conservata la tragedia delle lotte, delle morti e delle efferatezze nella memoria attuale. Poco e niente, a giudicare dal giovane personaggio interpretato da Lorenzo Paladini, completamente ignaro di cosa potesse significare vivere nella quotidianità degli a cavallo del 1970; poco è ugualmente rimasto, in ogni caso, anche nella memoria di chi quegli anni li ha vissuti: il romanzo di Perissinotto avanza una riflessione sulla tendenza collettiva a lasciare le molte, orribili esperienze degli anni di piombo nel rimosso della mente, imbastendo intorno a tale espediente un machiavellico gioco a scatole cinesi.
Di questo mistero che svelandosi man mano ne fa proliferare altri è passiva protagonista Susan (Valentina Virando), la moglie americana di Edoardo Rubessi (Lorenzo Bartoli), genetista di Torino eletto a fama globale per le sue scoperte scientifiche. Il torbido passato di Rubessi è appunto l’oggetto della sua personale rimozione mentale degli accadimenti dell’epoca; perfino quello che sembra essere il suo unico amico, Aldo (Bruno Maria Ferraro), scopre di non conoscere affatto Rubessi e di non poter aiutare la moglie nel vano tentativo di spiegarsi il perché delle insistenti minacce di un antico antagonista nascosto nell’ombra (per la voce di Michele Di Mauro).
All’interno di una scenografia claustrofobica e liquefatta dai drappi trasparenti sullo sfondo – per merito dell’orchestrazione delle luci di Lucio Diana – seguiamo i piccoli e vacui progressi di Susan nell’aprire le scatole cinesi che nascondono la verità sul passato di Edoardo Rubessi, attraversando la storia del bar L’angelo Azzurro e della Villa Azzura, i luoghi obliati di Torino che sono stati teatri di morti orribili e crimini contro l’umanità.
Susan è americana, può non conoscere gli orrori storici degli anni ’70 italiani, ma è ugualmente il personaggio-simbolo della distanza che separa i giorni da quell’epoca distante e dimenticata. Cosa è rimasto, oggi, degli anni di piombo? Attraverso gli occhi di Susan scopriamo, sgomenti, che quel periodo non è stato segnato solo dalla rivoluzione culturale della musica di Janis Joplin e Bob Dylan, Rino Gaetano e Joe Cocker, lo sfondo sonoro della rappresentazione; Ivana Ferri e Alessandro Perissinotto scavano sotto la superficie della cultura Hippie, timidamente importata anche in Italia, per recuperare ciò che è rimasto nascosto nel profondo della coscienza collettiva, sotto tonnellate di scura acqua.
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Torino 1968-1978
Quello che l’acqua nasconde
adattamento e regia Ivana Ferri
liberamente tratto dal romanzo di Alessandro Perissinotto “Quello che l’acqua nasconde”
con Lorenzo Bartoli, Valentina Virando, Bruno Maria Ferraro, Lorenzo Paladini, Andrea Fazzari
e la voce di Michele Di Mauro
disegno luci Lucio Diana
musiche di Joe Cocker, Janis Joplin, Bob Dylan, Bungaro, Album Leaf, Rino Gaetano
produzione Tangram Teatro