Domenica 24 Giugno, Teatro alla Scala
Mahler | Sinfonia n.9 in re maggiore
direttore | Herbert Blomstedt
Orchestra Filarmonica della Scala
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Nona sinfonia di Mahler, 1909-1910.
Herbert Blomstedt, 1927.
Difficile trovare, in vita, un direttore così vicino anagraficamente alla composizione di Mahler.
Basterebbe già questo per capire come l’ultimo appuntamento della stagione sinfonica della Scala fosse un appuntamento immancabile.
Blomstedt è un nome poco conosciuto al pubblico italiano, ma quelli che hanno la fortuna di conoscerlo sanno il valore delle sue interpretazioni e l’importanza di una sua apparizione in Italia, paese dove non ha diretto molto, nonostante una vita a capo di alcune delle più importanti orchestre mondiali.
Così come poco eseguita è la nona sinfonia di Mahler, uno degli ultimi lavori di un compositore prossimo alla morte (spirituale dopo la perdita di una delle figlie, fisica per l’aggravarsi di una disfunzione cardiaca).
Una esecuzione plasmata dal direttore con la sola forza delle mani da cui ogni dinamica e ogni espressione scaturivano in un collegamento ideale con l’orchestra, come spesso accade al meglio delle sue capacità. Un’esecuzione in cui le stesse mani risuonavano con i soli di violino e viola in un gioco di chiamate e risposte.
Sarebbe superficiale soffermarsi su dove finisce quanto scritto da Mahler e su dove sia intervenuto Blomstedt. Chi era presente in sala si è lasciato cullare dalla complessa rete composta e dai movimenti sinuosi di chi stava sul podio.
Anche i momenti di maggiore frizione, ritmica fra forma ternaria e binaria, dinamica e armonica sono risolti in un continuo passaggio fra sezioni, in un rapporto singolo/gruppo che si manifesta solo quando è già passato.
Tutto questo discorso metafisico fra addii e morte trova sfogo nell’Adagio finale. La religiosità del movimento, in un susseguirsi di forme prese dalle passioni bachiane, accumula tensione lasciando dietro di sé recitativi, arie e corali. Fino alla progressiva liberazione finale.
La stagione era iniziata con Daniele Gatti a dirigere la seconda di Mahler e in un continuum di otto mesi, si conclude sul palpitante accordo di re bemolle, vibrante e illusorio, nostalgico.
Poi un respiro in sala ed applausi.
Appuntamento alla prossima stagione, in Ottobre, con Adam Fischer con l’Oratorio “Die Schöpfung” di Haydn. Grande attesa anche per il debutto, sempre in ottobre, del giovane Lorenzo Viotti, figlio d’arte, con un programma incentrato su Rachmaninov, Debussy e Skrjabin.