Il 15 e il 17 maggio in due dei cinque luoghi di IN Scena! New York Italian Theatre Festival 2018 lo spettacolo Le Guerre di Angela ha avuto grande successo di pubblico alla Casa Italiana Zerilli-Marimò e al The Brick. Inserito nella settimana dedicata a spettacoli presentati da sole donne tra cui Stria di Claudia Donadoni, My last night Mia Martini a life di Erika Urban, The Mejerchold Twins con Francesca Airaudo e Giorgia Penzo e Happy Mary di Lorenza Pieri, lo spettacolo scritto e interpretato da Giuseppina Facco porta in scena una delle pagine più buie dello scorso secolo, la Grande Guerra.
Abbiamo incontrato l’attrice savonese di ritorno dall’esperienza newyorkese per conoscere meglio lo spettacolo e svelare i retroscena del festival a cui ha partecipato.
Come nascono Le Guerre di Angela?
Innanzitutto da una riflessione nata a partire da un lavoro a cui presi parte: Lisistrata, colei che scioglie gli eserciti, di Andrea Battistini. Lo spettacolo rappresentava una visione particolare della Guerra da parte delle donne con risvolti ironici, quasi da dramma giocoso. Riflettendo sull’argomento ripensai ai racconti di mia nonna, testimone della seconda guerra mondiale e grande narratrice di storie, frammenti di vita quotidiana, ricordi su un periodo terribile quanto vivido nella sua memoria. Poco dopo conobbi lo storico fiorentino Andrea Bavecchi a Bologna e pensai di parlargli del mio progetto di realizzare un lavoro riguardante la Guerra. Lui approvò subito e mi regalò il suo libro “Il dovere o la ragione. Diario di un cecchino italiano a Sella Nevea”, contenente uno dei diari di soldati da lui stesso ritrascritto e tradotto in italiano, essendo l’originale pieno di inflessioni dialettali. La lettura del diario mi commosse profondamente in quanto testimonianza diretta del dolore di un ragazzo vissuto cent’anni prima e arrivata quasi per caso fino a me. Decisi di portare alla luce altre testimonianze come quella per restituire corpo, voce e memoria collettiva e storica alle storie di questa gente con l’aiuto di Bavecchi e della regista Annapaola Bardeloni.
Le Guerre di Angela è un monologo a quattro voci. Chi sono le quattro diverse eppur così simili Angele?
Una maestra di Udine, una contadina delle campagne prossime ai territori del confine, una giovane prostituta e una donna appartenente alla borghesia, moglie di un ufficiale al fronte. Tutte sono legate a un uomo di nome Gino. La maestra incarna lo spirito dell’interventismo: autoritaria e fiera, esorta gli alunni a non piangere per la partenza dei loro cari ma al contrario a essere felici per la fortuna concessagli di fare la storia, piena di trionfi e successo. La contadina rappresenta in toto la condizione delle donne che restavano a casa aspettando sporadiche notizie dal fronte, facendosi carico anche del lavoro degli uomini e disperandosi per i propri amati, ma avendo il coraggio di salire ogni notte nei territori della Carnia di soppiatto per rifornire i soldati di vestiti, cibarie e munizioni, rischiando anche la vita. La terza Angela è la moglie di un ufficiale, appartiene alla classe borghese e quindi rappresenta l’impotenza data dal rimanere a casa con i bambini in attesa del ritorno del marito, con l’unica consolazione della fitta corrispondenza che la lega a lui, quasi sempre censurata. A questo personaggio ho consegnato le lettere donatemi dal medico savonese Franco Mazzetta che appartennero ai nonni. Per ultimo, Angela prostituta incarna forse la faccia più nera della condizione femminile: costretta a prostituirsi per mantenere la madre malata e inferma, avendo perso il padre e il fratello, rincuora i militari anche e forse soprattutto in senso umano più che sessuale, ascoltandoli e consolandoli per le brutture vissute.
Come si è sviluppato il lavoro di messa in scena e di regia con Annapaola Bardeloni?
Conoscevo da tempo Annapaola, sono stata sua allieva e la considero una grande professionista non solo a livello registico ma anche attoriale. Mi sono completamente affidata a lei: avendo io stessa scritto il testo, non avevo colto aspetti profondi e pratici allo stesso tempo che invece lei ha subito collocato spazialmente e scenicamente. Ha arricchito i personaggi delle Angele di particolari concreti sui loro problemi e le loro necessità, contribuendo a far nascere figure umane e reali a tutto tondo.
Nel 2016 lo spettacolo ha partecipato al Torino Fringe Festival e nel 2017 al Milanooff. Come si sono rivelate le partecipazioni a questi eventi?
Il Torino Fringe Festival è stato il primo festival al quale ha partecipato Le Guerre di Angela. È stata un’esperienza molto positiva, il festival restituisce davvero l’idea di celebrare il teatro in un’ottica di partecipazione collettiva. Grazie al Torino Fringe Festival il pubblico ha avuto l’opportunità di conoscere il mio lavoro. Ricordo che alla fine di ogni replica era un piacere ascoltare gli spettatori che venivano a mostrarmi il loro apprezzamento, a farmi domande ed esprimere la partecipazione dovuta anche ai racconti di nonni e bisnonni che desideravano condividere con me. L’anno dopo invece Le Guerre di Angela è stato presentato al Milanooff con altri 49 spettacoli replicati per otto giorni e, grazie ai commenti del pubblico e al giudizio di una commissione qualificata, è stato selezionato tra i cinque spettacoli che IN Scena! ha valutato per poi sceglierne uno, proprio il mio e così sono partita alla volta di New York, in cartellone nella programmazione del festival dedicata a spettacoli realizzati da sole donne.
IN Scena! Italian Theater Festival è il primo festival di teatro in italiano organizzato nei cinque distretti di New York da Kit Italia e Kairos. La sesta edizione del 2018 si è da poco conclusa e ha avuto luogo dal 07 al 21 maggio. Com’è andata questa importante esperienza oltreoceano e che impressioni hai avuto sul festival?
Come accennato prima, secondo me i festival dovrebbero esser vissuti con lo spirito della condivisione: conoscere il lavoro degli altri, avere allo stesso tempo la possibilità di far conoscere il proprio lavoro in un luogo e in un tempo specifico è una gioia, una vera e propria celebrazione del teatro che abbraccia diverse realtà, diversi generi, diverse tipologie di pubblico e diversi sostrati linguistici e culturali, come nel caso di IN Scena! Mi sento di fare un plauso innanzitutto alle organizzatrici del festival: Laura Caparrotti e Donatella Codonesu già nei mesi precedenti sono state efficientissime nel gestire necessità e fornire informazioni su tutto quello che concerne il festival, la messa in scena dello spettacolo e il viaggio in generale. Kit Italia e Kairos creano metaforicamente un ponte culturale tra l’Italia e l’America e questo si percepisce anche rispetto alla collaborazione che esiste tra le varie associazioni e, per esempio, l’Istituto Italiano di Cultura. Secondo me il festival potrebbe e può essere realmente una bella occasione di crescita oltreoceano per il teatro italiano. Inoltre ho avuto la possibilità di conoscere il lavoro di due compagnie made in USA ospiti nella settimana di programmazione in cui era inserito il mio spettacolo, Dhana and the Rosebuds prodotto da Dhana e Washington DC e A mother’s heart prodotto da Ambrosia. Due spettacoli diversi tra loro ma entrambi di alto livello.
Che ripercussioni ha il festival per quanto riguarda la partecipazione del pubblico e com’è stato accolto il tuo spettacolo?
Le sensazioni sono molto positive, entrambe le repliche del mio spettacolo sono state seguite attivamente dal numeroso pubblico presente in sala anche grazie ai sovratitoli in inglese per gli spettatori americani. Le Guerre di Angela è uno spettacolo che ha sempre creato una certa empatia tra fatto scenico e pubblico e anche in questo caso, nonostante i sovratitoli e l’impegno dato dal seguire uno spettacolo in una lingua non propria, ho percepito il coinvolgimento emotivo degli spettatori. Segno che il festival è attento alla partecipazione attiva degli spettatori al di là dello spettacolo è il fatto che, subito dopo la prima replica de Le Guerre di Angela di giorno 15 maggio alla Casa Italiana Zerilli-Marimò ha avuto luogo un incontro con Dani Martineck (rappresentante della Parity Productions), Laura Caparrotti (una delle organizzatrici del festival) e Andrea Bavecchi (collaboratore drammaturgico dello spettacolo) durante il quale il pubblico ha avuto l’opportunità di fare domande e creare dibattito insieme fornendo interessanti spunti di riflessione o impressioni anche personali nati da ricordi legati ai nonni emigrati che hanno vissuto la Guerra. È stata veramente una bella sensazione sentire questo coinvolgimento anche oltreoceano, questa risposta importante nonostante le differenze culturali e storiche che riguardano uno spettacolo come Le Guerre di Angela, che affronta l’argomento dal punto di vista di donne italiane. Una vera e propria dimostrazione che il teatro può unire al di là di qualunque differenza.